“Sono la voce quando intimi silenzio al mondo, sono colui che non si è mosso neppure un attimo davanti a ingiustizia, corruzione e dispotismo, quello che sorrideva dopo essere stato colpito da una pallottola, con sangue che bagnava l’asfalto. Sono io che, nel mezzo di una depressione globale dice alla gente che la perdita della speranza equivale ad un tradimento e dunque il percorso non va interrotto”. In un suggestivo video di Graphic Novel, lungo circa un minuto e mezzo e postato sui social domenica, l’artista egiziano Ashraf Hamdi ha firmato la sua condanna. Poche ore dopo la polizia lo ha prelevato da casa sua, al Cairo.
Un cartone animato di fortissimo impatto in cui si vede la figura di un giovane, idealmente un rivoluzionario stanco e disilluso dal fallimento della Rivoluzione di piazza Tahrir dieci anni prima, col suo volto che cambia espressione mano a mano che l’immagine si allarga: il protagonista è in piedi su due staffe, ognuna collegata ad un camion militare in movimento, i due mezzi poi si allargano prefigurando una brutta fine. Nella fase finale del video la voce narrante, calda e suadente, prende in esame il senso generale dell’opera, passando dall’orgoglio di una battaglia per i diritti umani al destino segnato di una trappola ordita dal regime. Hamdi, membro di spicco del canale youtube di cartoni Egyptoon che vanta oltre 3 milioni di iscritti, lo ha postato sui social domenica, alla vigilia del X anniversario della Rivoluzione di piazza Tahrir.
Un prodotto celebrativo dedicato all’evento, ma soprattutto un chiarissimo atto d’accusa nei confronti del regime egiziano, guidato dal presidente Abdel Fattah al-Sisi dalla primavera del 2013. Stamattina all’alba lo stesso cartoonist ha avuto il tempo di digitare un ultimo, disperato post: “Mi stanno arrestando” e poi il silenzio. Di lui dalle prime ore del mattino non si hanno più notizie, con ogni probabilità dovrebbe ricomparire all’interno della cella di una stazione di polizia del Cairo o direttamente in carcere, nella prigione di Tora. Il suo destino sembra segnato, una sorta di copia-incolla con altre centinaia di casi in cui la violazione dei diritti umani è palese.
Dopo il suo post di tre parole la rete ha mostrato tutta la sua preoccupazione: oltre 500 followers hanno postato messaggi per chiedere informazioni e per lanciare un disperato messaggio di aiuto per attirare attenzione sulla misura coercitiva subita da Hamdi. Un altro cartone realizzato dall’artista egiziano nel 2016 e postato in questi giorni, si svolge all’interno di una stazione della metropolitana e mostra un agente di polizia che si rivolge con toni ostili nei confronto di un giovane. Nel testo emergono le violenze della polizia e della National Security a caccia di soggetti scomodi. Forse non è casuale sia stato pubblicato alla vigilia anche del V anniversario del rapimento di Giulio Regeni proprio all’interno di una stazione della metro. Le organizzazioni egiziane che si occupano di tutela dei diritti umani, a partire dalla Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecrf, la stessa che segue il caso Regeni), hanno subito denunciato l’episodio chiedendo di rivelare il luogo in cui è detenuto Ashraf Hamdi in modo da consentire il contratto con i suoi familiari e gli avvocati. Un fatto di cronaca, l’ennesimo in Egitto negli ultimi mesi, all’interno di una giornata particolare, quella del 25 gennaio. Il governo ha bloccato sul nascere qualsiasi tentativo di manifestazione, di corteo e di assembramento in relazione gli eventi di piazza Tahrir nel 2011.