Nonostante il lockdown in corso e il record di immunizzati sono stati registrati più di 10mila nuovi casi. Ma secondo un nuovo e recente studio sierologico condotto all’ospedale Sheba di Ramat Gan, vicino a Tel Aviv, una settimana dopo la seconda dose di vaccino, gli anticorpi contro il Covid diventano più alti, tra 6 e 20 volte rispetto alla prima dose
Con oltre 2 milioni e 700mila di dosi somministrate Israele è tra i primi paesi a sfiorare una percentuale che comincia a essere significativa per gli scienziati. Secondo i dati raccolti da ourworldaindata il 26% della popolazione che ha ricevuto almeno una dose. Un piccolo record che però diventa anche una sorta di grande test per la fase 4 dei vaccini, quella sul campo e che sottopone a sorveglianza per almeno 24 mesi i composti. Ecco che da Tel Aviv arriva un primo dato importante riferito dal coordinatore della lotta al Covid, Nachman Asch, nel corso di un’audizione al ministero della sanità ovvero che l’efficacia della prima dose del vaccino Pfizer è risultata inferiore alle aspettative e dunque è particolarmente importante completare la vaccinazione assumendo anche la seconda dose. Secondo dati ottenuti dal quotidiano Haaretz, complessivamente 12.427 israeliani sono stati contagiati da coronavirus dopo aver ricevuto la prima dose: si tratta del 6,6 per cento di un campione di 189mila persone. Nei primi sette giorni i contagi sono stati 5.348, fra l’ottavo ed il quattordicesimo giorni 5.585 e poi 1.410 fra il quindicesimo e il ventunesimo giorno. Altri 84 sono stati contagiati quando erano trascorse tre settimane dalla prima vaccinazione. Ieri il ministro della Sanità, Yuli Edelstein, ha precisato che finora in Israele sono state vaccinate 2,2 milioni di persone. E di queste 422 mila hanno già ricevuto anche la seconda dose. Nei giorni scorsi le vaccinazioni sono state fino a 168mila e l’obiettivo è di superare le 200 mila vaccinazioni al giorno. Da ieri possono richiederle quanti hanno almeno 40 anni.
“Questi dati confermano l’esigenza della doppia dose, di una attenzione e di un monitoraggio della vaccinazione e anche lo sviluppo di test sierologici che possano monitorare nel tempo una situazione peraltro conosciuta su tanti altri vaccini. Sono dati che quindi devono soltanto farci pensare – dice interpellato dal Fattoquotidiano.it Fabrizio Pregliasco, virologo all’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’ospedale Galeazzi – a una corretta pianificazione della campagna di vaccinazione secondo i tempi previsti e anche eventuali valutazioni sul campo in quelle situazioni in cui malattie intercorrenti o altri condizioni particolari determinano una interruzione della vaccinazione”. Secondo il ricercatore, specializzato anche in Igiene e Medicina Preventiva che due giorni fa ha ricevuto la seconda dose di vaccino, quindi sono importanti i tempi e il monitoraggio “con una valutazione dei casi atipici da aggregare” per poter per esempio “valutare modifiche nella schedula vaccinale e altri ritocchi che naturalmente sono tipici della fase 4. La fase 1, la 2 e la 3 sono pre registrative, ora valutiamo gli eventi avversi rari, l’efficacia e tutto il resto in questa fase 4 di farmacovigilanza tipica di ogni farmaco e prodotto o vaccinale immesso sul mercato per tutta la durata del suo utilizzo”. Bisognerà quindi vigilare su quella “quota di persone che andranno a vaccinarsi, ma non seguiranno per motivi vari quello che è lo schema standard 0-21 giorni. Questo ci potrà servire per capire quali sono le implicazioni e gli effetti di questa casistica alterata rispetto alle disposizioni formali”.
Anche il professor Silvio Garattini, farmacologo e presidente dell’Istituto Mario Negri che ha ricevuto proprio la seconda dose del vaccino Pfizer lunedì, sostiene che non bisogna preoccuparsi per questi dati. “È una cosa che sapevamo, anche Pfizer aveva dichiarato che la prima dose non proteggeva e quella è la ragione perché bisogna la seconda. La nota israeliana testimonia quello che sappiamo che dopo la prima dose può esserci un’infezione. Mi pare di ricordare che Pfizer avesse comunicato che dopo la prima dose ci fosse il 52% di protezione ed è la seconda che arriva al 90%. È un bene saperlo, ma non dobbiamo preoccuparci. La seconda dose bisogna perchéla prima non è assolutamente sufficiente”.
E infatti secondo un nuovo e recente studio sierologico condotto all’Ospedale Sheba di Ramat Gan, vicino a Tel Aviv, una settimana dopo la seconda dose di vaccino, gli anticorpi contro il Covid diventano più alti, tra 6 e 20 volte rispetto alla prima dose. La ricerca riguarda il 98% del personale sanitario che ha completato la vaccinazione e che è stato oggetto delle analisi. Lo studio ha riguardato 102 campioni esaminati ad una settimana di distanza dalla seconda inoculazione, ovvero nel momento in cui si ritiene che il vaccino raggiunga il suo picco di efficacia. Altre centinaia di campioni sono in attesa di essere esaminati. Gili Regev-Yochay, direttrice dell’Unità epidemiologica delle malattie infettive, ha detto che i risultati iniziali hanno mostrato che i livelli di anticorpi sono alti abbastanza da uccidere ogni particella virale. “Questo significa che il vaccino lavora magnificamente”, ha spiegato, aggiungendo che i risultati “sono in linea con le prove effettuate dalla Pfizer e vanno oltre le aspettative. Mi aspetto che anche gli altri esami sul resto degli operatori sanitari siano simili. Tutto ciò induce all’ottimismo”.
In Israele, nonostante il lockdown in corso, sono stati registrati più di 10mila nuovi casi: un record dall’inizio della pandemia nel paese. Secondo i dati del ministero della sanità i casi sono stati 10.021 a fronte di circa 100mila test con un tasso di positività del 10,2%. In aumento anche i casi gravi che ora sono 1.114, i decessi sono arrivati, da inizio malattia, a 4.049. Secondo i media – che citano statistiche dell’Università di Oxford – Israele è risalito nella classifica dei paesi con il più alto numero di casi rispetto alla popolazione. Diversi ospedali denunciano sovraffollamenti. Le aeree dovei contagi sono più numerosi sono quelle arabe e quelle popolate da ebrei ortodossi. Nelle prime resta bassa la percentuale di quanti si vaccinano. Nel rioni ortodossi invece la polizia è stata più volte attaccata da dimostranti quando ha cercato di impedire lo svolgimento di lezioni in scuole che dovevano restare chiuse. Nei giorni scorsi due importanti rabbini, Haim Kanyevski e Gershon Edelstein, hanno intanto vietato agli allievi di entrare nei Covid hotel perché sarebbero stati esposti, a loro dire, “a pericoli spirituali”. Senza contare che le autorità sanitarie devono fare i conti anche con esternazioni pericolosissime come quelle riportate dal Israel Ha-Yom secondo cui un rabbino ortodosso durante un sermone ha messo in guardia chi lo ascoltava sostenendo che la vaccinazione potrebbe “trasformarli” in gay. Un caso isolato visto che i rabbini leader in Israele e nel mondo hanno invece spinto i loro fedeli a seguire con attenzione le regole sanitarie e a vaccinarsi al più presto, visto che tra questo tipo di popolazione si registrano alti tassi di morbilità. Infine è in corso anche durissimo confronto nel governo sull’immunizzazione dei detenuti.