Presidente Conte, è il momento di allargare l’esecutivo. Ai cittadini, prima che ai transfughi.
Il nostro non è il solito invito a fare l'”interesse degli italiani”, espressione abusata e consumata. È invece un appello ad investire attenzione e risorse su vecchi e nuovi strumenti di coinvolgimento civico, sui quali l’Italia sta accumulando ritardo: dalle assemblee dei cittadini estratti a sorte alle leggi di iniziative popolari e ai referendum.
Il piano governativo per utilizzare i fondi del Next Generation Eu è stato elaborato senza alcuna forma di coinvolgimento dei cittadini; lo stesso vale per le grandi questioni strategiche del nostro tempo, dai provvedimenti sui cambiamenti climatici ai piani anti-pandemici e vaccinali. Nel frattempo l’Italia è stata condannata oltre un anno fa dal Comitato dei diritti umani dell’Onu per la discriminazione dell’accesso al diritto al referendum grazie al ricorso Staderini-De Lucia, senza che il Governo abbia preso alcuna misura per rimediare.
Solo il Parlamento, con la legge di bilancio, ha votato la richiesta di una piattaforma per la firma digitale delle iniziative popolari, che il Governo dovrà rendere operativa entro fine anno. Nel frattempo all’estero qualcosa di importante si muove.
In Irlanda – seguendo la scia e le esperienze all’insegna del sorteggio tenutesi in Canada, Olanda e Islanda – è stata istituita nel 2013 un’Assemblea della durata di un anno per deliberare sulla riforma di otto articoli costituzionali. Ne facevano parte, accanto a politici eletti, 100 cittadini estratti a sorte, in modo da ottenere un campione rappresentativo della popolazione nazionale: sulla base della provenienza geografica, l’età, il genere ed altri criteri statistici. Le deliberazioni dell’assemblea, e le successive esperienze tenutesi su questo modello, hanno consentito riforme storiche sul piano dei diritti civili, che per decenni la politica tradizionale non era riuscita ottenere: dalla legalizzazione dell’aborto all’introduzione del matrimonio egualitario.
Lo scorso anno in Francia un altro tipo di assemblea dei cittadini estratti a sorte, la Convention Citoyenne pour le Climat, ha avuto il compito di suggerire politiche per ridurre le emissioni di gas a effetto serra del Paese. Per farlo, 150 cittadini si sono riuniti per sette fine settimana, assistendo ad audizioni di esperti, parti sociali, stakeholder, amministratori locali, Ong, funzionari pubblici e politici: un genere di approfondimento, su un tema urgente come il cambiamento climatico, che difficilmente le assemblee elette sono in grado di avere, schiacciate da logiche di campagna elettorale permanente e dall’inseguimento del consenso a breve termine.
Il presidente Macron, che ha voluto e istituito la CCC, ha deciso che le raccomandazioni dei cittadini potranno essere o oggetto di un referendum, o direttamente applicabili per decisione del Governo, oppure trasmesse al Parlamento per un vaglio di quest’ultimo. L’esperienza ha avuto un tale successo e una tale presa nel dibattito pubblico nazionale che Marcon ha deciso di replicarla su un tema nuovo e di stringente attualità, istituendo qualche settimana fa un gruppo di 35 cittadini sorteggiati che dovrà valutare e suggerire nuovi indirizzi per la campagna vaccinale contro il Covid19.
La proposta di convocare anche in Italia un’assemblea di cittadini estratti a sorte sui cambiamenti climatici è contenuta nella proposta di legge del Comitato “Politici per caso”, sostenuto tra gli altri dal movimento di iniziativa popolare “Eumans”. La raccolta firme non è ancora potuta partire a causa della pandemia e dell’impossibilità di firmare da remoto. Nell’era dello smartworking, la preoccupazione di rendere attivabile a distanza anche la democrazia evidentemente non è entrata negli obiettivi del Governo né delle Regioni.
Il risultato dell’allontanamento dei cittadini dalla politica è davanti agli occhi di tutti in termini di autoreferenzialità: la ricerca di una nuova maggioranza parlamentare non si fonda su contenuti concreti che esprimano una visione del mondo, ma su generiche evocazioni di forze “europeiste e liberali” dalle quali dovrebbe arrivare il sostegno di qualche senatore. Se invece si guardasse all’Europa ci si accorgerebbe che il riorientamento strategico della Commissione Von der Leyen rispetto al precedente esecutivo europeo si fonda – almeno nelle intenzioni – su direttrici ben individuabili, come i cambiamenti climatici, l’innovazione digitale, la partecipazione democratica e lo Stato di diritto.
I primi passi compiuti sono ancora incerti e contraddittori, ma almeno la direzione di marcia sembra indicata, con la presentazione del “green deal”, il pacchetto di misure sui servizi digitali, l’accordo sulla condizionalità dei fondi Ue al rispetto dei valori democratici e la convocazione (anche se solo annunciata) di una Conferenza per il futuro dell’Europa. La pandemia ha complicato le cose, ma al tempo stesso ha consentito di compiere passi in avanti come gli investimenti finanziati con debito europeo attraverso il Next Generation Eu, e come l’azione comune sui vaccini verso una “Unione europea della salute” sulla quale la Commissione è a lavoro.
A Bruxelles hanno capito – tra mille difficoltà e incertezze, anche dovute al boicottaggio da parte di alcuni Governi nazionali – che il potere da solo non basta a governare e che la legittimazione popolare si conquista soprattutto tra un’elezione e l’altra mostrando di saper dare ascolto alle priorità sociali.
In Italia i partiti hanno dimostrato che la loro evanescenza e perdita di radicamento sociale non li mette nelle condizioni di operare un simile scatto in avanti. Per questo serve operare immediatamente non solo per ridare centralità allo strumento parlamentare – uscendo dall’emergenzialismo istituzionale che non è più giustificabile a quasi un anno dall’inizio della pandemia – ma anche per attingere all’energia di idee e di passione che può arrivare dai cittadini, se messi nelle condizioni di non assistere passivamente alla vita pubblica.
Prima ancora della legge elettorale, la priorità delle riforme istituzionali deve riguardare la democrazia partecipativa.