A due anni dalla sentenza di appello, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 18 anni di carcere, per associazione camorristica e avvelenamento di acque, nei confronti di Cipriano Chianese, avvocato e imprenditore ritenuto tra gli ideatori, per conto del clan dei Casalesi, del sistema delle ecomafie e dello smaltimento illecito dei rifiuti gestito dal boss Francesco Bidognetti. Chianese (difeso dagli avvocati Giuseppe Stellato e Alfredo Gaito) è stato riconosciuto responsabile del disastro ambientale della discarica Resit di Giugliano in Campania (Napoli), da lui gestita e nella quale furono portati con la regia della camorra rifiuti di provenienza lecita e illecita. In assenza di adeguate misure di controllo, quella discarica si trasformò in una bomba ecologica.
LA VICENDA – Storica era stata la sentenza di appello pronunciata a gennaio 2019, anche se era arrivata troppo tardi, con la prescrizione del reato di avvelenamento (confermati l’associazione camorristica e il disastro ambientale) e diversi assolti tra gli imputati accusati di aver contribuito allo scempio della Terra dei fuochi. Una vicenda portata alla luce negli anni Novanta grazie al lavoro del poliziotto Roberto Mancini, il primo a indagare su quello sversamento illegale. L’indagine gli costò la vita: morì nel 2014 a causa di un tumore che gli era stato diagnosticato nel 2002, causato dal continuo contatto con i rifiuti tossici e radioattivi durante il suo lavoro d’inchiesta. Fece in tempo, però, nel 2011 a vedere la riapertura delle indagini ostacolate per diversi anni, ma non la sentenza di primo grado. Anche quella, del 2016, arrivata tardi. E dire che Chianese era stato già arrestato nel 1993 (e poi assolto), ma aveva continuato a gestire il traffico illecito dei rifiuti e, l’anno dopo, si era candidato alla Camera con Forza Italia. Perse per pochi voti. Fu arrestato ancora nel 2006 e infine nel 2013.
LA SENTENZA – La Cassazione ha confermato le condanne di secondo grado anche per la moglie di Chianese, Filomena Menale (4 anni e mezzo di reclusione per riciclaggio), per il geometra Remo Alfani (10 anni, due in meno rispetto al primo grado) e per l’imprenditore dei rifiuti Gaetano Cerci (15 anni di carcere) che, secondo quanto raccontato da alcuni pentiti avrebbe partecipato, insieme ad altri imprenditori, politici, ma anche esponenti della Camorra e della massoneria, alla riunione organizzata nel 1989 a Villaricca nella quale si presero gli accordi sullo smaltimento illecito dei rifiuti tossici dal Nord alle campagne del Casertano e sulla spartizione delle tangenti. In secondo grado erano stati già assolti l’ex sub commissario all’emergenza rifiuti in Campania tra il 2000 e il 2004 Giulio Facchi (condannato in primo grado a 5 anni e 6 mesi), i funzionari pubblici locali accusati di aver favorito Chianese e altri tre imprenditori di origini casertane, i fratelli Generoso, Raffaele ed Elio Roma condannati in primo grado a 5 anni e mezzo (i primi due) e a 6 anni (Elio).
IL DISASTRO – Se in primo grado la corte d’Assise non aveva mai disposto una propria perizia, affidandosi alle consulenze di parte, proprio durante il processo di appello si è avuta la piena consapevolezza del disastro. A novembre 2017, l’allora presidente del collegio giudicante Domenico Zeuli, ha disposto una perizia, depositata cinque mesi dopo e firmata dall’ingegnere ambientale Silvia Bonapersona, dal chimico Cesare Rampi e dal geologo ambientale Stefano Davide Murgese. Il documento confermava la contaminazione, tra l’altro ancora in atto.