FATTO FOOTBALL CLUB - Nell'arco di una settimana i giallorossi sono stati in grado di cambiare il verso della stagione: è il sintomo delle montagne russe emozionali che si vivono da sempre nella Capitale quando si parla di calcio. La squadra, tuttavia, resta terza in classifica
Sei terzo in classifica. In piena corsa per la Champions League, senza sognare lo scudetto. Hai un allenatore che al suo secondo anno sembra capire meglio ambiente e campionato, una nuova proprietà più solida e ambiziosa del passato, te la giochi alla pari contro le migliori della classe e a tratti fai pure un buon calcio, oltretutto con una rosa inferiore alle avversarie. Insomma, ci sarebbe solo da divertirsi, godersi il prosieguo del campionato e prendere di buono tutto ciò che viene. Invece ti ritrovi all’improvviso con il tecnico in bilico, il capitano praticamente fuori rosa e a giocarti un banalissimo match casalingo contro il piccolo Spezia come fosse una questione di vita o di morte. E mentre ancora ti stai chiedendo come tutto ciò sia potuto accadere, ti ricordi di essere a Roma.
C’eravamo lasciati un paio di settimane fa. Stavamo giusto lodando i giallorossi, questo loro nuovo, sorprendente equilibrio. Merito della mancanza di pressioni nei confronti di una squadra da cui nessuno si aspettava nulla di buono e, perché no, magari pure dell’assenza dei tifosi, elemento destabilizzante se ce n’è uno (non solo uno), in una piazza che nel suo vortice di passione a volte travolge tutto e tutti. Magari quest’anno è diverso, arriva il derby, riusciranno a giocarlo come una partita normale, a proseguire sulla strada intrapresa. Come non detto.
Quanto successo nella Capitale nell’ultima settimana, durante e dopo la stracittadina, è materiale da seduta psichiatrica. Il derby la Roma praticamente non lo gioca, nemmeno scende in campo, perde 3-0 non toccando palla per 90 minuti, tra svarioni e goleada avversaria. Può capitare. Non a Roma. Da quel momento è come se tutto quanto di buono fatto non esistesse più. La squadra torna in campo dopo un paio di giorni, in Coppa Italia contro le riserve delle Spezia, l’occasione ideale per eliminare le scorie e ripartire. E invece i giallorossi sono in stato confusionale: vanno sotto di due gol, rimontano, ma poi nei supplementari rimediano due espulsioni in un minuto e finiscono per perdere 4-2 in casa. Come se non bastasse, nel caos generale in panchina si dimenticano di tenere il conto dei cambi e ne fanno sei, troppi persino nel calcio del Covid: così arriva la beffa della sconfitta a tavolino, e il club finisce alla berlina sulle pagine di tutti i giornali (per la seconda volta, dopo lo 0-3 d’inizio stagione col Verona per aver inserito Diawara nella lista sbagliata).
A quel punto la giostra è partita ed è impossibile fermarla. La società allontana il team manager (che paga per tutti), lo spogliatoio esplode, non si capisce chi litiga bene con chi, forse tutti contro tutti, Dzeko da capitano finisce in tribuna (ufficialmente per un infortunio, ma le dichiarazioni imbarazzate dicono altro) e la partita di campionato, per ironia della sorte di nuovo contro lo Spezia, diventa chissà perché il classico match da dentro fuori, in cui Fonseca si gioca la panchina e la squadra la stagione. Così a Roma sabato si consuma l’ennesimo psicodramma giallorosso: va in vantaggio 3-1, fa harakiri al 90’ con un liscio clamoroso difensivo che vale il 3-3, poi vince a tempo scaduto grazie a Pellegrini che ha ereditato la fascia proprio dal reietto Dzeko. Incredibile se non fosse vero, esilarante se non ci fosse da piangere.
Dopo tutto questo, la Roma è ancora terza. Nelle ultime cinque giornate ha conquistato dieci punti, uno in più di Milan e Napoli, due dell’Inter, come i cugini della Lazio che però sono dietro, solo Atalanta e Juve hanno fatto meglio. Non è affatto una squadra in crisi, è in corsa per i suoi obiettivi (anche di più, visto che praticamente non ne aveva), ora si rinforzerà sul mercato (col ritorno di El Shaarawy) e potrebbe tranquillamente proseguire la sua ottima stagione, se non si fosse complicata la vita da sola: ora deve comunque risolvere il caso Dzeko (perderlo sarebbe un grave danno), Fonseca è stato messo in discussione e tornerà ad esserlo alla prima sconfitta, l’ambiente è di nuovo, inspiegabilmente una polveriera. E tutto questo senza alcun motivo. C’eravamo sbagliati: con o senza tifosi, Roma non cambia mai.