Nell’ultima versione del Piano nazionale ripresa e resilienza non c’è più traccia del progetto con cui Eni vuole realizzare al largo di Ravenna il più grande Centro di cattura e stoccaggio di CO2 al mondo. Che, come previsto nella bozza numero 2 datata 29 dicembre 2020, avrebbe invece dovuto ricevere – insieme a interventi di realizzazione o conversione di altri impianti della multinazionale energetica – parte delle risorse del Recovery fund destinate alla ‘Rivoluzione verde e la transizione ecologica’. Si trattava di 1,35 miliardi solo per il centro di Ravenna. Ma se, proprio come in una partita, la notizia del finanziamento aveva fatto indignare, tra gli altri, Greenpeace, Legambiente e Wwf (“Diverse misure sembrano scritte sotto dettatura di Eni”), dopo la scomparsa del progetto dal piano a indignarsi, dall’altra parte del campo, sono sindacati e imprese, forti anche del sostegno che il sindaco dem di Ravenna Michele De Pascale ha sempre dato al progetto. Un’altra protesta che, ancora una volta, potrebbe fino all’ultimo spostare l’ago della bilancia.

NIENTE CCS NELL’ULTIMA VERSIONE DEL PIANO – Operazione finora riuscita agli ambientalisti e anche al M5S, che ha chiesto lo stralcio del progetto del Ccs, come raccontato al Manifesto dal portavoce del movimento in commissione Ambiente della Camera, Giovanni Vianello. Di fatto, ad oggi il progetto di Eni è scomparso dal testo andato in cdm. Non si sono fatte attendere le reazioni. Prudente quella di Greenpeace, che da tempo dà battaglia al progetto con cui Eni vuole utilizzare i propri giacimenti di gas in via di esaurimento al largo della costa ravennate “per immettervi 300-500 tonnellate di CO2 ad altissima pressione” risultante da processi industriali o dall’attività degli stessi impianti dell’azienda. “Apprezziamo la correzione di rotta e auspichiamo che simili progetti non riemergano in una fase più avanzata”, scrive l’organizzazione, annunciando che continuerà a chiedere a Eni di abbandonare gli investimenti per l’estrazione di idrocarburi (gas compreso) e “di investire davvero nelle rinnovabili, tanto decantate nei suoi slogan, alle quali vanno invece solo le briciole”.

In una nota congiunta Fridays For Future e gli attivisti della campagna ‘NO CCS’ esprimono soddisfazione per l’eliminazione del riferimento al progetto Eni nell’ultima bozza del Pnrr. “I motivi possiamo intuirli – scrivono – forse l’Europa, che scommette sull’idrogeno verde più che sul blu, non avrebbe approvato un progetto così costoso e allo stesso tempo vago e incerto”. Anche in questo caso, però, resta il livello di allerta dato che “il CCS figura ancora nel piano industriale di Eni, che sta già pensando di finanziarlo attraverso dei green bond”.

DIVAMPA LA POLEMICA. E PARTE DA RAVENNA – Oltre che la soddisfazione (anche se prudente) degli ambientalisti, la notizia non poteva che destare malumori e proteste da parte di chi, invece, sul progetto punta. E contava anche sui soldi pubblici. Cgil, Cisl e Uil ritengono il comportamento del governo “schizofrenico” e manifestano la loro preoccupazione per l’ultimo cambio di rotta. Secondo Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec “è un’assurdità” che il finanziamento all’impianto non compaia nel testo. Il sindacalista non vede altre strade: “La decarbonizzazione del sistema industriale deve poter passare per il ciclo combinato del gas, sulla cattura e sullo stoccaggio dell’anidride carbonica”. Per Azione Ravenna, il gruppo che nasce a supporto del movimento politico lanciato da Carlo Calenda, si tratta di “una grave decisione che rischia di minare le basi del progetto stesso, e che potrebbe portare alla scelta di realizzare l’opera in paesi maggiormente attenti all’innovazione”.

E se per il gruppo il progetto “fornirebbe un’occasione di rilancio” per il settore offshore italiano e soprattutto ravennate “già penalizzato dal blocco delle trivellazioni”, il movimento Potere al Popolo si rivolge direttamente al sindaco, chiedendogli di prendere posizione, dopo un’intervista rilasciata dal primo cittadino al Sole 24 Ore, sottolineando che a quelle latitudini il progetto Eni non ha raccolto affatto l’unanimità dei consensi. “Desideriamo informare il nostro sindaco – scrivono – che sul territorio di Ravenna ci sono da anni cittadini, associazioni, comitati, gruppi politici che si oppongono a questo uso indiscriminato delle fonti fossili e guardano con speranza l’uso delle fonti rinnovabili”.

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