Iniziativa degli antiabortisti contro l'esponente dem che in consiglio regionale aveva chiesto chiarimenti sulle iniziative dell'assessora leghista Latini per indebolire l'applicazione della legge 194. Nelle Marche, ad oggi, segna un tasso di abortività tra i più bassi in Italia (meno del 5%) e con il 69,3% dei ginecologi obiettori di coscienza. Cgil: "Solidarietà alla consigliera. Le donne devono essere libere di scegliere"
Un gruppo di anti-abortisti nelle Marche ha inviato alla consigliera Pd Manuela Bora 1000 e 450 pannolini per neonati, tanti quanti le interruzioni di gravidanza registrate in Regione nel 2019. Una iniziativa messa in scena domenica 17 gennaio davanti alla sede del consiglio regionale, e accompagnata da un comunicato che mette sotto attacco il diritto all’aborto garantito in Italia dalla legge 194: “Sono 1450 i bambini nascosti nelle pance delle mamme”, si legge, “che sono stati fisicamente eliminati negli ospedali della nostra Regione in un solo anno”. Affermazioni, quindi, che associano l’aborto “all’eliminazione fisica di bambini”. Destinataria del recapito è stata appunto la democratica Bora, rea di aver incalzato con un’interpellanza consiliare di metà dicembre – ora trasformata in mozione – l’assessora alle Pari Opportunità Giorgia Latini (Lega), da sempre contraria all’aborto, che proprio in quella seduta aveva annunciato l’avvio di “una verifica di compatibilità delle linee guide del Ministero della Salute con la Legge 194”.
A presentarsi sotto la Regione – con tanto di ramo di ulivo “segno di vita e di pace” – è stato Roberto Festa, medico presidente del Centro di Aiuto alla Vita di Loreto, che ha voluto fosse il proprio figlio di 8 anni, con una coetanea, a consegnare fisicamente il pacco in Regione. In una nota, firmata anche dal coordinatore regionale del Popolo della famiglia Fabio Sebastianelli, i due sostengono che si è trattato di “una bonaria provocazione affinché tutti possano capire che non esiste libertà senza la responsabilità verso la propria e l’altrui vita” e l’idea sarebbe nata “per far capire che al centro di tutto, di ogni discorso e di ogni azione, devono esserci i bambini” e perché “i bambini sono definiti voce della verità, vanno ascoltati”.
Come messo in evidenza dalla consigliera dem, il governo regionale di centrodestra, insediatosi in ottobre e subentrato a decenni di centrosinistra, ha subito messo nel mirino i consultori e l’interruzione volontaria di gravidanza, a nome proprio di Giorgia Latini, che già nel 2018, a 40 anni dall’entrata in vigore della legge sull’aborto, fu la relatrice dell’evento promosso alla Camera dalla Lega a sostegno della vita. Una partita, questa, che sin dai primi passi della giunta Acquaroli (FdI), sembra aver qui trovato, a livello regionale, l’innesco di miccia con cui aprire un varco alla contestazione nazionale di una legge dello Stato che, dal 1978, consente e regola le modalità di accesso all’aborto per le donne. Una Regione che, ad oggi, segna un tasso di abortività tra i più bassi in Italia al di sotto del 5% e con il 69,3% dei ginecologi obiettori di coscienza.
Una polemica, con cadenza quasi settimanale ormai, che rimbalza tra social, aule istituzionali e media e che ha avuto il suo incipit a inizio dicembre con le esternazioni dell’assessora Latini per “porre all’Odg della Giunta Regionale una revisione della possibilità di accesso alla pillola abortiva RU486”. Uno scontro per contrapposte fazioni che in un mese è divampato, in un continuo rincorrersi di eventi e dichiarazioni: flash mob dei centri antiabortisti e barricate dei collettivi femministi, botta e risposta tra politici, prima locali e poi nazionali. Tra cui le pronte dichiarazioni di solidarietà, dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini al senatore Simone Pillon, firmatario del contestato ddl su divorzio e affido condiviso, per finire a quelle ultime, del senatore Maurizio Gasparri, che una settimana fa, insieme a tanti altri si è sentito in dovere di manifestare la propria vicinanza a Giorgia Latini, secondo alcuni oggetto degli striscioni delle contestatrici delle posizioni di giunta che, a Macerata, riportavano lo slogan “La storia ce lo insegna: andiamo a bruciargli la casa”. Frasi che le manifestanti hanno detto di aver ripreso dal “grido delle donne polacche”, in piazza in questi mesi in difesa dell’aborto, e “noto meme ricavato da una lezione dello storico Alessandro Barbero sul tumulto dei Ciompi del 1378” e non indirizzate all’assessora.
Quella degli antiabortisti è solo l’ultima delle iniziative. E ancora una volta in prima fila c’è il dottor Roberto Festa – che già a marzo 2020, raccoglieva firme online per la Campagna ProVita dal titolo “Durante la pandemia l’aborto non è un servizio essenziale”, poiché “da medico, mi domando come si possa ritenere urgente praticare una interruzione volontaria di gravidanza, dal momento che in sua mancanza la prognosi prevede come unico risultato la nascita di un meraviglioso bambino”. Ora, su Facebook spera di rendere virale il video della consegna dei pannolini, coinvolgendo il figlio minorenne. “Ma vi piacerebbe se le vostre mamme lo avessero fatto a voi?”, dice il bambino. Poi guarda il papà: “L’ho detto bene?”.
In difesa di Manuela Bora è intervenuta la Cgil Marche. “Un attacco da condannare esprimendo tutta la solidarietà alla Consigliera Manuela Bora. Le donne devono poter essere libere di scegliere di essere o meno madri e, nel rispettare la loro scelta, deve essere garantita la loro salute, dando piena attuazione alla legge e concretezza ai diritti delle donne”, ha detto la segretaria Daniela Barbaresi in una nota.