A tre mesi dalla sentenza di non luogo a procedere i giudici della Corte d’appello di Milano hanno depositato le motivazioni della sentenza in cui era imputato il sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Non è ritenuto “innocuo e di conseguenza privo di rilevanza penale” ma è comunque prescritto il falso contestato al primo cittadino finito sotto processo per aver firmato, quando era ad di Expo, due verbali retrodatati, che servirono a sostituire due commissari incompatibili della gara per la Piastra dei servizi.
In primo grado i giudici avevano condannato Sala a sei mesi, convertiti in una multa da 45mila euro e nelle motivazioni del verdetto spiegarono che Sala doveva “essere ritenuto penalmente responsabile del reato ascrittogli, integrato sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo”, ma per l’allora dg di Expo c’era un’attenuante: “Deve dunque trovare particolare considerazione e la volontà di realizzare le infrastrutture in tempo utile, pena il vero è proprio fallimento della manifestazione”. Al centro della vicenda giudiziaria c’è la commissione che doveva assegnare l’appalto dell’opera portante di Expo, poi vinto dalla ditta Mantovani con un maxi ribasso. Due dei cinque componenti della commissione nominata il 15 maggio 2012 risultano incompatibili per ricoprire l’incarico. L’atto di annullamento e il nuovo verbale di nomina dei due sostituti viene sottoscritto il 31 maggio, ma la data riportata in calce è quella del 17 maggio 2012, il giorno antecedente la prima riunione. Una retrodatazione di 13 giorni che ha la scopo di mettere la procedura a riparo da eventuali ricorsi, evitare il doversi ripetere della gara e quindi non mettere a rischio, visti i ritardi, l’inaugurazione di Expo. La procura aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo poi avocato dalla procura generale di Milano.
Come si legge nelle motivazioni dei magistrati dell’appello: “Premessa la pacifica falsità della data apposta sugli atti oggetto di imputazione” sottoscritti da Sala, la corte condivide le considerazioni svolte in primo grado e cioè che l’opportunità di sostituire in via cautelare i due commissari perché incompatibili fu una questione sollevata nel maggio del 2012 e sebbene “non sia stata immediatamente risolta” e “demandata ad un momento successivo” era “di estrema rilevanza” e “già sottoposta all’attenzione personale” di Sala. Pertanto “non è assolutamente credibile che (…) si sia disinteressato della soluzione che i tecnici avevano proposto (…) né che una persona della sua competenza ed esperienza si sia limitata a sottoscrivere atti di tale rilevanza senza esaminarne nel dettaglio il contenuto”. Per i giudici non è nemmeno “credibile”, che l’ex ad di Expo “non abbia prestato attenzione” alla data apposta sugli atti al centro della vicenda. Sala quindi “ha sottoscritto e fatto proprio, in virtù del proprio ruolo il contenuto degli atti”, al centro della contestazione di falso “non innocuo” ma prescritto. La corte d’appello ha confermato la sentenza con cui in primo grado sono stati assolti non solo il coimputato di Sala, l’allora manager Angelo Paris che oltre di falso rispondeva anche di tentato abuso di ufficio, ma pure Antonio Giulio Rognoni, accusato di turbativa d’asta sulla gara d’appalto, e Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani, accusato di tentato abuso d’ufficio.