La fiducia chiesta dal governo di Giuseppe Conte ha fatto perdere tre pezzi al partito di Arcore: uno alla Camera, con l'ex governatrice del Lazio che ha votato in dissenso rispetto agli altri 90 deputati, e due al Senato, con Maria Rosaria Rossi - ex fedelissima di Berlusconi - sorpresa di giornata a Palazzo Madama. Un numero di "tradimenti" inferiore a quello accreditato dai retroscena ma che adesso fa temere nuove uscite. Il senatore Vitali: "Chi lo può dire?Ognuno ha il suo disagio"
Alla fine applaudivano. Per ogni No pronunciato da un senatore di Forza Italia, dai banchi dei berlusconiani arrivava un’ovazione. Un modo per esultare al pericolo scampato. La fiducia chiesta dal governo di Giuseppe Conte per uscire dalla crisi provocata da Matteo Renzi, infatti, ha fatto perdere tre pezzi al partito di Arcore: uno alla Camera, con Renata Polverini che ha votato in dissenso rispetto agli altri 90 deputati, e due al Senato, con Andrea Causin e Maria Rosaria Rossi sorprese di giornata a Palazzo Madama. Tre defezioni che fanno tirare un sospiro di sollievo a chi temeva un bilancio peggiore, ma che rappresentano comunque un bivio nella storia del partito di Silvio Berlusconi. Non è un caso che Antonio Tajani abbia reagito con rabbia, cacciando subito i tre disertori: “Hanno fatto un pò di compravendita abbastanza squallida, li abbiamo espulsi immediatamente”.
Nonostante la recente adesione della deputata Veronica Giannone, ex M5s proveniente dal Misto, il timore diffuso tra gli azzurri è che l’uscita dei tre parlamentari pro-Conte possa essere solo l’inizio. Qualcun’altro è pronto a seguirli per sostenere il governo? “Da tempo c’è un disagio diffuso“, risponde Polverini al Corriere della Sera. Causin conferma: “In Forza Italia ci sono tanti colleghi che pensano sia giusto quello che ho fatto. Otto-dieci senatori sono a disagio rispetto a una deriva fascio-leghista del centrodestra, ritengono che questo sia il momento della responsabilità”. Consigliere regionale del Pd in Veneto, arrivato in Parlamento con Scelta Civica nel 2013, Causin è stato cacciato da Forza Italia dopo quattro anni. “Avevo avuto un confronto con il partito, la mia scelta non è stata una sorpresa per Forza Italia”, si giustifica lui, che rappresenta quella parte moderata dei berlusconiani schiacciata dal nazionalismo di Giorgia Meloni e Matteo Salvini.
“Se stigmatizzo i colleghi che hanno votato in dissenso col gruppo? Ma io non stigmatizzo nessuno. Chi è senza peccato scagli la prima pietra“, dice al fattoquotidiano.it Luigi Vitali, esperto parlamentare berlusconiano. “I colleghi che lamentano disagio di cui parla Causin? Guardi, qui ognuno ha il suo disagio. Io come la penso l’ho già detto in aula: è ormai chiaro che non si tornerà ad elezioni, e non sarebbe neanche opportuno per il Paese con una pandemia che provoca 500 morti al giorno. Il centrodestra non può prendersi responsabilità create da altri, quindi penso che la maggioranza debba ricompattarsi“. Vitali non esclude che ci possano essere altre defezioni: “Chi lo può dire? Se non vogliono queste situazioni dovrebbero mettere il vincolo di mandato. In caso contrario dinamiche simili continueranno a verificarsi”. Lui, però, rimarrà dove è. “Ho fatto cinque legislature e non intendo ricandidarmi alla prossima”, spiega il senatore, che a Palazzo Madama siede a una posto di distanza da Mariarosaria Rossi. “Mi aspettavo il suo Sì alla fiducia? No, assolutamente no”.
Se la defezione di Causin era data per probabile da vari retroscena, infatti, diversa è la situazione della Rossi, così come molto diverso è il suo curriculum. Terza legislatura in corso, la senatrice è stata una fedelissima di Berlusconi. Precedenti che facevano sospettare come l’ex cavaliere potesse essere addirittura d’accordo con la sua defezione. Lei stessa però ha smentito con l’agenzia Adnkronos: “Non ho condiviso questa decisione con il presidente del Berlusconi”, dice negando di aver votato la fiducia per vendetta, dopo l’allontanamento dalle posizioni di vertice del partito. “Il mio rapporto di stima e di amicizia con il Presidente è immutato e immutabile. Ho votato la fiducia a Conte, che non è un esponente di partiti e in questo straordinario e delicato momento è la nostra unica interfaccia in Italia e nel mondo”, sostiene lei. “Stupore per il voto di Maria Rosaria Rossi? No, non per me. Forse sono l’unica che ieri non si è meravigliata. Avevo un idea”, dice Polverini, nei corridoi della Camera. Che tipo di idea? “Coltivavo un’idea per delle ragioni, ma so tenerle riservate“, risponde criptica l’ex governatrice del Lazio. Una frase che aumenta i sospetti tra i berlusconiani.
Se è uscita una berlusconiana di ferro – seppur ex – come Rossi, è il ragionamento, perché dovrebbero rimanere altre figure molto più lontane da Arcore? È per questo che lo strappo della senatrice ha agitato le acque anche nel resto dell’opposizione, con Matteo Salvini che avrebbe chiesto informazioni a Berlusconi durante il vertice di centrodestra. “Non la vedo da un mese e mezzo, non ne sapevo nulla della sua decisione”, è come il capo di Forza Italia ha giustificato il voto della sua ex pupilla. Eletta a sorpresa alla Camera nel 2008, l’ormai ex forzista diventa nota alle cronache nel 2011, nei primissimi tempi post Bunga-Bunga e prima della caduta dell’ultimo governo di Forza Italia, quando l’ex cavaliere è circondato da un cerchio magico di sole donne: l’allora neofidanzata Francesca Pascale, Alessia Ardesi e Deborah Bergamini. Poi c’era lei, Mariarosaria Rossi detta la badante: titolare di un ufficio a piano terra di Palazzo Grazioli, aveva praticamente soppiantato Marinella Brambilla, la storica segretaria dell’ex cavaliere. Dopo aver messo le mani sulla gestione dell’agenda di Berlusconi, in quel periodo coordinava tutto quello che succedava nella vita del leader di Forza Italia: dieta, corse, vacanze, chi vedere a pranzo, a quali appuntamenti partecipare. Etichettata dispregiativamente come la “badante” del capo, Rossi si guadagna anche un altro appellativo: la chiamavano la “zarina di Tor Crescenza“, dal nome del castello romano che aveva affittato per le serate nella capitale del suo leader.
In quel periodo Berlusconi la tiene vicinissima: mel 2013 la vuole con lui al Senato, quindi la nomina tesoriera del partito. Rossi finisce indagata pure in uno dei procedimenti legati al caso Ruby, il ter, per il quale la procura di Milano ottiene di processarla per falsa testimonianza nel 2016. Poi comincia un lento distacco, culminato con la rottura del fidanzamento di Berlusconi con la Pascale e l’allontanamento della “badante” dal cerchio più ristretto di Arcore. Fa in tempo, però, a tornare al Senato nel 2018. Da dove, è la speranza della maggioranza, potrebbe pure giocare un ruolo di pontiera con gli altri aspiranti “costruttori” invocati da Causin. Il senatore veneto, da parte sua, aggiorna continuamente il suo personale misuratore di “volontari“: “Ci sono almeno 10-15 senatori di Forza Italia che avrebbero fatto quello che ho fatto io e che si sono anche confrontati con me. Poi però non lo hanno fatto per una questione di calcolo. Non hanno avuto il coraggio di esporsi mediaticamente e non erano sufficientemente liberi”.