I monoclonali prodotti in Italia da oggi finiscono in Germania, partendo sempre da Latina. Il ministro tedesco della Salute Jens Spahn domenica ha fatto sapere che il governo di Angela Merkel ha acquistato 200mila dosi di anticorpi monoclonali che saranno negli ospedali universitari tedeschi a partire da questa settimana, senza aspettare l’autorizzazione dell’Ema. Berlino ha investito 400 milioni di euro per accaparrarsi sia il Casirivimab /Imdevimab della Regeneron che il Bamlanivimab della Eli Lilly, gli unici due trattamenti autorizzati al mondo per la cura del Covid. La decisione ha a che fare anche coi ritardi sulle forniture di vaccini perché – ha spiegato lo stesso Spahn alla Bild – “gli anticorpi neutralizzanti funzionano come una vaccinazione passiva, e sono particolarmente indicati per soggetti ad alto rischio”. La notizia è passata in secondo piano, ma è l’ennesima sberla sul fronte delle cure anticorpali negate nel nostro Paese.
Potevamo essere noi i primi in Europa. Per ragioni poco comprensibili però l’Italia ha deliberatamente ignorato la strada dei monoclonali già in commercio, lasciando cadere nel vuoto anche l’occasione di sperimentarli, gratuitamente, già a partire da novembre nella misura di 10mila dosi a beneficio di altrettanti pazienti italiani. L’Italia ha però investito l’equivalente di Berlino (380 milioni di euro) in un progetto tutto italiano, quello di Toscana life sciences (Tls), che è molto promettente ma ben lontano dalla produzione (non ha ancora iniziato gli studi clinici).
L’arrivo all’Aifa di Giorgio Palù, da sempre pro terapie anticorpali, ha aperto uno spiraglio tra le resistenze opposte dall’Aifa e (di sponda) dal ministero della Salute. “A breve anche in Italia parte la ricerca sugli anticorpi monoclonali”, aveva scandito alle agenzie il 15 gennaio, dando il segnale della svolta. Ma l’Aifa si precipitava a rettificare così il suo stesso presidente: “Nessuna sperimentazione, solo un bando per lo studio randomizzato”. Dunque, mentre la Germania si compra i monoclonali fatti in Italia, l’Italia è ancora allo studio propedeutico a una qualche sperimentazione. Che richiederà mesi. Il tutto mentre il Premier Conte in persona, nel suo discorso al Senato per la fiducia, auspicava la sperimentazione in tempi rapidissimi. Ma evidentemente non siamo in Germania. La mossa della Merkel pone ora anche un problema di approvvigionamento, perché la capacità dello stabilimento di Latina è limitata a 100mila dosi al mese. L’Italia che dovesse accodarsi potrebbe restare a secco, regalando ai suoi malati la riedizione nostrana del caos sui vaccini: chi si muove tardi e male lascia ad altri l’agio di accapparrarsi le dosi.
Con la decisione di Berlino crolla un po’ tutto il castello di riserve eretto dall’Aifa sotto il profilo scientifico e regolatorio. L’agenzia del farmaco ha sostenuto da subito (e ancora oggi) la mancanza di riscontri sull’efficacia di queste terapie, come se gli americani fossero pazzi ad accaparrarsi subito un milione di dosi, seguiti poi dal Canada, Israele e altri fino alla stessa Germania. Ancora oggi lo sostengono, nonostante ulteriori studi certifichino risultati importanti dopo quello di Fase2 condotto tra marzo e aprile che indicava come il Bamlanivimab, somministrato precocemente a pazienti ad alto rischio abbatta quello di ospedalizzazione dell’80%. Nei giorni scorsi sulle riviste scientifiche the New England Journal of Medicine e JAMA sono stati anticipati e analizzati i dati su due ulteriori studi condotti su pazienti non ospedalizzati. Lo studio di prevenzione di Fase 3 BLAZE-2 condotto nelle case di cura attesta anche una riduzione del rischio infettivo fino all’80% per i residenti delle strutture. A conferma di un possibile uso del monoclonale a scopo di immunizzazione preventiva.
Non a caso la Germania si è mossa, senza attendere l’Ema, proprio nel momento di crescente frustrazione per un’introduzione più lenta del previsto dei vaccini nell’UE. E siamo all’aspetto regolatorio, l’altra foglia di fico. “Finché non autorizza Ema non lo facciamo neanche noi”, era la risposta burocratica dell’Aifa, contestata per altro da ex direttori della stessa. In ultimo, Luca Pani che così risponde da gli Stati Uniti dove i monoclonali vengono impiegati con successo da almeno sei mesi. “L’AIFA poteva far presente al Ministro la necessità di autorizzare questi anticorpi ex comma 3 art. 5 del Dlgso. 219/2006 esattamente come aveva già fatto nel caso dell’infezione da Ebola nel 2015. Ovvero in una situazione milioni di volte meno complicata di quella presente. Personalmente autorizzai e firmai 6 ordinanze per altrettanti farmaci salvavita non autorizzati e non in commercio in quel momento. Ci vollero 48 ore”.
La decisione della Germania riaccende domande rimaste senza risposta: perché in Italia si parla da marzo di monoclonali ma non si usa ancora un monoclonale che sia uno? Perché la vicenda del trial pragmatico gratuito della Eli Lilly è stata taciuta fino allo scoop del Fatto? Perché mentre Conte in persona, e lo stesso presidente di Aifa, auspicano la rapida sperimentazione, l’Agenzia si premura di smentire e precisare che siamo ancora allo “studio”? Perché un paziente italiano affetto da Covid dovrebbe parteciparvi, col rischio di assumere il placebo al posto del farmaco che viene convintamente somministrato a un tedesco per la cura? Chi ha deciso di ignorare i farmaci disponibili per dirottare grandi investimenti pubblici sulla ricerca “made in Italy” ancora lontana alla fase di studio? Se lo chiedono non una ma quattro interrogazioni parlamentari seguite alle rivelazioni del nostro quotidiano. Se ne aggiunge una: chi pagherà mai per le possibilità di cura negate agli italiani e già disponibili per altri? Qualcuno se ne assume la responsabilità?
Cronaca
La Germania compra i monoclonali di Latina: 400 milioni per garantire le cure anticorpali. L’Italia? E’ ferma al “bando per lo studio”
Il governo di Angela Merkel acquista 200mila dosi di Regeneron e del Bamlanivimab della Eli Lilly, il farmaco neutralizzante prodotto anche in Italia che a ottobre era anche stato offerto in sperimentazione gratuita. Berlino decide senza aspettare l'autorizzazione dell'Ema. Cade così il castello di giustificazioni all'inerzia dell'Aifa, dal quadro regolatorio ai dubbi sull'efficacia. Il neopresidente Palù ha fatto il diavolo a quattro per una svolta che è stata invocata anche da Palazzo Chigi. L'Agenzia tiene posizione, continuando a negare e rallentare l'accesso alle uniche cure autorizzate al mondo. L'ex Dg Luca Pani: "Per autorizzarle bastavano 48 ore". Sul caso del "trial mancato" svelato Fatto già quattro interrogazioni parlamentari
I monoclonali prodotti in Italia da oggi finiscono in Germania, partendo sempre da Latina. Il ministro tedesco della Salute Jens Spahn domenica ha fatto sapere che il governo di Angela Merkel ha acquistato 200mila dosi di anticorpi monoclonali che saranno negli ospedali universitari tedeschi a partire da questa settimana, senza aspettare l’autorizzazione dell’Ema. Berlino ha investito 400 milioni di euro per accaparrarsi sia il Casirivimab /Imdevimab della Regeneron che il Bamlanivimab della Eli Lilly, gli unici due trattamenti autorizzati al mondo per la cura del Covid. La decisione ha a che fare anche coi ritardi sulle forniture di vaccini perché – ha spiegato lo stesso Spahn alla Bild – “gli anticorpi neutralizzanti funzionano come una vaccinazione passiva, e sono particolarmente indicati per soggetti ad alto rischio”. La notizia è passata in secondo piano, ma è l’ennesima sberla sul fronte delle cure anticorpali negate nel nostro Paese.
Potevamo essere noi i primi in Europa. Per ragioni poco comprensibili però l’Italia ha deliberatamente ignorato la strada dei monoclonali già in commercio, lasciando cadere nel vuoto anche l’occasione di sperimentarli, gratuitamente, già a partire da novembre nella misura di 10mila dosi a beneficio di altrettanti pazienti italiani. L’Italia ha però investito l’equivalente di Berlino (380 milioni di euro) in un progetto tutto italiano, quello di Toscana life sciences (Tls), che è molto promettente ma ben lontano dalla produzione (non ha ancora iniziato gli studi clinici).
L’arrivo all’Aifa di Giorgio Palù, da sempre pro terapie anticorpali, ha aperto uno spiraglio tra le resistenze opposte dall’Aifa e (di sponda) dal ministero della Salute. “A breve anche in Italia parte la ricerca sugli anticorpi monoclonali”, aveva scandito alle agenzie il 15 gennaio, dando il segnale della svolta. Ma l’Aifa si precipitava a rettificare così il suo stesso presidente: “Nessuna sperimentazione, solo un bando per lo studio randomizzato”. Dunque, mentre la Germania si compra i monoclonali fatti in Italia, l’Italia è ancora allo studio propedeutico a una qualche sperimentazione. Che richiederà mesi. Il tutto mentre il Premier Conte in persona, nel suo discorso al Senato per la fiducia, auspicava la sperimentazione in tempi rapidissimi. Ma evidentemente non siamo in Germania. La mossa della Merkel pone ora anche un problema di approvvigionamento, perché la capacità dello stabilimento di Latina è limitata a 100mila dosi al mese. L’Italia che dovesse accodarsi potrebbe restare a secco, regalando ai suoi malati la riedizione nostrana del caos sui vaccini: chi si muove tardi e male lascia ad altri l’agio di accapparrarsi le dosi.
Con la decisione di Berlino crolla un po’ tutto il castello di riserve eretto dall’Aifa sotto il profilo scientifico e regolatorio. L’agenzia del farmaco ha sostenuto da subito (e ancora oggi) la mancanza di riscontri sull’efficacia di queste terapie, come se gli americani fossero pazzi ad accaparrarsi subito un milione di dosi, seguiti poi dal Canada, Israele e altri fino alla stessa Germania. Ancora oggi lo sostengono, nonostante ulteriori studi certifichino risultati importanti dopo quello di Fase2 condotto tra marzo e aprile che indicava come il Bamlanivimab, somministrato precocemente a pazienti ad alto rischio abbatta quello di ospedalizzazione dell’80%. Nei giorni scorsi sulle riviste scientifiche the New England Journal of Medicine e JAMA sono stati anticipati e analizzati i dati su due ulteriori studi condotti su pazienti non ospedalizzati. Lo studio di prevenzione di Fase 3 BLAZE-2 condotto nelle case di cura attesta anche una riduzione del rischio infettivo fino all’80% per i residenti delle strutture. A conferma di un possibile uso del monoclonale a scopo di immunizzazione preventiva.
Non a caso la Germania si è mossa, senza attendere l’Ema, proprio nel momento di crescente frustrazione per un’introduzione più lenta del previsto dei vaccini nell’UE. E siamo all’aspetto regolatorio, l’altra foglia di fico. “Finché non autorizza Ema non lo facciamo neanche noi”, era la risposta burocratica dell’Aifa, contestata per altro da ex direttori della stessa. In ultimo, Luca Pani che così risponde da gli Stati Uniti dove i monoclonali vengono impiegati con successo da almeno sei mesi. “L’AIFA poteva far presente al Ministro la necessità di autorizzare questi anticorpi ex comma 3 art. 5 del Dlgso. 219/2006 esattamente come aveva già fatto nel caso dell’infezione da Ebola nel 2015. Ovvero in una situazione milioni di volte meno complicata di quella presente. Personalmente autorizzai e firmai 6 ordinanze per altrettanti farmaci salvavita non autorizzati e non in commercio in quel momento. Ci vollero 48 ore”.
La decisione della Germania riaccende domande rimaste senza risposta: perché in Italia si parla da marzo di monoclonali ma non si usa ancora un monoclonale che sia uno? Perché la vicenda del trial pragmatico gratuito della Eli Lilly è stata taciuta fino allo scoop del Fatto? Perché mentre Conte in persona, e lo stesso presidente di Aifa, auspicano la rapida sperimentazione, l’Agenzia si premura di smentire e precisare che siamo ancora allo “studio”? Perché un paziente italiano affetto da Covid dovrebbe parteciparvi, col rischio di assumere il placebo al posto del farmaco che viene convintamente somministrato a un tedesco per la cura? Chi ha deciso di ignorare i farmaci disponibili per dirottare grandi investimenti pubblici sulla ricerca “made in Italy” ancora lontana alla fase di studio? Se lo chiedono non una ma quattro interrogazioni parlamentari seguite alle rivelazioni del nostro quotidiano. Se ne aggiunge una: chi pagherà mai per le possibilità di cura negate agli italiani e già disponibili per altri? Qualcuno se ne assume la responsabilità?
Articolo Precedente
Coronavirus, oggi 8.561 nuovi casi e 420 morti. Risalgono i ricoveri e il tasso di positività
Articolo Successivo
Ritrovata la 16enne scappata con un’amica conosciuta su Tik Tok: la famiglia aveva perso le sue tracce da 10 giorni
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Economia & Lobby
Trump raddoppia al 50% i dazi su acciaio e alluminio dal Canada: “E farò chiudere il loro settore auto”. I mercati temono la recessione
Zonaeuro
Von der Leyen spinge l’Europa verso il riarmo: “È il momento della pace attraverso la forza”. La protesta M5s a Strasburgo: “Ci porta all’escalation militare”
Mondo
Kiev, attacco coi droni su Mosca. Cremlino: “Compromette dialogo”. Gedda, “progressi” nei colloqui
Milano, 11 mar. (Adnkronos) - "Io e mio marito abbiamo saputo la notizia oggi guardando il Tg1. Non abbiamo e non vogliamo dire niente". Così Rita Preda, insieme al marito Giuseppe, commentano le novità a 18 anni dal delitto della figlia Chiara, uccisa a Garlasco, per cui è stato condannato in via definitiva l'allora fidanzato Alberto Stasi. Oggi l'attenzione della Procura di Pavia torna a concentrarsi su Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, nuovamente indagato dopo l'archiviazione decisa otto anni fa.
Roma, 11 mar. (Adnkronos) - "A nome del gruppo di Fratelli d’Italia alla Camera esprimo solidarietà a Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, per le ignobili e vergognose offese che le sono state rivolte da Soloviev. Insulti gratuiti e intrisi di propaganda ideologica, diffusi attraverso la tv di Stato, che condanniamo fermamente”. Così Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera.
Roma, 11 mar. (Adnkronos) - Fratelli d'Italia resta stabile rispetto all'ultima rilevazione dello scorso 25 febbraio e si attesta al 30,5%, seguito dal Pd al 23 %, che cala dello 0,5%. È quanto emerge dall'ultimo sondaggio dell'Istituto Noto sondaggi per 'Porta a Porta' sulle intenzioni di voto degli italiani. Il Movimento 5 Stelle, invece, perde l'1% e va all'11,5%. Forza Italia all'8,5% guadagna mezzo punto (+0,5%) come la Lega che va al 9% (+0,5%).
Alleanza Verdi e Sinistra sale al 6 (+0,5%), come Azione al 3% (+0,5%). Italia viva resta al 2,5% mentre Più Europa al 2% guadagna lo 0,5%. Stabili Noi moderati al 2%.
In generale il centrodestra sale di un punto (+1%) e va al 50% mentre il centrosinistra ne guadagna mezzo e va al 31 % (+0,5%). Il 'campo largo' resterebbe al 48%. Gli astenuti-indecisi, infine, si attesterebbero al 45% (erano al 46,2% nella scorsa rilevazione).
Roma, 11 mar. (Adnkronos Salute) - Sono state recentemente pubblicate, e sono in corso di traduzione in lingua cinese, su specifica richiesta della Società cinese di chirurgia cardiotoracica, le linee guida e raccomandazioni sulla gestione farmacologica perioperatoria di pazienti adulti candidati all’intervento di cardiochirurgia. A redarle una task force, istituita dall’Associazione europea di chirurgia cardio-toracica (European Association of Cardio-Thoracic Surgeons) e coordinata da Bianca Rocca, farmacologo clinico e professore ordinario all’Università Lum ‘Giuseppe Degennaro’ e Anders Jeppsson, cardiochirurgo direttore del dipartimento di chirurgia cardiotoracica e professore all'Università di Gothenburg.
La task force - spiega in una nota l’ateneo italiano - è composta da un gruppo di esperti multidisciplinari costituito da cardiochirurghi, anestesisti, cardiologi, infettivologi, intensivisti provenienti dalle più prestigiose università europee. La cardiochirurgia dell’adulto è essenziale per ridurre la mortalità e la morbilità nei pazienti con malattie cardiache acute o croniche, il trattamento farmacologico e le profilassi perioperatorie sono interventi chiave per garantire un successo duraturo della cardiochirurgia, per migliorare la qualità della vita del paziente e ridurre i costi sanitari. Le linee guida sono documenti basati sulla valutazione critica e aggiornata di tutte le evidenze terapeutiche disponibili in un ambito specifico, e sono strumenti cruciali a supporto del processo decisionale dei medici per identificare le strategie terapeutiche più efficaci, coinvolgendo, spesso, organizzazioni di infermieri e associazioni di pazienti.
"Le linee guida forniscono raccomandazioni su tutti i trattamenti farmacologici prima, durante e dopo l’intervento – afferma la professoressa Rocca – Alcuni esempi sono la gestione di farmaci che regolano la pressione arteriosa, il glucosio nel sangue, che prevengono le complicanze trombotiche (antitrombotici), di antibiotici per prevenire le infezioni nel periodo immediatamente prima e in corso di chirurgia. Dopo l’intervento, la ripresa o l’inizio di nuovi farmaci è essenziale per prevenire infarti o ictus, controllare il ritmo del cuore, ridurre i fattori di rischio cardiovascolare e la mortalità, tutti interventi farmacologici che migliorano la prognosi a lungo termine. Inoltre, queste linee guida enfatizzano la centralità dei pazienti per i quali la cardiochirurgia è sempre un’esperienza cruciale, associata spesso a una maggiore consapevolezza della malattia, che rappresenta anche un’opportunità per migliorare la qualità della vita mediante aderenza ai farmaci prescritti, e modifiche dello stile di vita". Il lavoro della task force ha offerto a tutta la comunità medico-scientifica nazionale ed internazionale informazioni accessibili, essenziali a medici, chirurghi, e più in generale a tutte le figure professionali coinvolte nella cura di questi pazienti, mediante una valutazione critica delle evidenze, in un contesto multidisciplinare, altamente competente, produttivo e interattivo, identificando anche delle lacune di conoscenza che aprono la strada alla ricerca futura.
Roma, 11 mar. (Adnkronos/Labitalia) - "Sono gli ultimi giorni per presentare le proprie candidature, alle prossime elezioni Rsu, un appuntamento fondamentale per tutto il personale della scuola. Perché, oltre a votare l'Rsu che andrà a cambiare, andrà a 'scrivere', con il dirigente scolastico i prossimi contratti di istituto per il prossimo triennio, il voto che viene dato al candidato viene dato alla lista sindacale in cui si presenta, anche se non è necessario esservi iscritti. E così alla fine di queste elezioni si andrà a misurare il grado di rappresentatività di ogni sindacato, che è quel dato utile che serve poi per la firma dei contratti". Così, con Adnkronos/Labitalia, Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief. (Video)
"Basti pensare -continua Pacifico- che in questo momento nel pubblico impiego si è firmato solo il contratto per i dipendenti dei ministeri, cioè delle funzioni centrali, mentre gli altri contratti sulla sanità e sulle funzioni locali, quindi Regioni e Comuni, non sono stati firmati perché non si è raggiunto il 51% dei sindacati che sono d'accordo a questa firma", sottolinea.
E il dirigente sindacale spiega che lancia l'appello "perché noi vogliamo portare avanti le istanze del mondo della scuola, vogliamo portare avanti alcune battaglie fondamentali". "Quali? Certamente un'indennità di sede disagiata, che in questo momento potrebbe essere approvata dal Parlamento per chi lavora nelle comunità montane, ma in generale per tutti coloro che lavorano in sede e disagiate o comunque lontani dal proprio domicilio. Quindi un'indennità di trasferta", sottolinea.
E il sindacalista aggiunge: "Ancora ripristinare il primo gradino stipendiale che esisteva fino a qualche anno fa nella fascia 3-8, i primi assunti che oggi devono aspettare 9 anni per poter entrare di ruolo. I buoni pasto, è una cosa per noi fondamentale, che è l'unico personale che viene escluso, è questo".
"Poi certamente vogliamo il riconoscimento del 'burnout', abbiamo raccolto 120.000 firme per andare in pensione anche come il personale delle forze armate e dell'esercito e per avere il riscatto gratuito o agevolato degli anni di laurea. Sono degli appelli che lanciamo alla politica, vogliamo che questo 'burnout' sia riconosciuto, vogliamo avere la stessa dignità dell'altro personale", prosegue.
"Ci siamo accorti che, purtroppo, negli ultimi anni -spiega ancora Pacifico- il personale della scuola guadagna di meno del personale dei ministeri. Quando prima guadagnava di più, ora guadagna 6.000 euro in meno. Non ne capiamo il motivo, vogliamo fare le nostre battaglie, certamente per migliorare tutto il personale scolastico e quindi valorizzare tutti, dagli insegnanti di sostegno al personale Ata, che molto spesso è dimenticato", conclude.
Milano, 11 mar. (Adnkronos) - E' una nuova consulenza, affidata a un tedesco esperto in genetica, che potrebbe riaprire il caso sul delitto di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007 a Garlasco e per cui omicidio è stato condannato a 16 anni in via definitiva l'allora fidanzato Alberto Stasi, che a breve finirà di scontare la sua pena nel carcere milanese di Bollate. Proprio i risultati di questa nuova tecnica per estrarre ed analizzare il Dna potrebbe consentire di tornare a indagare (come già fatto nel 2016) su Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, raggiunto da un avviso di garanzia con l'accusa di omicidio in concorso con ignoti o lo stesso Stasi.
Le risultanze avrebbero riacceso le speranze della difesa di Stasi e oggi si arriva a questa 'riapertura'. Nel marzo del 2017 il gip di Pavia Fabio Lambertucci, archiviò l'inchiesta su Andrea Sempio, oggi 37 anni, accusato del delitto di via Pascoli. Il giudice per le indagini preliminari, accogliendo la richiesta del pm Mario Venditti, aveva respinto la richiesta della madre di Stasi di riaprire il caso per alcune dichiarazioni e circostanze "sospette", a dire della difesa del condannato, messe in atto dall'amico del fratello della vittima. Secondo gli allora legali di Stasi sulle unghie della vittima ci sarebbe stata una traccia genetica riconducibile a Sempio. Il gip "evitando di interrogarsi sul rispetto dei principi di riservatezza" per reperire il Dna di Sempio - estratto da una bottiglietta d'acqua, una tazzina da caffè e un cucchiaino sottratti da un bar da un investigatore privato - concordava con il pubblico ministero nel considerare come "radicalmente priva di attendibilità la consulenza tecnica sul materiale genetico offerto oggi dalla difesa Stasi".
Il pm 'smontava' le presunte incongruenze di Sempio relative al giorno dell'omicidio, così come l'ipotesi che lui - amico del fratello e che frequentava la villetta a due piani - si fosse invaghito di Chiara. "In conclusione, se è (non condivisibile ma) umanamente comprensibile l'intento di fare di tutto per difendersi da una gravissima accusa, anche dopo l'esaurimento dei possibili gradi di giudizio ordinario, nel caso di specie - sottolineava il gip di Pavia - ci si deve tuttavia arrestare di fronte all'inconsistenza degli sforzi profusi dalla difesa di Stasi" per trovare un colpevole alternativo all'omicidio di Chiara Poggi. "Escluso - scrive il gip nelle dieci pagine del decreto di archiviazione - qualunque valore" della consulenza genetica realizzata dalla difesa, "non residuano elementi indiziari a carico di Sempio".
Roma, 11 mar (Adnkronos) - 'Lasciateci votare' e 'Abbiamo fretta di votare'. Con questi slogan alcuni tra i promotori dei referendum si sono ritrovati davanti alla Camera dei deputati per chiedere, tra le altre cose, il voto per i fuori sede, l'election day e una corretta informazione sugli appuntamenti referendari su cittadinanza e lavoro di questa primavera.
"Chiediamo al governo di favorire la partecipazione ai prossimi referendum con l'election day insieme alle amministrative, consentendo il voto a studenti e lavoratori fuori sede", ha spiegato il segretario di +Europa Riccardo Magi che, con Maurizio Landini, ha promosso un presidio in vista dell'incontro a palazzo Chigi. "Bisogna garantire l'informazione, a partire dalla Rai, su questo appuntamento fondamentale per la partecipazione e per la democrazia", ha sottolineato Magi.
Il segretario di +Europa, con i leader di Avs Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, il segretario del Psi Vincenzo Maraio a altri promotori si è unito alle associazioni studentesche che, a Montecitorio, hanno manifestato per il referendum. "Votare vuol dire garantire la qualità della democrazia, noi siamo al fianco di chi vuole esprimere questo diritto e, come Avs, abbiamo preparato il sito votofuorisede.it. Ci si può registrare e diventare rappresentante di lista", ha spiegato Fratoianni. "I fuori sede sono cinque milioni, è anti democratico non consentire loro di votare. Per questo abbiamo lanciato questa campagna", ha detto Bonelli.