L'organizzazione, nel suo report 'Il virus della disuguaglianza', l'organizzazione spiega dati alla mano come i miliardari siano risciti,dall'inizio della pandemia, non solo a recuperare il denaro perduto, ma ad aumentare i propri introiti, mentre nelle fasce più svantaggiate della popolazione mondiale, e l'Italia non fa eccezione, si lotta contro stipendi più bassi, disoccupazione, ristori non sufficienti e risparmi ormai esauriti
Mentre le mille persone più ricche del mondo hanno recuperato le perdite generate dal Covid in soli nove mesi, per miliardi di poveri la ripresa potrebbe richiedere oltre dieci anni. D’altro canto, dall’inizio della pandemia il patrimonio dei primi dieci miliardari del pianeta è aumentato di 540 miliardi di dollari complessivi: risorse sufficienti a garantire un accesso universale al vaccino anti-Covid e assicurare che nessuno cada in povertà a causa del virus. Il nostro Paese non fa eccezione: da marzo la ricchezza di 36 miliardari italiani è aumentata di oltre 45,7 miliardi di euro, pari a 7.500 euro per ognuno dei 6 milioni più poveri dei nostri connazionali. Cosa avremmo potuto farci? “Tanto per capirci, questa cifra corrisponde a poco più del doppio della spesa, certificata dalle Regioni, per personale in ruolo sanitario dipendete del servizio nazionale”, spiega a ilfattoquotidiano.it Misha Maslennikov, policy advisor Oxfam Italia su disuguaglianza e giustizia fiscale e curatore del dossier, per la parte che riguarda l’Italia, del nuovo report di Oxfam Il virus della disuguaglianza, diffuso oggi in occasione dell’apertura del World Economic Forum di Davos, in forma virtuale. Sullo sfondo, i timori per un aumento della disuguaglianza economica in quasi tutti i Paesi contemporaneamente, come rileva un sondaggio svolto da Oxfam tra 295 economisti in 79 Stati. In assenza di un’azione adeguata e coerente da parte dei governi, la Banca Mondiale prevede che entro il 2030 oltre mezzo miliardo di persone vivrà in povertà, con un reddito inferiore a 5,50 dollari al giorno.
RECESSIONE FINITA PER I SUPER-RICCHI – La ripresa per chi era in difficoltà già prima del Covid sarà dura e lunga: prima che il virus colpisse, la metà dei lavoratori nei Paesi più vulnerabili versava in condizione di povertà e i tre quarti della forza lavoro non godeva di alcuna forma di protezione sociale, come indennità di malattia e sussidi di disoccupazione. Nel frattempo, con la ripresa dei mercati azionari le fortune dei miliardari hanno raggiunto i massimi storici: a dicembre la loro ricchezza totale è arrivata a 11.950 miliardi di dollari, l’equivalente delle risorse stanziate da tutti i Paesi del G20 per rispondere agli effetti della pandemia. Tra marzo e dicembre 2020, mentre il Covid-19 innescava la più grave crisi occupazionale degli ultimi 90 anni, lasciando centinaia di milioni di persone disoccupate o sottooccupate, il valore netto del patrimonio del fondatore di Amazon Jeff Bezos, tanto per fare un esempio, è aumentato di 78,2 miliardi di dollari.
Oxfam stima che una tassa temporanea sugli extra-profitti maturati da 32 multinazionali durante la pandemia avrebbe generato 104 miliardi di dollari nel 2020, sufficienti a garantire indennità di disoccupazione a tutti i lavoratori e supporto finanziario per bambini e anziani in tutti i Paesi a basso e medio reddito. “L’aumento delle disuguaglianze non è un fenomeno inevitabile, ma dipende dalle scelte politiche dei governi”, spiega Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International. In questo scenario, le donne sono le più colpite a livello globale e rappresentano oltre il 70% della forza lavoro impiegata in professioni sanitarie o lavori sociali e di cura. Questo le espone a maggiori rischi sanitari, ma anche collegati alla tutela del reddito. In Italia oggi un’infermiera dovrebbe lavorare 127 anni per guadagnare quanto un amministratore delegato di una grande azienda in un anno.
IL FOCUS SULL’ITALIA – E proprio rispetto al nostro Paese, il rapporto è accompagnato dal briefing DisuguItalia, con dati e considerazioni sulla disuguaglianza socio-economica in Italia che già prima della pandemia era contrassegnata da ampi squilibri nella distribuzione della ricchezza nazionale aumentati negli ultimi vent’anni. A metà 2019, il 10% più ricco (in termini patrimoniali) della popolazione italiana possedeva oltre sei volte la ricchezza della metà più povera. Allo scoppio dell’emergenza, il grado di resilienza economica delle famiglie italiane era estremamente diversificato. “Non siamo arrivati preparati – spiega Maslennikov -, con poco più del 40% degli italiani in povertà finanziaria, ossia senza risparmi accumulati sufficienti a vivere, in assenza di reddito o altre entrate, sopra la soglia di povertà relativa per oltre tre mesi”. Circa 10 milioni di nostri concittadini più poveri, con un valore medio del risparmio di 300-400 euro, non avevano alcun cuscinetto finanziario per resistere autonomamente allo shock pandemico.
GLI EFFETTI DELLA PANDEMIA – Due indagini della Banca d’Italia hanno fotografato la situazione economica delle famiglie, il loro grado di resilienza e le loro aspettative in due fasi diverse dell’anno pandemico corrispondenti all’applicazione di diverse misure restrittive e agli interventi pubblici. Durante il lockdown di marzo metà delle famiglie italiane dichiarava di aver subìto una contrazione del proprio reddito e il 15% di aver visto dimezzarsi le proprie entrate, con solo il 20% dei lavoratori autonomi che non aveva subito contraccolpi. A fine estate, nel 20% delle famiglie con figli minori di 14 anni uno o tutti e due i genitori aveva ridotto l’orario lavorativo o rinunciato al lavoro per accudirli. Il 30% dichiarava di non disporre di risorse sufficienti per far fronte a spese essenziali nemmeno per un mese, in assenza di altre entrate. “Le misure di sostegno pubblico al reddito, al lavoro e alle famiglie emanate nel corso del 2020 dal Governo – spiega Maslennikov – hanno sì contribuito ad attenuare gli impatti della crisi e a ridurre moderatamente i divari retributivi e reddituali, ma questo non deve trarci in inganno”.
L’ANALISI DEI DATI – Prime stime rilevano che le misure di emergenza hanno ridotto dell’1,7% la disuguaglianza dei redditi da lavoro e di 1,1% quella dei redditi disponibili equivalenti delle famiglie e attenuato la crescita dell’incidenza della povertà. “Ma la moderata riduzione delle disparità – aggiunge – è stata accompagnata da un calo dei redditi per una quota ampia della popolazione più povera. In pratica c’è stato un livellamento al ribasso”. Non solo: “Questi non sono gli effetti di un intervento strutturale, ma esclusivamente di misure compensative che, dunque, non potrebbero essere eliminate senza avere gravi conseguenze, allontanando ancora di più il pieno recupero dell’economia”. Di fatto, nei primi sei mesi del 2020, è stata registrata una contrazione del reddito di mercato pro-capite (a valori correnti) delle famiglie dell’8,8% rispetto al primo semestre del 2019. “Un calo mai visto – spiega l’autore del briefing – neppure nelle due crisi precedenti (la crisi finanziaria del 2007-2008 e quella dei debiti sovrani del 2010-2011)”. Il calo del reddito disponibile lordo pro-capite è risultato invece meno intenso (-3,8% rispetto ai primi sei mesi del 2019, paragonabile alle due crisi precedenti) ma, anche in questo caso, “grazie alla massiccia crescita dei trasferimenti sociali netti”.
DISUGUAGLIANZE SOCIALI E TERRITORIALI – In Italia, la pandemia ha peggiorato le condizioni di accesso a servizi sanitari, istruzione, alla disponibilità di una abitazione adeguata. Questo il quadro che emerge da un’indagine condotta tra novembre e dicembre 2020 tra gli operatori dei Community Center, luoghi di ascolto animati da Oxfam, dalla Diaconia Valdese e da altri partner. “Gli operatori hanno rilevato un forte peggioramento delle condizioni economiche e del profilo occupazionale dei propri utenti”, ha aggiunto Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia, che dà l’istantanea di un Paese in sofferenza. Durante il lockdown e oltre, poi, molte persone “sono state sempre più escluse dai servizi di bassa soglia e dall’accesso ai trasferimenti emergenziali, a causa di una pubblica amministrazione spesso impotente nel far fronte alla mole crescente dei bisogni e a un’informazione carente o inadeguata”.