Fipe-Confcommercio e Fiepet-Confesercenti hanno consegnato al ministro un documento di richieste: dall'apertura fino alle 18 nelle zone arancioni (questione delicata perché i locali sono luoghi ad alto rischio contagio) all'esenzione dall'Imu per tutto il 2021. Il ministro ha detto di aver già richiesto un tavolo di confronto con ministro della Sanità e Comitato tecnico scientifico per discutere sulle modalità di ripartenza del settore
Un “piano ben definito” per arrivare a “una riapertura in sicurezza dei locali anche graduale, purché stabile”. E’ la richiesta presentata lunedì al ministro per lo Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, da Fipe-Confcommercio e Fiepet-Confesercenti. Che la settimana scorsa avevano preso le distanze dalla protesta “Io apro” culminata venerdì nell’apertura di alcuni locali per cena in violazione delle restrizioni anti contagio. All’incontro in videoconferenza hanno partecipato anche i sindacati di categoria, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil.
“Nonostante gli investimenti già fatti dagli imprenditori del settore – hanno spiegato Fipe e Fiepet – siamo disponibili a implementare i protocolli sanitari, coinvolgendo anche il Comitato tecnico scientifico, con l’obiettivo di riprendere l’attività serale di ristorazione nelle Regioni gialle e dare la possibilità ai locali di restare aperti almeno sino alle 18 nelle zone arancioni”. La questione è ovviamente molto delicata perché diversi studi sono arrivati alla conclusione che i ristoranti, dove per forza di cose la mascherina a un certo punto va tolta, sono tra i luoghi dove è maggior il rischio di contagio.
Le imprese del settore, dal canto loro, calcolano di aver registrato negli ultimi 12 mesi “circa 38 miliardi di euro di perdita di fatturato”: effetto della chiusura per 160 giorni (in media) dei ristoranti, mentre le imprese di catering e i locali di intrattenimento hanno di fatto perduto l’intero anno. Naturalmente l’attenzione si concentra sul prossimo decreto Ristori, appeso al via libera allo scostamento di bilancio chiesto dal cdm prima che Matteo Renzi aprisse la crisi. La richiesta delle federazioni di categoria è di rivedere i meccanismi di calcolo dei contributi a fondo perduto, considerando l’intero anno, ma anche “esentare i Pubblici esercizi dal pagamento dell’Imu 2021, prolungare gli ammortizzatori sociali fino al termine del periodo di crisi, intervenire sulle locazioni commerciali, prorogando di altri 4 mesi il credito d’imposta e incentivando i locatori a ridurre i canoni ed estendere a 15 anni il periodo di ammortamento anche dei prestiti fino a 800mila euro garantiti dal Fondo Centrale di garanzia”.
“Se non c’è un confronto intelligente sulla possibilità di riaprire i locali in sicurezza il 30-40% chiuderà, così come molti fornitori”, sostiene Michele Faravelli, ex proprietario di un ristorante in zona Isola a Milano e ora direttore di un bistrot in piazza Duomo. “I ristori non sono sufficienti, bisognerebbe almeno cancellare del tutto le tasse per sei mesi. E poi bisogna pensare anche ai dipendenti in cig, che prendono poco e in ritardo”.
Il ministro, riferiscono Fipe e Fiepet, ha detto di aver già richiesto un tavolo di confronto con il ministro della Sanità e con il CTS per discutere sulle modalità di ripartenza del settore intervenendo sui protocolli sanitari, ha condiviso l’ipotesi di un commissario straordinario che gestisca lo stato di crisi del comparto e ha confermato lo stanziamento di ulteriori ristori perequativi e progressivi rapportati alle perdite di fatturato dell’intero anno 2020 mentre per il 2021 si procederà inizialmente riprendendo le vecchie modalità utilizzate per gli indennizzi a fondo perduto.