Da co-protagonista de La vita è bella a operatore di un call center anti-Covid. Giorgio Cantarini oggi ha 29 anni ma quando ne aveva 5 era diventato celebre per aver interpretato nel film premio Oscar del 1997 la parte di Giosuè, il figlio di Guido Orefice (Roberto Benigni), deportato in un lager nazista. In tanti ricorderanno papà Guido che trasforma con la fantasia il racconto dell’orrore dei campi di concentramento per far sopravvivere umanamente la curiosità del figlio e non abbandonarlo al destino segnato della morte. Cantarini ha poi battuto il ferro finché era caldo con un’altra particina da fanciullo in chiave storica in un discreto kolossal hollywoodiano: Il gladiatore di Ridley Scott. Qui forse in molti non lo ricorderanno, ma appare con la manina tesa sulla fronte per scorgere papà Massimo Decimo Meridio (Russell Crowe) che torna a casa. Poi del bambino di Oriveto, baby star internazionale si sono un po’ perse le tracce. Lo ha ritrovato oramai da giovane virgulto Il Messaggero che l’ha intervistato scoprendo che Cantarini è diventato operatore del Toc, il Team Operativo per il Coronavirus di Viterbo, dove insieme al fratello musicista, e ad altri colleghi, ha il compito di riannodare il filo dei contatti a seguito di una persona risultata positiva al Coronavirus. Lavoro prezioso e complesso, proprio ora che i contagi sono in una fase di insperata staticità e si può tentare di riprendere in mano il tracciamento tanto agognato. Cantarini ha spiegato che è un lavoro “soltanto momentaneo” che lo rende “contento perché “tutti dobbiamo rimboccarci le maniche”. L’attore ha poi spiegato che era giunto alla scelta di darsi da fare contro il Covid proprio quando nei primi mesi dell’epidemia i lavori nell’ambito artistico hanno cominciato a scarseggiare. “Per gli artisti è un momento difficile, bisogna arrangiarsi – ha chiosato Cantarini – E se ci si riesce dando anche una mano nella battaglia contro il Covid-19 è ancora meglio”.