Alla fine anche Telegram si accoda alle decisioni già prese da altre app di instant messaging e piattaforme social in merito ai messaggi d'odio negli Stati Uniti, optando per un giro di vite, con conseguente chiusura di gruppi e cancellazione di utenti che diffondono questo tipo di contenuti in vista dell'insediamento del presidente USA.
Seppur in ritardo rispetto ad altre app di instant messaging e piattaforme social, anche Telegram ha deciso in queste ore di utilizzare il pugno di ferro nei confronti dei gruppi e dei canali che già da settimane stanno disseminando il Web di messaggi di incitamento all’odio sia per quanto riguarda i fatti legati all’assalto a Capitol Hill che all’insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che avverrà proprio oggi.
A spiegarlo in un lungo post è lo stesso fondatore di Telegram, il russo Pavel Durov che ha anche spiegato come mai la decisione è arrivata così in ritardo rispetto ad altri strumenti simili: la base di utenza statunitense dell’app rappresenta infatti appena il 2% della platea mondiale dell’app, decisamente più famosa e utilizzata in Europa ad esempio. Tuttavia, alla fine si è optato per un intervento duro, con ban degli utenti e chiusura dei gruppi, allorché è diventato evidente che i tanti post di incitamento all’odio erano in aumento ed erano comunque accessibili a decine di migliaia di utenti Telegram.
Ovviamente, trattandosi di un programma di instant messaging sulla falsariga di WhatsApp, i gruppi pubblici sono solo la cima dell’iceberg e la possibilità di intervento, di conseguenza, è assai limitata: nessuno infatti può impedire a due o più utenti, o a chat private, di far circolare i materiali che preferiscono.
Tuttavia intervenire per quanto possibile era indubbiamente un dovere morale. Inoltre, già dagli inizi di gennaio, dunque ben prima dei fatti ormai noti, i moderatori di Telegram avevano iniziato a ricevere segnalazioni di gruppi e utenti e ad adottare i dovuti provvedimenti.