La presentazione del rapporto 'Livorno e Val di Cornia 2021'. “Negli ultimi 10 anni le forze di polizia coordinate dalla magistratura hanno realizzato al porto di Livorno 15 sequestri di cocaina, per un quantitativo complessivo di quasi 7 tonnellate”, ha detto Renato Scalia della fondazione antimafia
Il porto di Livorno è “zona rossa per quanto concerne la mafia”. Sono queste le parole usate da Renato Scalia, della Fondazione Antonino Caponnetto, per descrivere la situazione dello scalo toscano disegnata nel report Livorno e Val di Cornia 2021 dell’Osservatorio mediterraneo sulla criminalità organizzata e le mafie, redatto dallo stesso Scalia e dal presidente della Fondazione Salvatore Calleri. Uno scalo, quello di Livorno, diventato un punto di riferimento dei clan di ‘ndrangheta e camorra per il traffico di cocaina e rifiuti.
“Siamo al momento più buio da trent’anni in materia di antimafia. La mafia è fuori dall’agenda politica e mediatica nazionale. Si va avanti a luoghi comuni. Il primo, tanto caro a queste organizzazioni criminali, è lasciare il loro contrasto solo a forze dell’ordine e magistratura – ha dichiarato Calleri – Queste organizzazioni hanno un tesoro da 3mila miliardi di euro all’estero. Se fossimo in un Paese normale avremmo sguinzagliato i servizi segreti per trovarli e con quei fondi avremmo risanato tutto. Invece niente”.
Il focus del report è dedicato ai porti di Livorno e Piombino, in particolare alle correlazioni coi traffici illegali di stupefacenti e rifiuti. Da tempo, il porto di Livorno è diventato uno snodo strategico dei traffici illeciti a livello internazionale, insieme a Genova. Secondo la relazione 2019 della Dcsa (Direzione centrale per i servizi antidroga), lo scalo toscano è primatista italiano per sequestri di sostanze stupefacenti.
Renato Scalia, ex ispettore della Direzione investigativa antimafia (Dia) e curatore del capitolo del report dedicato al porto di Livorno, ha sottolineato che lo scalo, tra i principali del Mediterraneo, è diventato “base logistica” per i clan legati al traffico di cocaina e rifiuti speciali. Ed è la ‘ndrangheta a gestire il traffico di droga. “Negli ultimi 10 anni – ha evidenziato – le forze di polizia coordinate dalla magistratura hanno realizzato al porto di Livorno 15 sequestri di cocaina, per un quantitativo complessivo di quasi 7 tonnellate”. In un caso, nell’agosto 2015, l’operazione portò addirittura al sequestro in Colombia di ben 8 tonnellate di cocaina già pronte per il traffico internazionale.
I clan oggetto di operazioni di polizia nella provincia toscana sono 37 e di questi 25 sono stati coinvolti nei sequestri di cocaina nel solo porto di Livorno. Renato Scalia ha precisato in conferenza stampa l’entità economica di questi sequestri: “Un chilo di cocaina vale circa 38mila-46mila euro a livello di traffico e passa a 70/90 euro al grammo su piazza”. In dieci anni di sequestri le forze di polizia italiane hanno quindi fermato nel solo porto di Livorno cocaina per circa 270 milioni di valore all’ingrosso e più di mezzo miliardo di euro di possibile incasso per chi voleva commerciarla nelle piazze di spaccio.
I clan colpiti da questa azione coordinata dalla magistratura sono stati i Piromalli-Molè, Mancuso, Alvaro, Crea, Bellocco, Paviglianiti, Fiarè, Pitto-Prostamo-Iannello per la ‘ndrangheta. Ai quali vanno però aggiunti quelli camorristi dei Gionta, Birra Iacomino, Fabbrocino, Casalesi e da ultimo il clan Ciarelli-Di Silvio legato ai Casamonica.
“Ricordo inoltre – ha precisato Scalia – che il porto di Livorno è stato teatro della più grande strage della storia repubblicana, quella del Moby Prince. E se attualmente c’è un piccolo spiraglio aperto di riavere un’inchiesta penale sul caso lo si deve sia alla commissione d’inchiesta parlamentare, chiusa nel gennaio 2018, che alle dichiarazioni di due pentiti ‘ndranghetisti, Francesco Fonti e Filippo Barreca”.
Oltre al traffico di cocaina e di stupefacenti in generale, il porto di Livorno è stato interessato anche da sequestri incredibili di rifiuti speciali. Gli ultimi due, nella prima metà del 2020, hanno interessato circa 25 tonnellate di rifiuti pericolosi legati al comparto tessile, bloccati nell’approdo toscano prima di arrivare in Senegal. Operazione questa gestita dai Carabinieri del Noe grossetano in collaborazione con i funzionari dell’Ufficio Dogane e Monopoli dello scalo.
“Livorno è ‘zona rossa’ per quanto concerne la mafia – ha chiosato Scalia – La mafia sta facendo affari incredibili ma evidentemente questo argomento non interessa a livello politico. Abbiamo addirittura dipendenti che hanno collaborato con le organizzazioni criminali per far uscire dal porto le sostanze stupefacenti e, aspetto importante, c’è una collaborazione tra organizzazioni criminali del posto e associazioni di stampo mafioso. Un cambiamento sostanziale per le mafie che si avvalgono quindi anche di criminali del luogo”.
La Fondazione Caponnetto ha infine lanciato due proposte di contrasto durante la pandemia. “L’infiltrazione mafiosa nell’economia reale è in questo 2021 concentrata sulla questione usura, il riciclaggio e la cosiddetta mafia sanitaria, ossia farmacie e parafarmacie, traffico di farmaci, persino il controllo delle ambulanze – ha concluso Calleri – Servono l’estensione del Protocollo Antoci per bloccare le infiltrazioni mafiose nei lavori ai porti, anche quelli di Livorno e Piombino, e servirebbe a nostro parere l’affidamento al Commissario delle bonifiche Sin, struttura inquadrata presso il ministero dell’Ambiente, anche del compito di gestire in ottica commissariale le bonifiche delle discariche”.