Il segno che qualcosa è cambiato è apparso presto sul viso di Anthony Fauci, il consulente della Casa Bianca in materia sanitaria. Nella sua prima conferenza stampa da quando Joe Biden è diventato presidente, Fauci ha spiegato che “l’idea che puoi salire su questo podio e far parlare la scienza, è qualcosa di liberatorio”. Ai giornalisti che gli domandavano di raccontare com’è stato lavorare con Donald Trump, Fauci ridacchiando ha risposto che “non è certo un piacere contraddire il presidente”. A sostenere le parole di Fauci è stato Joe Biden in persona: “Vogliamo che i nostri medici lavorino senza alcuna interferenza politica e che prendano le loro decisioni basandosi esclusivamente sulla scienza e sulla salute, senza considerare le conseguenze politiche”.
Sembra quindi chiudersi, con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, il periodo tumultuoso che ha contrassegnato i rapporti tra scienza e potere politico durante i quattro anni dell’amministrazione Trump. Lo scontro è esploso nell’ultimo anno, con la pandemia e con le prese di posizione dell’ex presidente: prima il tentativo di ridurre il Covid-19 a semplice influenza, poi il consiglio di darsi una bella lavata nelle vene con l’ammoniaca, infine il fastidio per mascherine e distanziamento sociale. Il vero punto dolente, quello che ha accelerato contagi e vittime, sembra però soprattutto uno: la mancanza di un’azione di coordinamento federale alle strategie di lotta al virus.
La questione Covid è però soltanto l’ultimo episodio di una guerra che l’amministrazione precedente ha combattuto contro la scienza e gli scienziati. Nel Silence Science Tracker inaugurato dalla Columbia University si citano oltre 450 episodi in quattro anni – tra manipolazione dei dati scientifici, censura, taglio ai finanziamenti – di cui si è resa responsabile l’amministrazione Trump. L’uscita dagli accordi di Parigi e la deregulation selvaggia in tema ambientale sono forse gli episodi più clamorosi e gravidi di conseguenze che illustrano le posizioni dell’amministrazione Trump.
È comunque in materia di Covid, come prevedibile, che sono arrivati i primi provvedimenti di Biden: ordini esecutivi per accelerare la raccolta dei rifornimenti per vaccinazioni, equipaggiamenti protettivi, medicinali per la cura del coronavirus (con l’obiettivo di vaccinare 50 milioni di americani nei primi 100 giorni della nuova amministrazione); l’obbligo di indossare le mascherine negli edifici federali e sui mezzi di trasporto interstatali; la creazione di un National Pandemic Testing Board e di una Health Equity Task Force che dovranno aumentare la capacità di testare la popolazione e la raccolta di informazioni sulla diffusione del virus.
Non è detto ovviamente che lo sforzo possa avere successo. Lo ha riconosciuto lo stesso Biden, ammettendo ancora una volta che “dovrà andare peggio, prima che vada meglio”. Si tratta della “brutale verità”, ancora parole del presidente, che illumina la difficoltà di mettere sotto controllo il virus, a prescindere dal colore politico dell’amministrazione. Del resto, le polemiche dei mesi scorsi sulla gestione della crisi sanitaria riguardano più gli atteggiamenti dell’ex presidente, spesso discutibili e portati a minimizzare il rischio, che le politiche dell’amministrazione nel suo insieme. Proprio l’amministrazione Trump, attraverso l’Operation Warp Speed, ha finanziato con 11 miliardi la ricerca e lo sviluppo dei vaccini. Quello che è mancato, secondo molti esperti, è un’opera di coordinamento a livello federale, ciò che Biden sta cercando ora di realizzare.
È comunque vero che la solerzia con cui Biden ha affrontato il tema coronavirus – dando mano completamente libera al suo team sanitario – ha colpito molti scienziati americani. Michael Osterholm è un epidemiologo dell’università del Minnesota. Fa parte del board incaricato da Biden di pianificare le strategie sul Covid. Ha spiegato di essere rimasto “positivamente sorpreso” dalla velocità con cui le raccomandazioni del suo board di scienziati sono state fatte proprie dai vertici politici. “È lo sforzo più serio che io abbia mai visto da parte di un’amministrazione, ha spiegato Osterholm, che ha lavorato nel passato per diversi presidenti americani”. E uno storico della medicina, David Oshinsky, riferendosi ai finanziamenti ipotizzati da Biden per attutire la crisi economica e sociale (un investimento da 1.900 miliardi di dollari tra aiuti alle famiglie, vaccinazioni, assegni di disoccupazione), ha spiegato che “in termini di coinvolgimento diretto del governo federale nelle vite degli americani, non c’è stato niente di simile dai tempi di F.D. Roosevelt“.
Per cercare di capire attese, speranze, reazioni della comunità scientifica americana all’arrivo di Biden alla Casa Bianca, bisogna però forse superare la questione Covid e guardare ad altro. In primo luogo, alle prime nomine decise da Biden stesso. Per esempio, il nuovo presidente ha collocato all’interno del National Security Council il ruolo di esperto di cambiamenti climatici. Si tratta del riconoscimento dell’urgenza che il tema ha proprio in materia di sicurezza nazionale. Entra a far parte del gabinetto la posizione di consulente scientifico della Casa Bianca (sinora era relegato a semplice consigliere del presidente). E per questa posizione è stato scelto un genetista dell’Mit, Eric Lander. Cambiamenti importanti in arrivo anche all’Epa, l’Environmental Protection Agency, l’agenzia che salvaguarda ambiente e salute pubblica. Per il ruolo è attesa la designazione di Michael Regan, un esperto di qualità dell’aria che da anni lavora nelle amministrazioni americane. In uscita quindi Andrew Wheeler, un avvocato che ha trascorso gli ultimi quattro anni a cancellare protezioni ambientali di tutti i tipi.
Da segnalare anche la nomina, come vice di Lander, di una sociologa che si è occupata del nesso tra scienza e razzismo, Alondra Nelson. Nelson, che è stata professoressa all’Institute for Adavanced Study di Princeton, dovrà preparare politiche sanitarie più inclusive a favore delle minoranze, in particolare per gli afro-americani, che sono stati i più colpiti dalla pandemia (il Covid ha ucciso i neri in percentuali tre volte superiori ai bianchi). La nomina di Nelson è stata accolta con grande favore dall’American Society of Human Genetics, che in una nota ha parlato della studiosa come di “una leader nelle questioni all’incrocio tra scienza, tecnologia e diseguaglianze sociali”. Insomma, i primi giorni dell’amministrazione Biden paiono segnati da una sorta di luna di miele col mondo scientifico americano. Bisognerà capire se e quanto questa luna di miele durerà, soprattutto nel settore che, superata l’emergenza Covid, resta quello più difficile da gestire. La crisi ambientale.