L’ombra delle elezioni anticipate comincia a proiettarsi su una crisi politica che non esce dall’impasse. Con il governo che sembra avere difficoltà ad allargare la maggioranza in Parlamento, il rischio per la maggioranza è di andare sotto sulla relazione di Alfonso Bonafede. Tra mercoledì e giovedì il guardasigilli esporrà alla Camera e al Senato la sua relazione sulla giustizia, che potrebbe mettere a rischio la tenuta dell’esecutivo: rappresenterebbe la prima saldatura dell’asse tra Matteo Renzi e Matteo Salvini pronti a trasformare la giustizia in un campo minato per la maggioranza di Giuseppe Conte. Ecco perché l’ipotesi di un ritorno alle urne comincia a non sembrare così improbabile. Con tutti i rischi ad essa collegati. “Se si andasse al voto non potrebbe essere questo governo a presentare il Recovery. Sarebbe gravissimo per il Paese e paradossale per le forze che in questo governo hanno fatto e vinto una battaglia per migliorarlo”, avverte il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola in un’intervista su La Stampa: “Tutti gli scenari a questo punto sono possibili, non perché me lo auguri, ma in situazioni come queste possono accadere cose che vanno oltre la volontà dei singoli”. “Non dobbiamo correre” il rischio di buttare questa opportunità storica, aggiunge l’esponente del Pd: “Siamo il Paese europeo che può avere più fondi di chiunque altro, e invece siamo dentro a un dibattito che somiglia ad un enorme autodafé. Il Paese che più di ogni altro ha premuto per l’istituzione di un debito comune si permette una crisi di governo nel momento cruciale. Non siamo stati noi a produrre una rottura insanabile, Renzi ha fatto tutto da solo. Ci si può chiedere un’abiura di quanto fatto nell’ultimo anno e mezzo?”. Con gli attuali numeri in Parlamento non è possibile gestire un anno così complicato, “lo diciamo da giorni. E non lo pensiamo solo noi, ma anche molti in Europa. Io purtroppo questa pressione la respiro”.
Boccia: “Renzi? Confronto ma senza ricatti” – Di rischio elezioni anticipate parla anche un altro esponente del governo, Francesco Boccia. “O noi troviamo le ragioni di questa alleanza sociale che abbiamo costruito un anno fa… oppure mi pare evidente che non c’è una strada alternativa al giudizio degli italiani. Non è una minaccia, ma una considerazione”, dice il ministro degli Affari regionali, ospite di SkyTg24. “Questa è una crisi che solo il Parlamento può risolvere. Con trasparenza le forze politiche si diranno quello che si devono dire in Parlamento”. L’esponente del Pd socchiude la porta a Italia viva. “Noi ci siamo sempre stati, Renzi lo sa. Possiamo confrontarci in qualsiasi momento, il problema è non farlo con un ricatto, questo non è accettabile”, dice Boccia sottolineando che però serve da parte di Italia viva “un passo indietro“. “E io non vedo passi indietro” ha detto, ribadendo la necessità che si “riveda la valutazione politica” che ha portato alle dimissione delle ministre. Boccia conferma che “in questa crisi irresponsabile aperta da Italia viva non c’è alternativa a Conte Premier. Vedo sempre più il rischio di finire come nella corsa in auto in gioventù bruciata. I parlamentari di Italia Viva sono stati eletti dal Pd e nel Pd e trovo inimmaginabile che possano votare con Salvini e Meloni contro il Pd”.
Tabacci: “Numeri incerti, rischio urne” – Convinto del rischio di ritorno alle urne è Bruno Tabacci, il leader di Centro democratico diventato in questa fase uno di principali pontieri pro governo: da giorni cercare parlamentari “costruttori”, disponibili cioè a sostenere Conte. “Ho fatto quello che potevo ma i numeri restano incerti e a questo Paese non serve una maggioranza raccogliticcia. A Conte ho suggerito un gesto di chiarezza: dimettersi per formare un nuovo governo. E se non ci riesce, si va al voto. Per vincere”. La ricerca di voti in Parlamento per allargare la maggioranza non procede come sperato. “I numeri al momento non si sono materializzati”, osserva Tabacci, che teme il voto sulla relazione sulla giustizia: “Lo ritengo un passaggio più pericoloso di quello appena vissuto: perché alla questione politica generale se ne unisce una di merito, su un tema divisivo”.
Il nodo Bonafede, M5s lo blinda – Sulla relazione Bonafede Pier Ferdinando Casini – uno dei 156 che hanno votato la fiducia al governo – esclude a priori “di poter votare a favore”. Italia viva aveva annunciato il suo voto contrario, ma oggi lancia segnali di dialogo per bocca di Teresa Bellanova: In Senato, dice, “ascolteremo e poi voteremo. Certo, il ministro Bonafede non può metterla sul piano di un confronto personale, perchè qui si tratta di idee politiche”. Segnali molto deboli visto che l’ex ministra aggiunge subito dopo: “Se la relazione si basa sulle idee che Bonafede ha portato avanti negli anni è difficile che Italia Viva possa votarla”. I 5 stelle, da parte loro, blindano il ministro e capodelegazione: “Chi annuncia un voto contrario pregiudiziale – dicono – alla relazione sullo stato della giustizia del ministro Bonafede, senza nemmeno averla letta, lo fa in modo chiaramente strumentale. L’operato di Bonafede va giudicato nel merito, tenendo conto delle difficoltà di un anno con i tribunali chiusi causa pandemia. Chi vuole migliorare la nostra giustizia può farlo in Parlamento con le riforme del processo civile e penale. Chi intente usare questo passaggio parlamentare per aggravare questa già assurda crisi di governo, lo faccia in modo esplicito con altre argomentazioni”. Su twitter è diventato trend topic l’hashtag #bonafedenonsitocca. Grazia D’Angelo, capogruppo del Movimento 5 Stelle nella Commissione Giustizia di Palazzo Madama, avverte: “Un voto contrario alla relazione Bonafede, chiaramente strumentale, rischia di mandare in discussione il futuro economico del Paese che ora dipende dal Recovery Plan il cui destino è strettamente legato al buon esito delle riforme della giustizia che l’Europa ci chiede da tempo”.