Perché la sinistra si vergogna delle sue origini comuniste, quando la destra invece rivendica le sue radici sempre con fierezza? E soprattutto perché la sinistra si attesta oggi sul binomio liberismo-europeismo antitetico rispetto alla sua ragion politica di nascita e d’essere? Non è uno spregiudicato populista rossobruno a porsi queste domande, ma il filologo Luciano Canfora. Con La Metamorfosi (Laterza, 96 pagg., 12 euro), il professore emerito di filologia greca e latina all’Università di Bari coglie l’occasione del centenario della nascita del Partito Comunista Italiano (21 gennaio 1921) per di-mostrare come dopo un secolo, di quel comunismo non tanto di lotta e rivoluzione, ma soprattutto di quella idealità egualitaria di dignità e giustizia umana, nel trisnpote che lo rappresenta – il Partito democratico – non sia rimasto nemmeno una briciolina. Il saggio del professore è, va subito detto, per i più esperti, con una conoscenza pregressa tra Paolo Spriano e l’appena compianto fu Emanuele Macaluso.
Breve, anzi brevissimo (86 paginette con corpo snello e ristretto), La Metamorfosi è incentrato tutto su una sorta di apice strategico del comunismo italiano, corpo qui largo e approfondito, ovvero il “partito nuovo” formulato da Palmiro Togliatti. Paradigma “transitorio” e non “provvisorio” che è riuscito in buona sostanza a mantenere in vita contemporaneamente l’anima “giacobino leninista” della scissione di Livorno ma all’interno dell’alveo di una vita democratica e costituzionale della nazione di provenienza e sviluppo della “via nazionale” al comunismo. Non la cessione di armi e bagagli delle origini, ma una specie di apparentemente banale ma alquanto complicato ed efficace posizionamento di un piede in due staffe. Quello che molti storici definirono “doppiezza togliattiana”, quello che per il professor Di Loreto era una collocazione tra “democrazia e insurrezione”, ma che per Canfora è semplicemente l’ultimo possibile anelito del ’21.
E per sottolineare l’assunto il professore barese pone prima una questione propositiva e poi spara un colpo di cannone inatteso proprio alla luce del veltronismo atlantista post ’89. Intanto nel ’62, poco prima di morire, Togliatti elogia il “riformismo” citando Lenin: “Dove esistono ordinamenti democratici, come da noi, che si reggono sulla presenza e combattività di un forte movimento popolare democratico e rivoluzionario, la via del riformismo non può essere presa senza affrontare riforme tali che incidano, più o meno profondamente, nella struttura stessa del capitalismo”. E ancora, sempre Togliatti: “D’altra parte, la profondità delle riforme (…) dipenderà anche e prevalentemente da noi, cioè dalla ampiezza, profondità e slancio che il movimento operaio riuscirà ad avere e a mantenere. Dipenderà dal fatto che, per l’azione di un partito rivoluzionario, com’è il nostro, non si perda mai, nelle masse lavoratrici, la coscienza del legame tra le riforme parziali e gli obiettivi più profondi del movimento operaio e socialista, e questi non vengano mai né cancellati né offuscati”.
Canfora pone il ragionamento togliattiano come summa inavvicinabile e insuperabile dell’epopea comunista in Italia. E ne sottolinea l’esclusività e la purezza, di converso, bastonando Enrico Berlinguer e il berlinguerismo. Quel sentirsi “più sicuro nel Patto Atlantico” (intervista a Giampaolo Pansa, Corriere della sera, 15 giugno 1976), quel “compromesso storico” con la Dc che significava prima di ogni altra cosa “che si era delusi della fatica di Sisifo di tentare di conquistare ‘la base cattolica’ e che si voleva ormai chiaramente parlare ai vertici”, o l’ultima carta, anzi l’arroccamento sulla Questione morale in funzione anticraxiana sono per Canfora gli orizzonti ciechi, i limiti di un autentico mito moderno del comunismo cascante come quello del segretario carismatico che morì a Padova dopo un comizio nel 1984. “Berlinguer non ha maturato (né fatto sorgere nel Partito) alcuna convincente e organica visione (e tanto meno opzione) alternativa – scrive il professore – Nel suo ‘universo mentale’ si riscontravano e si giustapponevano frammenti e stimoli e suggestioni molteplici: un’altra idea di rivoluzione, la mai chiarita ‘terza via’, un po’ di spontaneismo sessantottesco nell’erronea convinzione che fosse quello lo strumento per ‘agganciare’ le nuove generazioni , apertura all’ambientalismo e vagheggiamento di una diversa qualità della vita”.
Canfora si appoggia a Gramsci proprio per demolire l’ultimo capitolo della “metamorfosi” poco kafkiana e molto milton-friedmaniana del Pci in Pds poi Ds e infine Pd. È il celebre centro-sinistra o sinistra degli anni Novanta che abbraccia la terza via di Giddens e invece, appunto, di fare tesoro dei suggerimenti del vecchio fondatore sardo del Pci nei Quaderni dal carcere, sfodera, sostiene e appoggia governi delle politiche economiche liberiste. “È giusto riconoscere, nelle pagine di Gramsci (…) sul fascismo come ‘rivoluzione passiva del secolo XX’ e sul corporativismo come ‘terza via’ tra iper-capitalismo liberista e soluzione rivoluzionaria ‘sterminatrice’, una presa d’atto della fondatezza di quelle analisi che erano risuonate nell’aula parlamentare nei mesi decisivi del 1921-22 – ricorda Canfora – Quella terza via appare a Gramsci, nel ’32, destinata a caratterizzare il secolo XX; e la definisce capace di ‘trasformare riformisticamente la struttura economica da individualistica a economia secondo un piano’, foriera dell’avvento di ‘una economia media’ tra i due estremi”.
Insomma, il comunismo capitola proprio nel momento in cui i suoi fortuiti epigoni “democratici” (falce e martello scompaiono dal simbolo del partito nel ’98 con segretario Walter Veltroni) promuovono “un’economia media” dove viene definitivamente salutata la lotta di classe. A livello logico il ragionamento di Canfora non fa una grinza. Ma serve l’ulteriore capitoletto per comprendere che non c’è speranza e/o ritorno. Anzi che il rigetto delle origini del ’21 a sinistra in Italia è palese. Il tiro ad alzo zero è contro l’ “europeismo” come “vuota e autoingannevole ideologia” assunta “come articolo di fede dall’attuale Pd”. “Fede – spiega il professore – i cui contenuti concreti non vengono mai definiti se non con genericità (“Erasmus” per i “giovani”). Un tale “europeismo” – la cui faccia vergognosa è il Trattato di Dublino – vorrebbe essere la nuova forma dell’internazionalismo, quasi un intellettualistico ritorno ‘alle origini’… Ma nella realtà effettuale è piuttosto l’internazionalismo dei benestanti. Il suo epicentro è finanziario, con effetti, se del caso, vessatori”.
Dallo tsunami canforiano, insomma, non si salva nulla e nessuno. Nell’ultimo capitoletto intitolato E ora?, l’autore sostiene che non solo è stato cancellato il Pci ma “tutti i partiti sorti alla fine del fascismo (…) quelli che si proponevano un rinnovamento radicale, efficacemente descritto da Fanfani nel 1946 come «rivolta universale contro la civiltà capitalistica». Si tratta dunque della sconfitta (o della durevole – e chi sa per quanto tempo operante – battuta d’arresto) del disegno di libertà ‘profetato’ dal Manifesto (Comunista, ndr) del 1848”. Canfora afferma che lo spazio politico è diventato mero “business economico”, prova ne sono “la nascita di volgarità assolute come Movimento 5 Stelle o Lega Salvini (premier, ndr), o, in paesi più chic, di formazioni a denominazione ginnica come En Marche”. Coronamento, conclude, “della disintegrazione della politica in direzione affaristico-plebiscitaria”.
Politica
Pci, cosa rimane? Nemmeno una briciola, per Canfora: “Il Pd? Liberista”. E nel suo racconto della “Metamorfosi” ne ha pure per Berlinguer
In un pamphlet in libreria per Laterza il filologo con il solito stile sferzante si chiede perché la sinistra si vergogni delle sue origini. E si risponde che la trasformazione ha comportato l'abbandono dell'obiettivo di riformare in profondità il sistema capitalistico. Le nuove realtà come M5s e Lega? "Volgarità assolute": Come En Marche, dice, è il coronamento "della disintegrazione della politica in direzione affaristico plebiscitaria"
Perché la sinistra si vergogna delle sue origini comuniste, quando la destra invece rivendica le sue radici sempre con fierezza? E soprattutto perché la sinistra si attesta oggi sul binomio liberismo-europeismo antitetico rispetto alla sua ragion politica di nascita e d’essere? Non è uno spregiudicato populista rossobruno a porsi queste domande, ma il filologo Luciano Canfora. Con La Metamorfosi (Laterza, 96 pagg., 12 euro), il professore emerito di filologia greca e latina all’Università di Bari coglie l’occasione del centenario della nascita del Partito Comunista Italiano (21 gennaio 1921) per di-mostrare come dopo un secolo, di quel comunismo non tanto di lotta e rivoluzione, ma soprattutto di quella idealità egualitaria di dignità e giustizia umana, nel trisnpote che lo rappresenta – il Partito democratico – non sia rimasto nemmeno una briciolina. Il saggio del professore è, va subito detto, per i più esperti, con una conoscenza pregressa tra Paolo Spriano e l’appena compianto fu Emanuele Macaluso.
Breve, anzi brevissimo (86 paginette con corpo snello e ristretto), La Metamorfosi è incentrato tutto su una sorta di apice strategico del comunismo italiano, corpo qui largo e approfondito, ovvero il “partito nuovo” formulato da Palmiro Togliatti. Paradigma “transitorio” e non “provvisorio” che è riuscito in buona sostanza a mantenere in vita contemporaneamente l’anima “giacobino leninista” della scissione di Livorno ma all’interno dell’alveo di una vita democratica e costituzionale della nazione di provenienza e sviluppo della “via nazionale” al comunismo. Non la cessione di armi e bagagli delle origini, ma una specie di apparentemente banale ma alquanto complicato ed efficace posizionamento di un piede in due staffe. Quello che molti storici definirono “doppiezza togliattiana”, quello che per il professor Di Loreto era una collocazione tra “democrazia e insurrezione”, ma che per Canfora è semplicemente l’ultimo possibile anelito del ’21.
E per sottolineare l’assunto il professore barese pone prima una questione propositiva e poi spara un colpo di cannone inatteso proprio alla luce del veltronismo atlantista post ’89. Intanto nel ’62, poco prima di morire, Togliatti elogia il “riformismo” citando Lenin: “Dove esistono ordinamenti democratici, come da noi, che si reggono sulla presenza e combattività di un forte movimento popolare democratico e rivoluzionario, la via del riformismo non può essere presa senza affrontare riforme tali che incidano, più o meno profondamente, nella struttura stessa del capitalismo”. E ancora, sempre Togliatti: “D’altra parte, la profondità delle riforme (…) dipenderà anche e prevalentemente da noi, cioè dalla ampiezza, profondità e slancio che il movimento operaio riuscirà ad avere e a mantenere. Dipenderà dal fatto che, per l’azione di un partito rivoluzionario, com’è il nostro, non si perda mai, nelle masse lavoratrici, la coscienza del legame tra le riforme parziali e gli obiettivi più profondi del movimento operaio e socialista, e questi non vengano mai né cancellati né offuscati”.
Canfora pone il ragionamento togliattiano come summa inavvicinabile e insuperabile dell’epopea comunista in Italia. E ne sottolinea l’esclusività e la purezza, di converso, bastonando Enrico Berlinguer e il berlinguerismo. Quel sentirsi “più sicuro nel Patto Atlantico” (intervista a Giampaolo Pansa, Corriere della sera, 15 giugno 1976), quel “compromesso storico” con la Dc che significava prima di ogni altra cosa “che si era delusi della fatica di Sisifo di tentare di conquistare ‘la base cattolica’ e che si voleva ormai chiaramente parlare ai vertici”, o l’ultima carta, anzi l’arroccamento sulla Questione morale in funzione anticraxiana sono per Canfora gli orizzonti ciechi, i limiti di un autentico mito moderno del comunismo cascante come quello del segretario carismatico che morì a Padova dopo un comizio nel 1984. “Berlinguer non ha maturato (né fatto sorgere nel Partito) alcuna convincente e organica visione (e tanto meno opzione) alternativa – scrive il professore – Nel suo ‘universo mentale’ si riscontravano e si giustapponevano frammenti e stimoli e suggestioni molteplici: un’altra idea di rivoluzione, la mai chiarita ‘terza via’, un po’ di spontaneismo sessantottesco nell’erronea convinzione che fosse quello lo strumento per ‘agganciare’ le nuove generazioni , apertura all’ambientalismo e vagheggiamento di una diversa qualità della vita”.
Canfora si appoggia a Gramsci proprio per demolire l’ultimo capitolo della “metamorfosi” poco kafkiana e molto milton-friedmaniana del Pci in Pds poi Ds e infine Pd. È il celebre centro-sinistra o sinistra degli anni Novanta che abbraccia la terza via di Giddens e invece, appunto, di fare tesoro dei suggerimenti del vecchio fondatore sardo del Pci nei Quaderni dal carcere, sfodera, sostiene e appoggia governi delle politiche economiche liberiste. “È giusto riconoscere, nelle pagine di Gramsci (…) sul fascismo come ‘rivoluzione passiva del secolo XX’ e sul corporativismo come ‘terza via’ tra iper-capitalismo liberista e soluzione rivoluzionaria ‘sterminatrice’, una presa d’atto della fondatezza di quelle analisi che erano risuonate nell’aula parlamentare nei mesi decisivi del 1921-22 – ricorda Canfora – Quella terza via appare a Gramsci, nel ’32, destinata a caratterizzare il secolo XX; e la definisce capace di ‘trasformare riformisticamente la struttura economica da individualistica a economia secondo un piano’, foriera dell’avvento di ‘una economia media’ tra i due estremi”.
Insomma, il comunismo capitola proprio nel momento in cui i suoi fortuiti epigoni “democratici” (falce e martello scompaiono dal simbolo del partito nel ’98 con segretario Walter Veltroni) promuovono “un’economia media” dove viene definitivamente salutata la lotta di classe. A livello logico il ragionamento di Canfora non fa una grinza. Ma serve l’ulteriore capitoletto per comprendere che non c’è speranza e/o ritorno. Anzi che il rigetto delle origini del ’21 a sinistra in Italia è palese. Il tiro ad alzo zero è contro l’ “europeismo” come “vuota e autoingannevole ideologia” assunta “come articolo di fede dall’attuale Pd”. “Fede – spiega il professore – i cui contenuti concreti non vengono mai definiti se non con genericità (“Erasmus” per i “giovani”). Un tale “europeismo” – la cui faccia vergognosa è il Trattato di Dublino – vorrebbe essere la nuova forma dell’internazionalismo, quasi un intellettualistico ritorno ‘alle origini’… Ma nella realtà effettuale è piuttosto l’internazionalismo dei benestanti. Il suo epicentro è finanziario, con effetti, se del caso, vessatori”.
Dallo tsunami canforiano, insomma, non si salva nulla e nessuno. Nell’ultimo capitoletto intitolato E ora?, l’autore sostiene che non solo è stato cancellato il Pci ma “tutti i partiti sorti alla fine del fascismo (…) quelli che si proponevano un rinnovamento radicale, efficacemente descritto da Fanfani nel 1946 come «rivolta universale contro la civiltà capitalistica». Si tratta dunque della sconfitta (o della durevole – e chi sa per quanto tempo operante – battuta d’arresto) del disegno di libertà ‘profetato’ dal Manifesto (Comunista, ndr) del 1848”. Canfora afferma che lo spazio politico è diventato mero “business economico”, prova ne sono “la nascita di volgarità assolute come Movimento 5 Stelle o Lega Salvini (premier, ndr), o, in paesi più chic, di formazioni a denominazione ginnica come En Marche”. Coronamento, conclude, “della disintegrazione della politica in direzione affaristico-plebiscitaria”.
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Roma, 4 feb. (Adnkronos) - Disagi in vista oggi in Lombardia per chi si sposta in treno. Dalle 3 di mercoledì 5 febbraio 2025 alle 2 di giovedì 6 il sindacato Orsa ha proclamato una giornata di sciopero che potrà generare ripercussioni al servizio Regionale, Suburbano, Aeroportuale e la Lunga Percorrenza di Trenord. Viaggeranno i treni con partenza prevista dopo le 6 e dopo le 18, con arrivo previsto entro le 9 ed entro le 21.
Nel caso di cancellazione dei treni del servizio aeroportuale, saranno istituiti bus senza fermate intermedie tra: Milano Cadorna e Malpensa Aeroporto per il Malpensa Express. Da Milano Cadorna gli autobus partiranno da via Paleocapa 1. Stabio e Malpensa Aeroporto per il collegamento aeroportuale S50 Malpensa Aeroporto – Stabio.
Disagi in vista anche per chi viaggia in aereo con lo sciopero del personale delle aziende di handling associate a Assohandlers indetto dalla Flai Trasporti e Servizi.
Cagliari, 04 feb. - (Adnkronos) - È morto il principe Karim Aga Khan, fu lui il 14 marzo del 1962 a fondare il Consorzio Costa Smeralda e portare al centro del mondo un angolo di Sardegna. "Non abbiamo parole. Solo una: grazie", è il commento ufficiale del Consorzio. L'annuncio ufficiale della scomparsa arriva dall'Aga Khan Development Network. "Sua Altezza il principe Karim Al-Hussaini, Aga Khan IV, 49° Imam ereditario dei musulmani sciiti ismailiti e diretto discendente del profeta Maometto (pace sia con lui), è deceduto pacificamente a Lisbona il 4 febbraio 2025, all'età di 88 anni, circondato dalla sua famiglia". A breve è previsto l'annuncio del suo successore.
"I leader e lo staff dell'Aga Khan Development Network porgono le nostre condoglianze alla famiglia di Sua Altezza e alla comunità ismailita di tutto il mondo - si legge in una nota -. Mentre onoriamo l'eredità del nostro fondatore, il principe Karim Aga Khan, continuiamo a lavorare con i nostri partner per migliorare la qualità della vita degli individui e delle comunità in tutto il mondo, come lui desiderava, indipendentemente dalle loro appartenenze religiose o origini".
Roma, 4 feb. (Adnkronos) - "La presidente del Consiglio riferisca in Parlamento sulla vicenda Almasri. Prima lo farà, prima potrà occuparsi dei gravi problemi del Paese e tentare qualche soluzione alla crisi industriale, al Pil che ristagna, alla sanità ormai alla deriva. Perda meno tempo nella comunicazione social e ne trovi per cose più gravi e urgenti. Chi la segue nei suoi video e poi legge la bolletta della luce e del gas comincia a chiedersi come mai tanta distanza fra la realtà e la rappresentazione che ne dà Meloni. Sulla vicenda Almasri ci metta la faccia, ma in Parlamento e non su X o Instagram. Solo così potrà chiudere una vicenda gestita male e conclusa peggio". Lo dice Daniela Ruffino di Azione.
Roma, 4 feb. (Adnkronos) - Fdi e Lega all'attacco del Pd sull'inchiesta campana sul favoreggiamento dell'immigrazione clandestina che vede coinvolto il tesoriere regionale dem, Nicola Salvati, già sospeso ieri dal partito. "Siamo sconcertati da queste notizie che coinvolgono i 'buoni e generosi' del Pd. Se le accuse fossero confermate sarebbe gravissimo", attacca direttamente Matteo Salvini via social. Anche la premier Giorgia Meloni dedica un post alla vicenda sottolineando come l'inchiesta campana confermi "ancora una volta quanto denunciato dal Governo: per anni, la gestione dei flussi migratori è stata terreno fertile per criminali senza scrupoli". La premier garantisce: "Continueremo a lavorare per ristabilire regole serie e legalità".
Non tarda la replica dei dem che, dopo aver sospeso ieri Salvati, oggi hanno incaricato il tesoriere nazionale del Pd, Michele Fina, di assumere la gestione della tesoreria regionale. "Quanto al merito della vicenda, oltre ad averlo rimosso dall'incarico di tesoriere, dopo un secondo lo abbiamo immediatamente sospeso in via cautelare dall'anagrafe degli iscritti del Pd -sottolinea lo stesso Fina-. E' giusto il caso di osservare che una ministra della Repubblica, rinviata a giudizio per falso in bilancio e sotto indagine per truffa ai danni dello Stato, siede ancora tranquillamente al suo posto. Prego di notare le differenze".
Nella vicenda intervengono anche i 5 Stelle. Il capogruppo Riccardo Ricciardi va giù duro: "Per qualsiasi percorso di alleanza, nazionale o territoriale, ci vuole la massima intransigenza. Ci auguriamo che chi vuole sottoscrivere un accordo con i 5 stelle faccia una pulizia totale in casa propria". Una 'pulizia' che in Campania la stessa Elly Schlein ha come obiettivo. Giuseppe Conte ricorda come "l'etica pubblica è fondamentale" per i 5 Stelle ma è su Meloni che il leader M5S batte, anche su questa vicenda. E a stretto giro ribatte via social al post della premier. "Non posso crederci: Meloni, davvero hai fatto un post per denunciare che l’'immigrazione non può essere lasciata in balia della criminalità'? Cioè tu scappi dal Parlamento per non spiegare agli italiani perché hai rimpatriato con volo di Stato un boia, con accuse di stupri di bambini, al centro dei traffici di migranti e oggi te ne esci con un post così? Ma davvero ti sei convinta che noi italiani siamo tutti idioti a eccezione di te, tua sorella e dei tuoi stretti sodali? Per farti tornare alla realtà ti allego due immagini: in una il criminale Almasri che scende dal volo di Stato, nell'altra una notizia di qualche mese fa dai comuni d'Italia".
Roma, 4 feb. (Adnkronos) - “Giorgia Meloni continua a fuggire dal parlamento preferendo parlare continuamente sui social, quasi fosse una influencer e non la Presidente del Consiglio. Manda i due ministri, Nordio e Piantedosi, che avevano fatto saltare la precedente informativa con una motivazione menzognera: siccome c'era il segreto istruttorio e per rispetto delle indagini, non avrebbero potuto partecipare. Mentivano sapendo di mentire". Così Angelo Bonelli, parlamentare di AVS e portavoce di Europa Verde.
"Perché la Legge Costituzionale n°1 del 16 gennaio 1989, all'articolo 6, stabilisce in modo inequivocabile che il procuratore invia la denuncia al tribunale dei ministri senza svolgere alcuna indagine. È quindi evidente che gli interessati sapevano che non ci sono indagini e che non c'è alcun segreto istruttorio da rispettare. Infatti, domani i ministri Piantedosi e Nordio si presentano a Montecitorio per l'informativa. Si presentano per non far venire la premier Meloni: colei che ha accusato l'opposizione, in particolar modo Alleanza Verdi e Sinistra, di essere amici dei trafficanti di esseri umani".
"Ora l'Italia e l'opinione pubblica internazionale hanno la prova che lei è amica e complice dei trafficanti di esseri umani. Giorgia Meloni venga in Aula a spiegare perché! È ora di farla finita con il complottismo e il vittimismo da propaganda di Giorgia Meloni, che sparge sui social e nelle trasmissioni televisive amiche", conclude Bonelli.
Civitavecchia, 4 feb. (Adnkronos) - "Sono in corso i lavori per la costruzione del nuovo Terminal Donato Bramante che, ci auguriamo, sarà pronto entro la seconda parte del 2025. Sarà una struttura completamente green che migliorerà l’esperienza dei crocieristi che vengono qui a Civitavecchia. Abbiamo inoltre completato l’impianto fotovoltaico del Terminal Vespucci, che quindi sarà interamente alimentato da energia rinnovabile. Stiamo lavorando sul rinnovamento del design del Terminal 10 per poi trasferirlo al 18 e che sarà dedicato alle navi boutique, a conferma della vocazione di Civitavecchia come hub europeo principale per questo genere di imbarcazioni". Ad affermarlo è John Portelli, Direttore Generale della Roma Cruise Terminal (Rct) alla conferenza stampa che si è tenuta presso la Sala Comitato dell’AdSP – Molo Vespucci snc a Civitavecchia – illustrando i molteplici interventi infrastrutturali che stanno rendendo il porto di Civitavecchia sempre più funzionale ed ecosostenibile.
"Ma ci sono altri progetti importanti che vedono il ripensamento di tutta l’area portuale di Civitavecchia – continua Portelli -, i nuovi varchi che saranno inaugurati nel 2025, il ponte che collegherà questa parte del porto con le banchine delle crociere. E poi, le nuove bitte di 300 tonnellate che sono piuttosto rare nei porti italiani e che sono fondamentali per dare flessibilità agli ormeggi, specialmente per le grandi navi che si fermano nel porto di Civitavecchia".
Civitavecchia, 4 feb. (Adnkronos) - "Dopo aver superato la soglia dei 3 milioni di turisti in transito nel porto di Civitavecchia, l’anno scorso, traguardo mai raggiunto da nessun porto in Italia, oggi celebriamo il risultato di 3.459.000, un risultato importantissimo e straordinario, non solo su base nazionale, ma europeo e mondiale, visto che siamo secondi – e, ormai, di poco – solo a Barcellona, e contiamo di superarla in un paio d’anni, posizionandoci ormai tra i primi sei porti crocieristici al mondo". Ad affermarlo è Pino Musolino, Commissario Straordinario dell’AdSP del Mar Tirreno Centro Settentrionale, in occasione della conferenza stampa che si è tenuta presso la Sala Comitato dell’AdSP – Molo Vespucci snc a Civitavecchia – per illustrare i dati delle crociere del 2024 e le prospettive di sviluppo del traffico crocieristico.
"Un altro dato importante – continua Musolino – riguarda anche l’effetto che le crociere turnaround, cioè che partono e arrivano a Civitavecchia hanno prodotto sui servizi di ricettività della città. Il 79% degli operatori di bed and breakfast o di alberghi dichiara che senza le crociere il loro lavoro sarebbe fortemente penalizzato. Parliamo di ristoranti, parcheggi fuori dal porto un’industria che produce tanto lavoro in molti settori”. Un indotto che non favorisce solo Civitavecchia, ma di cui beneficia, ovviamente, oltre alla città di Roma, meta di riferimento per i turisti delle crociere, anche tutto il territorio laziale. “In questi anni, siamo riusciti a mandare oltre 20.000 persone in località come Viterbo e Bomarzo", conclude il Commissario Straordinario dell’AdSP del Mar Tirreno Centro Settentrionale.