Una storia che si ripete sempre uguale. Dopo l’allarme lanciato negli anni scorsi, la Corte dei Conti torna a bacchettare il Centro italiano di ricerche aerospaziali (Cira) per i suoi bilanci in rosso. La società, che ha sede a Capua, è controllata dal ministero dell’Università ed è di importanza strategica per attuare il Programma nazionale di ricerca, sperimentazione e formazione del personale nel settore dell’aerospazio. Nel 2018, avvertono i magistrati contabili nella consueta Relazione annuale sulla gestione finanziaria dell’ente, i conti si sono chiusi con “una perdita di euro 3.152.557 (le perdite complessive risultanti dai bilanci 2016-2018 ammontano a 10,2 mln)”. Ciononostante, ancora una volta sono stati mantenuti invariati i bonus economici assegnati a personale e dirigenti. La Corte, si legge, ravvisa “l’assenza di adeguata correlazione tra i risultati aziendali e la premialità riconosciuta al personale, compreso quello dirigenziale, premialità che, a prescindere dal segno e dal quantum del risultato aziendale, risulta attestarsi sempre intorno ai 2 milioni complessivi“.
Una situazione “particolarmente critica” e che va avanti da anni: “Significativo é l’ammontare dei premi” corrisposti nel 2018: “A fronte di una perdita di bilancio di euro 3.152.557, l’ammontare complessivo del premio corrisposto al personale (impiegati, quadri e dirigenti) è pari ad euro 1.911.979 (euro 1.955.382 nel 2017, euro 2.012.683 nel 2016 con un bilancio in perdita di 7,2 mln ed euro 1.997.156 nel 2015)”, riferisce la Corte dei Conti. Oltretutto il personale continua a pesare moltissimo sui bilanci del Cira. “Pur registrando una flessione dell’1,2% (oltre 311.000 euro) rispetto al valore di euro 26.253.489 registratosi nel 2017″, il costo complessivo di lavoratori e manager alle dipendenze della società “si assesta a 25,94 milioni, peraltro con una sensibilmente accresciuta incidenza di ben oltre tre punti percentuali, sul totale dei costi di produzione, che si attesta al 9,6%”.
Nella relazione, i magistrati chiariscono che il bilancio in rosso del 2018 è dovuto “da un lato, a una contrazione del risultato della gestione caratteristica di euro 3.249.473 determinata da una flessione dei ricavi di oltre 6 milioni di euro a fronte di un calo dei costi che sfiora i 3 mln, e dall’altro lato a un saldo negativo di 0,9 mln delle rettifiche di valore delle attività finanziarie”. All’epoca al vertice dell’ente c’era Paolo Annunziato. Si osserva anche un “trend in diminuzione anche per le fonti di finanziamento del Cira che – aggiunge la Corte – passa da 8,9 mln nel 2017 a 8,1 mln nel 2018″. Anche se il calo non riguarda il governo: “Miur e Ue che hanno aumentato le risorse a favore del Cira (Miur da 1,7 mln nel 2017 a 1,4 mln nel 2018 ed Ue da 3,1 mln nel 2017 a 4,3 mln nel 2018). Un lieve incremento lo registrano anche i ricavi provenienti dalle aziende italiane e straniere per le prove sperimentali sui grandi impianti (da 3,3 mln nel 2017 a 3,4 nel 2018)”.
Sotto il profilo patrimoniale, i magistrati contabili evidenziano che “le attività sono costituite nel 2018 principalmente dagli investimenti finanziari del Cira per il 43,8% (59,2 mln) e dai crediti per il 35,7% (48,2 mln)”. Nel complesso, investimenti e crediti registrano nel giro di un anno una contrazione di oltre 13 milioni di euro. Il motivo, si legge, è che entrambe le voci sono state soggette ad ingenti svalutazioni (la Corte menziona per i considerevoli pregiudizi economici arrecati quella detenuta nella Aspen Avionics Inc., azienda acquistata per 3 milioni di euro e svalutata nel bilancio 2018 a soli 66mila euro. Per questo la Corte “invita il Cira ad attuare, anche per il futuro, una attenta e costante analisi della sussistenza dei presupposti di iscrizione nonché di svalutazione in bilancio delle poste creditizie, riconciliandole con i bilanci delle rispettive controparti”.
L’ultimo punto toccato dalla relazione riguarda l’eccesso di consulenze chieste dal Cira. “Solo nel 2018″, si legge”, sono stati assegnati “incarichi di assistenza legale per circa 125mila euro”. I magistrati chiedono quindi di “effettuare una verifica puntuale in ordine alla presenza in azienda di risorse idonee che consentano di provvedere senza il ricorso a incarichi esterni” e di “eseguire gli interventi prevedibili sulla base di un’adeguata programmazione e mediante regolari procedure di approvvigionamento”. Il Cira deve inoltre rafforzare la capacità di attrarre commesse private al fine “di recuperare il necessario requisito della solidità finanziaria di lungo termine, considerato che l’accumulo di perdite nel tempo è inevitabilmente destinato a erodere progressivamente, in assenza di adeguati correttivi gestionali, il patrimonio della società, che è via via sceso, da 116,3 mln del 2015, a 106,1 del 2018″. Numeri che dovrebbero essere migliorati negli ultimi due anni; la sezione controllo della Corte non ha ancora esaminato il risultato della gestione 2019, ma sul sito del Cira si apprende che “l’esercizio 2019 si è chiuso con un utile di 5,2 milioni di euro e il valore della produzione si è attestato sui 47 milioni di Euro con una crescita del 15% rispetto al 2018.