L'operazione, coordinata dalla Procura Distrettuale di Catanzaro, ha scoperchiato un giro d'affari da 300 milioni di euro. Il politico: "Estraneo ai fatti, mi dimetto da segretario di partito". Ai domiciliari l'assessore regionale Talarico. Per i pm, l'obiettivo dei boss era quello di ottenere "appalti per la fornitura di prodotti antinfortunistici" banditi da enti pubblici "attraverso la mediazione dell’europarlamentare Cesa in cambio della promessa di un 'pacchetto' di voti" per il candidato del suo partito alle elezioni 2018 (Talarico), poi non eletto
Boss mafiosi, imprenditori, colletti bianchi e pure politici, come il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, che risulta indagato, e l’assessore al Bilancio in Calabria Francesco Talarico, finito ai domiciliari. Sono nomi pesanti quelli coinvolti nella maxi-operazione contro la ‘ndrangheta coordinata dalla Procura distrettuale di Catanzaro. Alle prime luci dell’alba 370 uomini delle forze dell’ordine, supportati da un elicottero e quattro unità cinofile, hanno eseguito 48 misure di custodia cautelare su tutto il territorio nazionale. Nell’inchiesta, denominata ‘Basso profilo‘, sono coinvolti alcuni tra i maggiori esponenti delle ‘ndrine più importanti di Crotone, Isola Capo Rizzuto e Cutro, tra cui ‘Bonaventura’ ‘Aracri’, ‘Arena’ e ‘Grande Aracri’. A vario titolo sono contestati i reati di associazione mafiosa, corruzione, scambio elettorale politico-mafioso, rivelazione di segreto, associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e al riciclaggio, intestazione fittizia di beni, traffico di influenze illecite, accesso abusivo ai sistemi informatici, turbata libertà degli incanti e del procedimento di scelta del contraente nell’ambito di appalti pubblici.
Le accuse a Cesa e Talarico – Tra gli indagati c’è Lorenzo Cesa, segretario nazionale dell’Udc. La casa romana del politico è stata perquisita. “Ho ricevuto un avviso di garanzia su fatti risalenti al 2017. Mi ritengo totalmente estraneo, chiederò attraverso i miei legali di essere ascoltato quanto prima dalla procura competente. Come sempre ho piena e totale fiducia nell’operato della magistratura. E data la particolare fase in cui vive il nostro Paese rassegno le mie dimissioni da segretario nazionale come effetto immediato”, dice Cesa, che incassa la solidarietà dei suoi tre colleghi di partito in Senato. L’assessore al Bilancio in Regione Calabria, Francesco Talarico, segretario regionale dell’Udc, è invece ai domiciliari. Nel comunicato della procura si legge che nel corso delle indagini “la consorteria ‘ndranghetista” ha interferito nelle “Elezioni Politiche del marzo 2018, per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, nel corso delle quali ha stipulato un ‘patto di scambio‘” con Francesco Talarico, all’epoca candidato a Montecitorio e risultato il secondo dei non eletti. Per i pm, l’obiettivo dei boss era quello di ottenere “appalti per la fornitura di prodotti antinfortunistici” banditi da enti pubblici “attraverso la mediazione dell’europarlamentare Lorenzo Cesa in cambio della promessa di un ‘pacchetto’ di voti” per il candidato del suo partito.
L’incontro tra Talarico e un parente della cosca di Archi – I magistrati, nel comunicato diffuso alla stampa, ricostruiscono anche un incontro avvenuto prima delle elezioni tra Talarico e Natale Errigo, ora “in carcere per scambio elettorale politico mafioso” e “imparentato con esponenti della cosca De Stefano/Tegano di Archi, segnatamente con Saraceno Francesco”, condannato in via definitiva per associazione mafiosa. All’appuntamento, a cui hanno partecipato anche altri tra imputati e indagati per mafia, al candidato dell’Udc è stato confermato “il sostegno elettorale” da parte della consorteria. “Come è noto”, sottolinea la procura, le elezioni del 2018 “si sono concluse con un ottimo risultato (il secondo ma non eletto) per il capolista nel collegio uninominale di Reggio Calabria che, sebbene non eletto, è poi diventato assessore esterno al bilancio e politiche del Personale della Regione Calabria, giunta Santelli“. I pm osservano poi che Natale Errigo “risulta essere stato nominato nella struttura del Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19 e fa parte del team per la gestione della distribuzione cui è affidata, per l’appunto, la distribuzione dei prodotti (mascherine, dispositivi per la sicurezza individuale, il vaccino anti covid) nonché il contatto con i fornitori e con le strutture destinatarie”. Un ruolo da cui, comunica lo staff di Arcuri, è stato “sospeso“. Invitalia fa inoltre sapere di aver già avviato “un audit interno” e ha verificato che “non sussiste alcuna relazione né alcun rapporto economico o contrattuale tra le altre persone fisiche e le persone giuridiche oggetto delle indagini e la Struttura del Commissario all’emergenza”.
Il ruolo dell’imprenditore Gallo – Al centro dell’inchiesta c’è l’imprenditore Antonio Gallo, definito dalla stessa procura “’un jolly‘ in grado di rapportarsi con i membri apicali di ciascun gruppo mafioso”. “Avvalendosi della sua intraprendenza imprenditoriale e veicolando parte dei proventi alle cosche, gestiva in regime di sostanziale monopolio la fornitura di prodotti antinfortunistici alle imprese che eseguivano appalti privati nei territori del settore jonico catanzarese”, si legge nel comunicato dei pm catanzaresi. Poi c’era l’obiettivo di procacciarsi “appalti con enti pubblici anche attraverso il potere intimidatorio” attraverso la “gestione di società fittizie” e l’uso di “prestanome”. Come le gare “bandite tra il 2017 e il 2018 dalle stazioni appaltanti del Consorzio di bonifica Jonio-Crotonese e Jonio-Catanzarese” per un valore di oltre 107 milioni di euro. L’imprenditore, aggiungono, “si interfacciava con personaggi politici ai quali prometteva pacchetti di voti in cambio di favori per sé e per altri, sia in territorio della provincia catanzarese che in altre realtà territoriali”. Nell’inchiesta sono coinvolti anche Tommaso Brutto e Saverio Brutto (padre e figlio), rispettivamente consigliere comunale a Catanzaro e assessore comunale a Simeri Crichi, accusati di aver promesso all’imprenditore “delle “‘entrature‘ da realizzare con il contributo del segretario Regionale in Calabria dell’Udc, Franco Talarico, oggi assessore al bilancio della Regione Calabria che, a sua volta, avrebbe coinvolto un europarlamentare (Cesa, a Bruxelles dal 2014 al 2019, ndr) e altri politici nazionali“. L’obiettivo? “Talarico, insieme ai due politici locali, guardavano a Gallo come imprenditore di loro riferimento per l’aggiudicazione di grossi appalti per i quali il loro guadagno sarebbe consistito in una provvigione del 5%“, concludono i pm.
Nel mirino le ‘ndrine sulla costa ionica – Da quando è stata avviata l’indagine, sono stati registrati tramite intercettazioni telefoniche e ambientali più di 250mila dialoghi, i cui contenuti sono corroborati da accertamenti patrimoniali per un giro d’affari complessivo di 250 milioni di euro. L’inchiesta, scrive la procura, ha permesso “di confermare l’esistenza di un insieme di ‘locali’ e ”ndrine’ distaccate e operanti nelle diverse Province calabresi nei territori di riferimento che corrispondono a Cirò Marina, Cutro, San Leonardo di Cutro, Isola di Capo Rizzuto, Roccabernarda, Mesoraca, Botricello, Sellia, Cropani, Catanzaro e Roccelletta di Borgia“. Tra gli arrestati ci sono anche imprenditori di spessore e funzionari della pubblica amministrazione accusati di essere collusi con le organizzazioni criminali. Oltre alle misure cautelari, la Procura di Catanzaro ha disposto l’esecuzione di numerosi sequestri di beni costituiti da compendi aziendali, immobili, automobili, conti correnti bancari e postali. Nell’elenco compaiono anche 59 società, 29 auto, tra cui due Porsche, 77 conti correnti, un’imbarcazione, un orologio Rolex e un lingotto d’oro.