Il libraio di Venezia - 3/3
C’è un libro che ha per protagonisti i libri. Al plurale. Un coro di titoli, autori, ricordi, suggestioni, emozioni. Protagonisti però di una sciagura. Un’acqua alta fuori dall’ordinario che fa annegare Venezia in un novembre cupo e ventoso, ancora senza Mose, con paratie tradizionali antifango e stivaloni a metà coscia. Sott’acqua, per la precisione i 187 centimetri del 12 novembre 2019, ne Il libraio di Venezia (Feltrinelli) ci finiscono in tanti: baristi, pizzaioli, edicolanti, droghieri. Ma per l’autore del romanzo breve, Giovanni Montanaro, veneziano anche lui, giovanissimo e avvocato nella vita, scrittore che sembrava oramai inclinato e a suo agio nel territorio del romanzo storico (Le conseguenze, Tutti i colori del mondo, La croce Honninfjord), il vero spazio allagato, è la libreria Moby Dick del robusto e determinato Vittorio. Cadorino dalle camicie a scacchi, in laguna come studente di economia, “ha incontrato una ragazza irlandese che lavorava in una galleria d’arte in piazza San Marco. Lei l’ha baciato due volte, una hanno fatto l’amore, poi l’ha lasciato e gli ha regalato un’edizione di Melville”. Vittorio è la summa dell’eccentricità da panda che ha assunto oggi in Italia (e non solo) il libraio indipendente: solitario, nostalgico, guadagni quasi zero, iniziative di ogni tipo per vendere libri, aperto oltre gli orari perché magari si è fermato a leggere in negozio. Questo l’innesco di una storia immersa in un’atmosfera più alla Pane e tulipani (riappare pure Rosalba!) che alla Tiziano Scarpa. Perché il Vittorio invaghito della giovane Sofia scivola per un attimo via, sotto l’occhio attento da dietro una finestra in prima persona di un narratrice/osservatrice, per far spazio al nefasto fortunale e alla pioggia di stravento, al racconto della marea che si alza, inghiotte e distrugge. Fluttuano così tre le calli di san Giacomo gli Arbasino, i Saramago, i Fitzgerald e i Rilke, Agatha Christie la Ferrante e Harry Potter. Dramma che poi si trasforma in rinascita, si aggrappa alla zattera di Huckleberry Finn, riannoda i fili del rocambolesco, delle trame che funzionano a meraviglia, dei phon che fanno miracoli. Acquetato l’impeto della natura, sconfitta la tirchieria classista da sotoportego veneziano, le “macchie che diventano storia” si salvano perché Venezia è una fiaba. E vissero tutti, lettori e contenti. Con una dettagliata mappa e storia di tutte le piccole librerie di Venezia in fondo al libro. La Moby Dick, ovviamente, non esiste (oppure no?). Voto (asciutto): 7+