di Salvatore Borsellino e il Movimento delle Agende Rosse
Torno ad utilizzare questo spazio che mi è stato gentilmente concesso dal Fatto Quotidiano per portare a conoscenza dei cittadini una situazione che trovo indecente per uno Stato di diritto.
Domani, mercoledì 20 gennaio, si terrà a Reggio Calabria quella che forse sarà l’ultima udienza del processo per associazione mafiosa a carico di Rosario Pio Cattafi. Cattafi, arrestato dall’Autorità giudiziaria di Messina nel luglio del 2012 con l’accusa di essere il capo della cosca mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, fu condannato in primo grado nel 2013 per il reato di associazione mafiosa, commesso tra gli anni 70 e il giorno del suo arresto, con l’aggravante dell’aver diretto la cosca. La sentenza di appello confermò nel 2015 la condanna per associazione mafiosa fino al 2000, eliminando però l’aggravante della direzione della cosca. Il 1 marzo 2017 la Corte di Cassazione ha rinviato alla Corte d’appello di Reggio Calabria il giudizio soltanto per gli anni compresi tra il 1993 e il 2000, stabilendo quindi la partecipazione di Cattafi all’associazione mafiosa dagli anni 70 fino al 1993. Starà alla Corte d’appello di Reggio Calabria, quindi, giudicare se Rosario Cattafi abbia continuato ad essere un mafioso anche dopo il 1993 e fino al 2000.
La fedina penale di Cattafi, intanto, conta condanne passate in giudicato per i reati di lesioni (in concorso con Pietro Rampulla, il mafioso che sarà l’artificiere della strage di Capaci), porto e detenzione abusivi di arma e calunnia. Inoltre è stato il testimone di nozze del capomafia di Barcellona Pozzo di Gotto, Giuseppe Gullotti.
Un criminale “sui generis”, Rosario Cattafi, probabilmente l’unico ad aver avuto legami con sottosegretari, assessori regionali, mediatori internazionali di armamenti, boss di Cosa Nostra, magistrati, esponenti della destra eversiva, rappresentanti delle forze dell’ordine, industriali di livello nazionale e internazionale, personaggi del mondo dello spettacolo e massoni con ruoli di potere. E’ anche uno dei rari mafiosi (mafioso almeno fino al 1993) al quale ha fatto riferimento il famoso “capo dei capi” Totò Riina durante un’udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia, utilizzando nei suoi confronti l’importante (per la gerarchia mafiosa) appellativo “zio Saro”.
E’ stato l’unico imputato per mafia nella storia della Repubblica al quale non è stato applicato il principio, pacifico fino a quel momento in giurisprudenza, secondo il quale l’intraneità all’associazione mafiosa sia da ritenersi provata senza soluzione di continuità dall’ingresso in essa, a meno che non sia intervenuta una esplicita e volontaria forma di recesso (come la decisione di diventare collaboratore di giustizia). E’ stato l’unico detenuto per associazione mafiosa (Cosa Nostra) al quale è stata applicata la “Convenzione tra Aisi e Dap”, il nuovo nome del “protocollo farfalla”. Ed è stato l’unico detenuto per mafia che, dopo una condanna per associazione mafiosa in primo e secondo grado, in attesa del processo in Cassazione, è passato in pochi giorni dal regime carcerario del 41-bis alla totale libertà, senza nessuna forma di limitazione, come la libertà vigilata o l’obbligo di firma.
Rosario Cattafi è, a nostra conoscenza, anche l’unico imputato di associazione mafiosa il cui processo ha atteso più di due anni prima di vedere fissata la prima udienza dopo il rinvio ordinato dalla Cassazione, nonostante il reato fosse sull’orlo della prescrizione. Ma non è finita qui: come se questo increscioso ritardo non fosse bastato a suscitare incredulità e rabbia, l’udienza presso la Corte d’appello di Reggio Calabria, fissata – dopo oltre due anni di attesa – per il 17 aprile 2019, fu rinviata di 6 mesi per un difetto di notifica ai difensori di Cattafi. E poi di altri 3 mesi e poi nuovamente di altri 3 mesi, in entrambi i casi per ulteriori difetti di notifica, questa volta alle parti civili.
Poi è arrivata la pandemia di Covid-19, che ha sospeso tutti i processi penali. Sennonché, alla ripresa dei lavori, la tanto attesa udienza, fissata per il 4 novembre 2020, ancora una volta non si è tenuta, a causa dell’assenza di un giudice. Quindi l’ennesimo rinvio, al 20 gennaio 2021. Qualche giorno fa, la doccia fredda: la Procura generale di Reggio Calabria ha chiesto alla Corte d’appello di dichiarare prescritto il reato di associazione mafiosa a carico di Rosario Cattafi. E se dovesse essere riconosciuta la prescrizione, non sarebbe possibile emettere una sentenza di condanna neanche per il periodo fino al 1993, per il quale già è stata ritenuta provata la sua intraneità all’associazione mafiosa.
Mentre leggete questo articolo Rosario Cattafi è a piede libero, ad un passo dall’uscire definitivamente dal suo processo per mafia per intervenuta prescrizione, proprio come avvenne per Giulio Andreotti, il cui reato di associazione per delinquere (con Cosa Nostra) venne provato fino al 1980 ma dichiarato prescritto.
Oggi, in fiduciosa attesa che la Corte d’appello di Reggio Calabria rigetti la richiesta della Procura generale e decida di riaprire il dibattimento per acquisire le nuove prove evidenziate dalle parti civili, che potrebbero contribuire ad accertare l’eventuale intraneità di Cattafi all’associazione mafiosa fino al 2000, iniziamo a pubblicare sul mio sito la prima parte di un dossier sulla storia della mafia e dell’antimafia a Barcellona Pozzo di Gotto, in cui verrà trattata anche la “vita nera” (cit.) del criminale Rosario Pio Cattafi. Affinché non sia lasciata a nessuno la possibilità, in futuro, di dire “non sapevo”.