Il centrodestra vuole il ritorno alle urne e lo ha ribadito anche al Quirinale, ma senza i partiti minori che invece spingono per un “governo di unità nazionale”. Palazzo Chigi lavora per riuscire ad allargare il perimetro della maggioranza e, in attesa di sbloccare la situazione, ha annunciato che il Recovery plan sarà discusso anche con le Regioni. Intanto, nella crisi di governo, a complicare il quadro ci si è messo anche il caso Lorenzo Cesa: questa mattina è arrivata la notizia che il segretario Udc è indagato per associazione a delinquere aggravata dalle modalità mafiose. Proprio l’Udc era tra gli interlocutori tirati in ballo in questi giorni nella ricerca di “responsabili”, Cesa però ha spinto fino all’ultimo per tenere il partito nel centrodestra. La notizia ora preoccupa soprattutto il fronte M5s che non vuole in alcun modo essere associato all’ormai ex sottosegretario Udc: “Siamo al lavoro per un consolidamento della maggioranza”, ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, “ma con la stessa forza con cui abbiamo preso decisioni forti in passato, ora mi sento di dire che mai il M5s potrà aprire un dialogo con soggetti condannati o indagati per mafia o reati gravi. È evidente che questo consolidamento del governo non potrà dunque avvenire a scapito della questione morale, dei valori che abbiamo sempre difeso e che sono fondanti del progetto 5 stelle”. Poco prima aveva parlato anche l’ex deputato M5s Alessandro Di Battista: “Chi ha condanne sulle spalle e indagini per reati gravi non può essere un interlocutore”.
Il clima rimane molto teso e la strade sono ancora tutte aperte. Intanto per stasera alle 21.45 è stata convocata una riunione del Consiglio dei ministri. e sul tavolo c’è anche l’assegnazione della delega ai Servizi, che Conte, parlando al Parlamento, ha annunciato di voler cedere a una persona di sua fiducia. Nel pomeriggio il presidente del Consiglio ha ricevuto tre deputati del gruppo Misto, ex M5s: Raffaele Trano, Piera Aiello ed Alessandra Ermellino. “Abbiamo portato i temi dell’antimafia, che sono il mio nostro quotidiano”, ha detto all’Adnkronos Aiello, testimone di giustizia, puntualizzando: “Non abbiamo chiesto poltrone e non ci è stato offerto nulla”.
L’incontro al Colle e la nota del centrodestra – E’ durato circa mezz’ora il colloquio al Quirinale tra i leader del centrodestra e Sergio Mattarella. Al termine, intorno alle 18.10, i principali alleati della coalizione (Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani) hanno diffuso una nota congiunta: “Abbiamo manifestato al presidente della Repubblica”, si legge, “a nome dell’intero centrodestra, la grande preoccupazione per la condizione dell’Italia: mentre emergenza sanitaria ed economica si abbattono su famiglie e imprese, il voto di martedì ha certificato l’inconsistenza della maggioranza. È convinzione del centrodestra che con questo Parlamento sia impossibile lavorare. Il centrodestra ha ribadito al Presidente la fiducia nella sua saggezza”. All’incontro non hanno partecipato i partiti minori: Udc, Cambiamo! e Noi per l’Italia perché, spiega l’Adnkronos, in dissenso con la linea del ritorno alle urne. Proprio Giovanni Toti, leader di Cambiamo!, avrebbe protestato contro la scelta di chiedere il “voto subito” spingendo piuttosto per un governo di unità nazionale che si faccia carico delle misure per la pandemia e della gestione del Recovery plan.
I tentativi di allargare la maggioranza. Bonaccini: “Cambiare squadra, ma Conte è la persona giusta” – Intanto Palazzo Chigi è al lavoro per riuscire a consolidare squadra e sostenitori, tanto che si parla di almeno 5 senatori pronti ad aderire al progetto dei “responsabili”. Di questo ieri il premier Giuseppe Conte ha parlato con il capo dello Stato durante il colloquio “interlocutorio” che si è svolto al Quirinale. Dall’incontro non sono emersi dettagli, ma Mattarella più volte nel corso di questa crisi ha fatto intendere che bisogna perdere il minor tempo possibile e lavorare per una maggioranza stabile. Oggi Conte ha incassato il sostegno del presidente Pd dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che lo ha definito “la persona giusta per un progetto riformista”. Ma ha anche chiesto “una nuova squadra di governo”. “Serve un programma di legislatura, anche nuovo e rafforzato, e a mio parere anche una nuova squadra di governo“, ha detto a Mattino5. Il perno, però, come hanno più volte ribadito nei giorni scorsi i vertici dem, da Zingaretti a Orlando, e quelli del Movimento 5 stelle, resta Giuseppe Conte. “Credo che Conte sia la persona adeguata per portare avanti un progetto riformista, ma adesso bisogna capire qual è la strada”, ha ragionato Bonaccini.
Poco dopo, su Rai1, il braccio destro di Zingaretti Goffredo Bettini ha dichiarato: “Se in queste settimane riusciamo a consolidare e allargare i numeri avremo maggiore agio nella vita parlamentare, penso alle Commissioni, e allora bene. In quel caso si farà un Conte ter, il premier andrà da Mattarella e faremo quanto necessario. Spero vada così, ma non è detto… Altrimenti si andrà al voto, che per noi è lo sbocco naturale in democrazia quando sono finite tutte le opzioni”. E sull’ipotesi governo istituzionale, ha commentato: “Come facciamo a fare un governo istituzionale con una destra che in Europa è legata a Orban. Noi siamo legati alle forze europeiste, a Macron alla Merkel ai socialisti spagnoli. Non si può mettere insieme cose che non stanno insieme: forze europeiste ed antieuropeiste, persino che sono negazioniste del virus. Sarebbe ulteriore confusione e precarietà”.
Da dove possono arrivare i “responsabili” – Tra i nomi che circolano sui giornali si fanno sempre più insistenti quelli dei renziani Eugenio Comincini, Donatella Conzatti (ex Fi), Leonardo Grimani. Comincini già dopo l’astensione al Senato ha fatto sapere che non ha alcuna intenzione di andare all’opposizione se alla fine Italia viva non riuscirà a ricucire il dialogo con Conte. È anche per tenere compatti i suoi che Renzi martedì ha deciso di non schierarsi per il No alla fiducia a Palazzo Madama, ma il rischio fughe è dietro l’angolo. Pure alla Camera, dove qualche addio è già stato messo in conto dopo quelli di Vito De Filippo e di Michela Rostan. In ogni caso il leader di Iv per ora sta alla finestra, fiducioso che il progetto di Palazzo Chigi alla fine si traduca in un buco nell’acqua. “Quando avranno finito con il mercato delle poltrone, se vorranno, potranno parlare con noi. Noi siamo quelli che si dimettono, non che chiedono posti“, ha detto Maria Elena Boschi a La Stampa, offrendo ancora una volta una sponda alla maggioranza. E se una parte del Pd, trainata dall’ex renziano Andrea Marcucci, non esclude del tutto l’ipotesi, il resto del partito, così come i 5 stelle e lo stesso premier considerano del tutto chiusa quell’esperienza di governo.
Italia viva a parte, la partita più grossa è infatti quella con i centristi: per poter garantire davvero la governabilità chiesta da Mattarella, alla coalizione M5s-Pd-Leu serve una quarta gamba dotata di un suo simbolo alle Camere. Solo così, stando ai regolamenti parlamentari, potrebbero essere riequilibrati i rapporti di forza nelle commissioni. A Montecitorio è già in azione Bruno Tabacci, con la sua componente Centrodemocratico, punto di riferimento del mondo ex Dc, mentre in Senato i “costruttori” non sono ancora venuti allo scoperto. I parlamentari con Tabacci al momento sono diventati 13, anche se dal sito della Camera risultano essere ancora solo 11, “per una questione formale che stiamo risolvendo”, ha detto all’Ansa. E “presto arriveremo a 20 deputati”.
Secondo Repubblica, sono in pole altri tre berlusconiani dopo le defezioni di Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin. Tra gli azzurri, come ha spiegato la deputata Renata Polverini (anche lei uscita dal partito), c’è infatti un “sentimento diffuso” di disagio verso la linea dettata dai vertici. Per il Corriere, i nomi in bilico sono quelli di Barbara Masini (che continua a smentire), Luigi Vitali, ,Maria Virginia Tiraboschi e Anna Carmela Minuto, che in una breve intervista allo stesso giornale non ha affatto escluso un futuro appoggio al governo. L’ipotesi è che confluiscano nel Maie-Italia23 o in un nuovo gruppo centrista imperniato intorno all’Udc. Una strada, questa, che al momento appare chiusa: i tre senatori eletti con lo scudo crociato sono divisi e il segretario Lorenzo Cesa – dimissionario dopo l’inchiesta della procura di Catanzaro che lo vede indagato – non sembra intenzionato a cedere il suo simbolo. L’auspicio è che le cose possano cambiare nei prossimi giorni, la senatrice Binetti ad esempio si è detta disponibile al dialogo nonostante il No alla fiducia votato martedì, purché la partita venga chiusa entro mercoledì. In quella data, infatti, è previsto il voto delle Camere sulla relazione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. E Italia viva ha già annunciato il suo no in sintonia con il centrodestra.