Boss mafiosi, imprenditori, colletti bianchi e pure politici, come il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, che risulta indagato, e l’assessore al Bilancio in Calabria Francesco Talarico, finito ai domiciliari. Sono nomi pesanti quelli coinvolti nella maxi-operazione contro la ‘ndrangheta coordinata dalla Procura distrettuale di Catanzaro. Alle prime luci dell’alba 370 uomini delle forze dell’ordine, supportati da un elicottero e quattro unità cinofile, hanno eseguito 48 misure di custodia cautelare su tutto il territorio nazionale. Nell’inchiesta, denominata ‘Basso profilo‘, sono coinvolti alcuni tra i maggiori esponenti delle ‘ndrine più importanti di Crotone, Isola Capo Rizzuto e Cutro, tra cui ‘Bonaventura’ ‘Aracri’, ‘Arena’ e ‘Grande Aracri’. A vario titolo sono contestati i reati di associazione mafiosa, corruzione, scambio elettorale politico-mafioso, rivelazione di segreto, associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e al riciclaggio, intestazione fittizia di beni, traffico di influenze illecite, accesso abusivo ai sistemi informatici, turbata libertà degli incanti e del procedimento di scelta del contraente nell’ambito di appalti pubblici.
Le accuse a Cesa e Talarico – Tra gli indagati c’è Lorenzo Cesa, segretario nazionale dell’Udc. La casa romana del politico è stata perquisita. “Ho ricevuto un avviso di garanzia su fatti risalenti al 2017. Mi ritengo totalmente estraneo, chiederò attraverso i miei legali di essere ascoltato quanto prima dalla procura competente. Come sempre ho piena e totale fiducia nell’operato della magistratura. E data la particolare fase in cui vive il nostro Paese rassegno le mie dimissioni da segretario nazionale come effetto immediato”, dice Cesa, che incassa la solidarietà dei suoi tre colleghi di partito in Senato. L’assessore al Bilancio in Regione Calabria, Francesco Talarico, segretario regionale dell’Udc, è invece ai domiciliari. Nel comunicato della procura si legge che nel corso delle indagini “la consorteria ‘ndranghetista” ha interferito nelle “Elezioni Politiche del marzo 2018, per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, nel corso delle quali ha stipulato un ‘patto di scambio‘” con Francesco Talarico, all’epoca candidato a Montecitorio e risultato il secondo dei non eletti. Per i pm, l’obiettivo dei boss era quello di ottenere “appalti per la fornitura di prodotti antinfortunistici” banditi da enti pubblici “attraverso la mediazione dell’europarlamentare Lorenzo Cesa in cambio della promessa di un ‘pacchetto’ di voti” per il candidato del suo partito.
L’incontro tra Talarico e un parente della cosca di Archi – I magistrati, nel comunicato diffuso alla stampa, ricostruiscono anche un incontro avvenuto prima delle elezioni tra Talarico e Natale Errigo, ora “in carcere per scambio elettorale politico mafioso” e “imparentato con esponenti della cosca De Stefano/Tegano di Archi, segnatamente con Saraceno Francesco”, condannato in via definitiva per associazione mafiosa. All’appuntamento, a cui hanno partecipato anche altri tra imputati e indagati per mafia, al candidato dell’Udc è stato confermato “il sostegno elettorale” da parte della consorteria. “Come è noto”, sottolinea la procura, le elezioni del 2018 “si sono concluse con un ottimo risultato (il secondo ma non eletto) per il capolista nel collegio uninominale di Reggio Calabria che, sebbene non eletto, è poi diventato assessore esterno al bilancio e politiche del Personale della Regione Calabria, giunta Santelli“. I pm osservano poi che Natale Errigo “risulta essere stato nominato nella struttura del Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19 e fa parte del team per la gestione della distribuzione cui è affidata, per l’appunto, la distribuzione dei prodotti (mascherine, dispositivi per la sicurezza individuale, il vaccino anti covid) nonché il contatto con i fornitori e con le strutture destinatarie”. Un ruolo da cui, comunica lo staff di Arcuri, è stato “sospeso“. Invitalia fa inoltre sapere di aver già avviato “un audit interno” e ha verificato che “non sussiste alcuna relazione né alcun rapporto economico o contrattuale tra le altre persone fisiche e le persone giuridiche oggetto delle indagini e la Struttura del Commissario all’emergenza”.
Il ruolo dell’imprenditore Gallo – Al centro dell’inchiesta c’è l’imprenditore Antonio Gallo, definito dalla stessa procura “’un jolly‘ in grado di rapportarsi con i membri apicali di ciascun gruppo mafioso”. “Avvalendosi della sua intraprendenza imprenditoriale e veicolando parte dei proventi alle cosche, gestiva in regime di sostanziale monopolio la fornitura di prodotti antinfortunistici alle imprese che eseguivano appalti privati nei territori del settore jonico catanzarese”, si legge nel comunicato dei pm catanzaresi. Poi c’era l’obiettivo di procacciarsi “appalti con enti pubblici anche attraverso il potere intimidatorio” attraverso la “gestione di società fittizie” e l’uso di “prestanome”. Come le gare “bandite tra il 2017 e il 2018 dalle stazioni appaltanti del Consorzio di bonifica Jonio-Crotonese e Jonio-Catanzarese” per un valore di oltre 107 milioni di euro. L’imprenditore, aggiungono, “si interfacciava con personaggi politici ai quali prometteva pacchetti di voti in cambio di favori per sé e per altri, sia in territorio della provincia catanzarese che in altre realtà territoriali”. Nell’inchiesta sono coinvolti anche Tommaso Brutto e Saverio Brutto (padre e figlio), rispettivamente consigliere comunale a Catanzaro e assessore comunale a Simeri Crichi, accusati di aver promesso all’imprenditore “delle “‘entrature‘ da realizzare con il contributo del segretario Regionale in Calabria dell’Udc, Franco Talarico, oggi assessore al bilancio della Regione Calabria che, a sua volta, avrebbe coinvolto un europarlamentare (Cesa, a Bruxelles dal 2014 al 2019, ndr) e altri politici nazionali“. L’obiettivo? “Talarico, insieme ai due politici locali, guardavano a Gallo come imprenditore di loro riferimento per l’aggiudicazione di grossi appalti per i quali il loro guadagno sarebbe consistito in una provvigione del 5%“, concludono i pm.
Nel mirino le ‘ndrine sulla costa ionica – Da quando è stata avviata l’indagine, sono stati registrati tramite intercettazioni telefoniche e ambientali più di 250mila dialoghi, i cui contenuti sono corroborati da accertamenti patrimoniali per un giro d’affari complessivo di 250 milioni di euro. L’inchiesta, scrive la procura, ha permesso “di confermare l’esistenza di un insieme di ‘locali’ e ”ndrine’ distaccate e operanti nelle diverse Province calabresi nei territori di riferimento che corrispondono a Cirò Marina, Cutro, San Leonardo di Cutro, Isola di Capo Rizzuto, Roccabernarda, Mesoraca, Botricello, Sellia, Cropani, Catanzaro e Roccelletta di Borgia“. Tra gli arrestati ci sono anche imprenditori di spessore e funzionari della pubblica amministrazione accusati di essere collusi con le organizzazioni criminali. Oltre alle misure cautelari, la Procura di Catanzaro ha disposto l’esecuzione di numerosi sequestri di beni costituiti da compendi aziendali, immobili, automobili, conti correnti bancari e postali. Nell’elenco compaiono anche 59 società, 29 auto, tra cui due Porsche, 77 conti correnti, un’imbarcazione, un orologio Rolex e un lingotto d’oro.
Mafie
‘Ndrangheta, maxi operazione: 48 arresti. Indagato anche il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa: perquisita la sua casa a Roma
L'operazione, coordinata dalla Procura Distrettuale di Catanzaro, ha scoperchiato un giro d'affari da 300 milioni di euro. Il politico: "Estraneo ai fatti, mi dimetto da segretario di partito". Ai domiciliari l'assessore regionale Talarico. Per i pm, l'obiettivo dei boss era quello di ottenere "appalti per la fornitura di prodotti antinfortunistici" banditi da enti pubblici "attraverso la mediazione dell’europarlamentare Cesa in cambio della promessa di un 'pacchetto' di voti" per il candidato del suo partito alle elezioni 2018 (Talarico), poi non eletto
Boss mafiosi, imprenditori, colletti bianchi e pure politici, come il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, che risulta indagato, e l’assessore al Bilancio in Calabria Francesco Talarico, finito ai domiciliari. Sono nomi pesanti quelli coinvolti nella maxi-operazione contro la ‘ndrangheta coordinata dalla Procura distrettuale di Catanzaro. Alle prime luci dell’alba 370 uomini delle forze dell’ordine, supportati da un elicottero e quattro unità cinofile, hanno eseguito 48 misure di custodia cautelare su tutto il territorio nazionale. Nell’inchiesta, denominata ‘Basso profilo‘, sono coinvolti alcuni tra i maggiori esponenti delle ‘ndrine più importanti di Crotone, Isola Capo Rizzuto e Cutro, tra cui ‘Bonaventura’ ‘Aracri’, ‘Arena’ e ‘Grande Aracri’. A vario titolo sono contestati i reati di associazione mafiosa, corruzione, scambio elettorale politico-mafioso, rivelazione di segreto, associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e al riciclaggio, intestazione fittizia di beni, traffico di influenze illecite, accesso abusivo ai sistemi informatici, turbata libertà degli incanti e del procedimento di scelta del contraente nell’ambito di appalti pubblici.
Le accuse a Cesa e Talarico – Tra gli indagati c’è Lorenzo Cesa, segretario nazionale dell’Udc. La casa romana del politico è stata perquisita. “Ho ricevuto un avviso di garanzia su fatti risalenti al 2017. Mi ritengo totalmente estraneo, chiederò attraverso i miei legali di essere ascoltato quanto prima dalla procura competente. Come sempre ho piena e totale fiducia nell’operato della magistratura. E data la particolare fase in cui vive il nostro Paese rassegno le mie dimissioni da segretario nazionale come effetto immediato”, dice Cesa, che incassa la solidarietà dei suoi tre colleghi di partito in Senato. L’assessore al Bilancio in Regione Calabria, Francesco Talarico, segretario regionale dell’Udc, è invece ai domiciliari. Nel comunicato della procura si legge che nel corso delle indagini “la consorteria ‘ndranghetista” ha interferito nelle “Elezioni Politiche del marzo 2018, per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, nel corso delle quali ha stipulato un ‘patto di scambio‘” con Francesco Talarico, all’epoca candidato a Montecitorio e risultato il secondo dei non eletti. Per i pm, l’obiettivo dei boss era quello di ottenere “appalti per la fornitura di prodotti antinfortunistici” banditi da enti pubblici “attraverso la mediazione dell’europarlamentare Lorenzo Cesa in cambio della promessa di un ‘pacchetto’ di voti” per il candidato del suo partito.
L’incontro tra Talarico e un parente della cosca di Archi – I magistrati, nel comunicato diffuso alla stampa, ricostruiscono anche un incontro avvenuto prima delle elezioni tra Talarico e Natale Errigo, ora “in carcere per scambio elettorale politico mafioso” e “imparentato con esponenti della cosca De Stefano/Tegano di Archi, segnatamente con Saraceno Francesco”, condannato in via definitiva per associazione mafiosa. All’appuntamento, a cui hanno partecipato anche altri tra imputati e indagati per mafia, al candidato dell’Udc è stato confermato “il sostegno elettorale” da parte della consorteria. “Come è noto”, sottolinea la procura, le elezioni del 2018 “si sono concluse con un ottimo risultato (il secondo ma non eletto) per il capolista nel collegio uninominale di Reggio Calabria che, sebbene non eletto, è poi diventato assessore esterno al bilancio e politiche del Personale della Regione Calabria, giunta Santelli“. I pm osservano poi che Natale Errigo “risulta essere stato nominato nella struttura del Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19 e fa parte del team per la gestione della distribuzione cui è affidata, per l’appunto, la distribuzione dei prodotti (mascherine, dispositivi per la sicurezza individuale, il vaccino anti covid) nonché il contatto con i fornitori e con le strutture destinatarie”. Un ruolo da cui, comunica lo staff di Arcuri, è stato “sospeso“. Invitalia fa inoltre sapere di aver già avviato “un audit interno” e ha verificato che “non sussiste alcuna relazione né alcun rapporto economico o contrattuale tra le altre persone fisiche e le persone giuridiche oggetto delle indagini e la Struttura del Commissario all’emergenza”.
Il ruolo dell’imprenditore Gallo – Al centro dell’inchiesta c’è l’imprenditore Antonio Gallo, definito dalla stessa procura “’un jolly‘ in grado di rapportarsi con i membri apicali di ciascun gruppo mafioso”. “Avvalendosi della sua intraprendenza imprenditoriale e veicolando parte dei proventi alle cosche, gestiva in regime di sostanziale monopolio la fornitura di prodotti antinfortunistici alle imprese che eseguivano appalti privati nei territori del settore jonico catanzarese”, si legge nel comunicato dei pm catanzaresi. Poi c’era l’obiettivo di procacciarsi “appalti con enti pubblici anche attraverso il potere intimidatorio” attraverso la “gestione di società fittizie” e l’uso di “prestanome”. Come le gare “bandite tra il 2017 e il 2018 dalle stazioni appaltanti del Consorzio di bonifica Jonio-Crotonese e Jonio-Catanzarese” per un valore di oltre 107 milioni di euro. L’imprenditore, aggiungono, “si interfacciava con personaggi politici ai quali prometteva pacchetti di voti in cambio di favori per sé e per altri, sia in territorio della provincia catanzarese che in altre realtà territoriali”. Nell’inchiesta sono coinvolti anche Tommaso Brutto e Saverio Brutto (padre e figlio), rispettivamente consigliere comunale a Catanzaro e assessore comunale a Simeri Crichi, accusati di aver promesso all’imprenditore “delle “‘entrature‘ da realizzare con il contributo del segretario Regionale in Calabria dell’Udc, Franco Talarico, oggi assessore al bilancio della Regione Calabria che, a sua volta, avrebbe coinvolto un europarlamentare (Cesa, a Bruxelles dal 2014 al 2019, ndr) e altri politici nazionali“. L’obiettivo? “Talarico, insieme ai due politici locali, guardavano a Gallo come imprenditore di loro riferimento per l’aggiudicazione di grossi appalti per i quali il loro guadagno sarebbe consistito in una provvigione del 5%“, concludono i pm.
Nel mirino le ‘ndrine sulla costa ionica – Da quando è stata avviata l’indagine, sono stati registrati tramite intercettazioni telefoniche e ambientali più di 250mila dialoghi, i cui contenuti sono corroborati da accertamenti patrimoniali per un giro d’affari complessivo di 250 milioni di euro. L’inchiesta, scrive la procura, ha permesso “di confermare l’esistenza di un insieme di ‘locali’ e ”ndrine’ distaccate e operanti nelle diverse Province calabresi nei territori di riferimento che corrispondono a Cirò Marina, Cutro, San Leonardo di Cutro, Isola di Capo Rizzuto, Roccabernarda, Mesoraca, Botricello, Sellia, Cropani, Catanzaro e Roccelletta di Borgia“. Tra gli arrestati ci sono anche imprenditori di spessore e funzionari della pubblica amministrazione accusati di essere collusi con le organizzazioni criminali. Oltre alle misure cautelari, la Procura di Catanzaro ha disposto l’esecuzione di numerosi sequestri di beni costituiti da compendi aziendali, immobili, automobili, conti correnti bancari e postali. Nell’elenco compaiono anche 59 società, 29 auto, tra cui due Porsche, 77 conti correnti, un’imbarcazione, un orologio Rolex e un lingotto d’oro.
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‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.