Fischi, urla, applausi, ma anche svariati richiami della presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati si sono avvicendati a Palazzo Madama per quasi 12 ore nella convulsa giornata per il voto di fiducia a Giuseppe Conte. Tra interruzioni, errori nei minuti da assegnare ai senatori, chiusura del microfono prima della fine degli interventi, reprimende severe a tutti (persino al presidente del Consiglio), Casellati nel gestire un’Aula in ebollizione ha dimostrato una morsa ferrea, tradita spesso da un discreto impaccio.
Il primo episodio di caos si registra quando è il turno del senatore Pier Ferdinando Casini, che, introdotto correttamente, viene poi chiamato “Salvini” dalla presidente, totalmente infuriata per gli assembramenti in Aula. Così bacchetta alcuni senatori senza esclusione di colpi, rimproverandoli come farebbe un’insegnante di una scuola d’infanzia coi suoi alunni: “Tutti seduti. Avanti! Non si riesce a individuare chi sta fischiando sotto le mascherine“.
Al turno del senatore del M5sPrimo Di Nicola, si ha un altro inciampo della presidente, che annuncia erroneamente tre minuti riservati al parlamentare, ma viene corretta sul tempo reale (7 minuti). E lei replica candidamente: “Io ho scritto così qui”.
I momenti più grotteschi si hanno quando, come già successo lo scorso 2 dicembre con Casini, gli interventi dei parlamentari vengono falcidiati con la chiusura del microfono: c’è chi rimane quasi ibernato, chi si scusa, chi giura di aver quasi finito, chi saluta e ringrazia.
Le interruzioni a gamba tesa avvengono anche per rimbrottare chi parlotta o scatta fotografie. Se la senatrice del Pd Roberta Pinotti e il parlamentare del M5s Ettore Licheri accettano con timida rassegnazione gli stop di Casellati, Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia, visibilmente irritato, reagisce diversamente: “A me non disturba il brusio, presidente”.
Attimi di tensione più palpabili si susseguono in serata con l’intervento del leader della Lega Matteo Salvini, che viene duramente zittito per le infelici frasi sui senatori a vita e poi definitivamente interrotto dalla presidente per sforamento eccessivo dei tempi a lui riservati.
Ma Casellati non risparmia staffilate ai senatori pentastellati, che contestano l’eccessivo spazio concesso al capo del Carroccio: “Smettetela di protestare. Se non la finite, io interrompo l’Aula. Sedetevi e state tranquilli. Dispongo io dei tempi. Salvini non è il solo ad aver sforato. Devo elencare tutti quelli che stamattina hanno raddoppiato i loro tempi? Ho scritto tutto in maniera rigorosa, proprio pensando che ci sarebbero state proteste. Questo non mi piace”.
Poi non risparmia neppure Licheri del M5s, applaudito festosamente dai colleghi alla fine del suo intervento: “Le faccio presente che lei ha parlato 14 minuti senza mai essere interrotto, a fronte dei 15 minuti del senatore Salvini. Io lascio parlare sempre tutti. Il segno dell’orologio bisogna farlo sempre”.
Il clou della baraonda si ha col caso di Lello Ciampolillo, ex M5s e ora nel Gruppo Misto, che con il socialista Riccardo Nencini del gruppo di Italia Viva è stato riammesso al voto dopo una sorta di ‘Var’ coi questori di Palazzo Madama. Inizialmente la presidente Casellati li ha esclusi, ma, dopo essersi consultata con gli assistenti e a seguito delle proteste della maggioranza, ha deciso di riverificare il video della seduta.
In quegli interminabili minuti di attesa la presidente a stento ha sedato le tensioni in Aula. Con piglio austero, rintoccato dalla formula “per cortesia” ripetuta all’infinito, Casellati ha cercato di tranquillizzare gli animi esulcerati, accendendo e spegnendo il suo microfono quasi istericamente o sbottando con chi era troppo insistente nella richiesta di spiegazioni.
E quando tutto è stato appianato, ha dovuto riaffrontare il solito annoso problema dei senatori indisciplinati. Ma nell’atto finale, anziché il bastone, ha preferito usare la carota: “Vi interessa il risultato delle votazioni? Ecco, allora sgombrate l’Aula dal centro e ognuno vada al suo posto“.