Meno male che Joe Biden c’è. Meno male, soprattutto, che possiamo assistere al suo insediamento e alle sue prime decisioni, distraendoci dal triste spettacolo della politica italiana, dove stanno vincendo solo i soliti egoismi di parte, tra Renzi che sta minando un governo senza alternative e i nuovi “responsabili” che dopo il voto di appoggio già sognano ministeri. Meno male, dunque, che Biden c’è anche perché, finalmente, vediamo un leader politico che parla tantissimo di clima. Anzi, come Biden ha detto spesso in campagna elettorale, il clima, insieme alla lotta al Covid-19, che negli Stati Unti ha fatto ormai più morti della Seconda guerra mondiale, una strage, è la prima emergenza del Paese. Non a caso uno dei primissimi atti, dal valore sia simbolico, sia concreto, è il rientro negli accordi di Parigi, da cui Trump era uscito gettando nella disperazione ambientalisti e cittadini di mezzo mondo.
Che il riscaldamento globale sia una minaccia esistenziale e dunque un nemico contro cui combattere Biden lo ha capito benissimo. Non solo lo sa, lo teme realmente, perché sa di che cosa si sta parlando. Sa che il suo Paese è il secondo emettitore mondiale di emissioni, sa che schierare gli Stati Uniti nella lotta ai cambiamenti climatici è fondamentale per il mondo intero; il nuovo presidente intende giocare un ruolo centrale nei nuovi negoziati per il clima, trascinando con sé numerosi paesi, consentendo di alzare l’asticella delle ambizioni climatiche negli Stati Uniti come nel mondo. Le sue convinzioni non sono vaghe dichiarazioni, sono già operative, si stanno traducendo infatti in decisioni concrete. Che bloccheranno le trivelle e nuovi oleodotti, la distruzione dei parchi naturali, che metteranno in pratica politiche serie di decarbonizzazione. Non a caso Biden ha messo persone di grande competenza nei ruoli chiavi legati alla lotta al clima, come ad esempio alla presidenza dell’Epa, l’Environmental Protection Agency. Insomma con Biden i cittadini statunitensi sentiranno parlare di clima tutti i giorni e questo è estremamente positivo perché se i cittadini conoscono il problema contribuiscono attivamente a sconfiggerlo. Mentre possono mettere in atto misure di prevenzione, riducendo i danni anche su se stessi.
E veniamo in Italia. Chi parla, tutti i giorni e con forza, di Accordo di Parigi, lotta al cambiamento climatico, decarbonizzazione? Nessuno. Non ne parlano il governo attuale e i suoi ministri, non ne parla il Movimento 5 Stelle, non ne parla il Pd – figuriamoci -, non ne parla l’opposizione che non sa neanche di cosa, appunto, si parli. L’intera classe politica italiana, diciamolo, è ignara del tema, o quanto meno non ne fa un punto di battaglia politica, e questo ha dell’incredibile anche nella misura in cui questo consentirebbe di portare consensi, visto che la maggioranza delle persone è preoccupata. Non solo. Parlare di cambiamento climatico oggi, e anche di tutti i temi connessi, perché la lotta al clima significa anche cambiamenti sociali radicali – significherebbe finalmente e nuovamente avere una destra e una sinistra, consentirebbe a quest’ultima di avere una fisionomia visionaria, utopica, di proporre un cambiamento radicale che oggi si riduce invece, come ho scritto la settimana scorsa, alla stanca retorica “donne, giovani, sud“, buona per ogni stagione. Consentirebbe, insomma, di darci una buona ragione per votarli.
Ecco perché il nostro arco parlamentare appare così grigio. Ecco perché il nostro Recovery Fund è così debole anche sulla parte che riguarda la transizione energetica, i cui fondi per fortuna sono blindati altrimenti ci saremmo ritrovati con un piano nero, altro che green. Si dice che l’emergenza del momento è il covid-19 e bisogna occuparsi di quello ma Biden non l’ha certo sottovalutata, anzi, tuttavia l’ha messa a fianco della lotta per il clima, come due emergenze diverse ma egualmente tali. Si può fare, basta sapere di che stiamo parlando, basta conoscere i fatti, la realtà.
Oltretutto stupisce che la nostra “sinistra”, tanto filoatlantista pure a volte in maniera un po’ ottusa, non riesca a importare d’oltreoceano il tema più fondamentale per il nostro presente e futuro, ovvero la lotta al riscaldamento globale, appunto. Forse, come su altri temi, ci arriveranno tra qualche anno, quando sarà troppo tardi. O forse, grazie a Biden, capiranno che se ne devono occupare, ma non è sicuro che lo sappiano fare, viste le scarse competenze dei nostri politici – moltissimi dal curriculum modesto, neanche laureati – e la loro scarsa umiltà, perché di esperti e di associazioni ambientaliste che tutto sanno è pina l’Italia e basterebbe, appunto, chiedere. È molto più probabile che puntino su un greenwashing di facciata, come in parte fanno già oggi, magari quando se ne ricordano o quando sono incalzati dalla cronaca, per poi dimenticarsene, un po’ come fanno anche molti giornali. A ogni modo, oggi, per sognare, cioè vedere una politica radicalmente riformista sul clima e altro, ci tocca guardare oltreoceano. Da noi, vige come al solito la regola della triste sopravvivenza.
PS: Ho ricevuto molte critiche per questo blog, anche da parte di amici ambientalisti. Mi è stato fatto notare che non si può parlare dell’intero arco parlamentare, perché ci sono numerose eccezioni di deputati impegnati nella lotta climatica, nonché ministri come Sergio Costa. Non era mia intenzione fare critiche generaliste o qualunquiste, tuttavia non credo che affermare che la politica italiana sia fondamentalmente disinteressata alla crisi climatica sia un errore. Questo è evidente nella misura in cui, al contrario di quanto fa Biden, il contrasto al riscaldamento globale non viene mai citato, mentre l’azione politica e normativa contro il clima è assolutamente debole. Ne è una dimostrazione la seconda bozza del Recovery Plan. Non faccio che ricevere o leggere proteste delle associazioni ambientaliste, deluse dall’assenza di temi chiave quali la biodiversità o le foreste.
Il mio post nasceva dunque da un’amarezza, acuita dal contrasto rispetto a quanto avviene negli Usa, dove il clima è diventato oggetto di dibattito pubblico. Come mille volte ho scritto, la colpa è anche dei giornali, ma ovviamente anche della politica. I partiti citati, Pd, Cinque Stelle, l’intera opposizione non hanno in alcun modo la crisi climatica come priorità. Mi sembra un dato di fatto incontrovertibile. Tuttavia mi scuso se il blog è sembrato non tenere conto degli enormi sforzi dei tanti che lottano per il clima (noi giornalisti che ci occupiamo di ambiente compresi). Non c’era alcuna intenzione di sottovalutare il loro lavoro, anzi. Farò più attenzione in futuro.