Per l’azzurro Renato Brunetta “basterebbero 100 giorni e il Paese sarebbe finalmente al sicuro” dal coronavirus. Tutto grazie all’utilizzo degli altri vaccini che vengono prodotti “in giro per il mondo”, dal russo Sputnik V al cinese Cnbg-Sinovac, da sommare a Pfizer, Moderna e all’imminente Astrazeneca. Silvio Berlusconi torna invece a rilanciare il “modello israeliano” dopo che il 4 gennaio – a pochi giorni dall’avvio della campagna nel nostro Paese – aveva chiesto al governo di ridiscutere il Piano vaccini visti i ritardi nelle iniezioni e nella distribuzione delle dosi. Poi ci sono i governatori leghisti, sul piede di guerra con il premier: “Oggi assistiamo a un indecoroso scaricabarile e intanto noi siamo senza vaccini. Serve più personale”, dicono. E da ultimo Matteo Renzi, che anche su questo terreno ha dato un assist al centrodestra, sostenendo che “se avessimo preso il Mes sei mesi fa, oggi avremmo più vaccinati”. Ognuno ha la sua ricetta per accelerare la somministrazione del farmaco anti-Covid, ma le disponibilità al momento sono legate unicamente alle spedizioni di Pfizer. Che sono regolate dal contratto europeo stipulato da Bruxelles (quindi non dal governo) e da settimane sono in ritardo per decisione “unilaterale” della casa farmaceutica. Tutti gli altri vaccini, invece, sono ancora lontani dall’immissione nel mercato, tra chi è indietro con la sperimentazione e chi deve presentare la richiesta di autorizzazione all’Agenzia europea del farmaco (con tutti i tempi che ne conseguono).
Eppure per l’ex ministro Brunetta le “risposte” alle richieste degli italiani ci sarebbero, “anche immediate“, dice in un’intervista a La Stampa. “Abbiamo i vaccini. La scienza ci ha messo a disposizione l’arma decisiva per raggiungere o avvicinarsi sensibilmente all’immunità di gregge. Basterebbero 100 giorni e il Paese sarebbe finalmente al sicuro”. Anche se Pfizer ha ridotto le dosi destinate a tutta l’Unione europea, per il forzista “i vaccini ci sono. In giro per il mondo ne vengono prodotti altri validissimi che non mi farei il minimo scrupolo ad utilizzare: negli Usa e in Europa Moderna, in Russia Sputnik V, in Cina Cnbg, Sinovac. E sta per arrivare anche l’anglo-italiano AstraZeneca”. Tutto vero, se non fosse che su 59 candidati vaccini per prevenire il Covid, sono pochi quelli arrivati alla fase 3 della sperimentazione e solo uno, quello di Oxford-Astrazeneca, potrebbe essere autorizzato nel giro di una settimana. Per tutti gli altri ci vorranno mesi e, nel caso di Sanofi, addirittura poco meno di un anno. Brunetta cita anche il russo Sputnik, i cui dati di fase 3 non sono ancora stati pubblicati su una rivista peer-reviewed. E sostiene che se lo farebbe iniettare “Anche subito. Ci vorrebbe un grande piano di somministrazione pubblico e anche privato, che coinvolga farmacie, scuole, luoghi di lavoro, gazebo, con due funzioni obiettivo: vaccinare i più fragili subito e, parallelamente, tutti gli altri, secondo l’orizzonte temporale dei 100 giorni”.
Il leader del suo partito, invece, da settimane guarda con interesse al “modello Israele“. Il Paese ha da poco superato quota 2 milioni e 700mila dosi somministrate, pari al 26% della popolazione. Per Berlusconi “di questo dovremmo parlare, non degli spostamenti di qualche senatore”, dice a La Verità, riferendosi alla crisi di governo. I motivi li ha spiegati in una lettera pubblica il 4 gennaio, quando in tutta Italia imperversavano le polemiche contro i ritardi italiani nella campagna di iniezione, poi ribaltate dopo che il nostro Paese ha scalato la classifica europea per numero di dosi somministrate piazzandosi anche sopra la Germania (ora siamo scesi per effetto delle mancate consegne di Pfizer). “In Israele in 13 giorni è stato vaccinato contro il Covid un milione di persone”, scrive l’ex premier. “Il Presidente Netanyahu stima che con questo ritmo si potrà festeggiare la Pasqua ebraica, che cade alla fine di marzo, liberi dal Covid“. A suo parere, quindi, “ogni sforzo dovrebbe concentrarsi nell’immediato sulla campagna vaccinale – anche per convincere chi ha ancora dei dubbi – e subito dopo sulla strada per consentire al Paese di ripartire. Ad oggi la distribuzione del vaccino è ancora limitata a quantitativi praticamente simbolici, sui tempi di effettiva somministrazione si fanno solo ipotesi, si dice ma non ci sono certezze che per raggiungere la copertura vaccinale adeguata ci vorrà un anno”. Quantitativi che però dipendono dagli accordi presi in sede europea per i 27 Stati membri, mentre Israele ha potuto stipulare il contratto con Pfizer (e quindi quantità di fiale e tempi di consegna) senza tenere conto di altri fattori.
In campo renziano è stato lo stesso fondatore di Italia viva ad attaccare in prima persona l’esecutivo sul tema vaccini. La sua ricetta l’ha messa nero su bianco nell’e-news del 5 gennaio, nei giorni della lunga pre-crisi di governo poi culminata con le dimissioni delle ministre Bellanova e Bonetti e del sottosegretario Scalfarotto. “Perché in Italia andiamo a rilento con i vaccini?”, si chiede. “Se servono più risorse, c’è il Mes. E se avessimo preso il Mes sei mesi fa, oggi avremmo più vaccinati“. Renzi dimentica però che il primo carico di Pfizer da 470mila dosi è arrivato solo tra il 30 dicembre e l’1 gennaio a causa del maltempo e che, dopo i primi giorni di rodaggio della macchina organizzativa (in mano alle Regioni), nel nostro Paese sono state vaccinate oltre 60mila persone nel giro di 24 ore. Poco lontano dal target di 65mila fissato dalla tabella di marcia di Arcuri e superato nelle settimane successive. E se anche 6 mesi fa ci fossero stati più fondi per assumere medici e infermieri, come sostiene, non ci sarebbero state abbastanza fiale da iniettare nei pazienti. Nell’e-news alla fine tira in ballo pure Israele, allineandosi a Berlusconi: è quello il modello da seguire, dice, dove “corrono e vaccinano a più non posso, anche con un governo dimissionario. Perché in Italia andiamo a rilento?”.