L’evoluzione della crisi di governo innescata da Matteo Renzi, con le dimissioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, non ferma i provvedimenti economici attesi dopo il via libera al nuovo scostamento di bilancio da 32 miliardi. A partire dall’ulteriore rinvio delle cartelle esattoriali: il congelamento disposto il 14 gennaio vale solo fino a fine mese, quindi senza interventi da lunedì gli atti del fisco ricominceranno gradualmente a partire. Cosa che il governo intendeva e intende scongiurare, anche perché significherebbe file agli sportelli dell’agente della riscossione e ancora prima alle Poste per ritirare le raccomandate, scenario sconsigliabile in piena pandemia. L’altra urgenza sono gli ulteriori aiuti alle attività economiche da inserire nel decreto Ristori 5. Provvedimento che rientra nelle facoltà dell’esecutivo dimissionario ma ancora in carica per il disbrigo degli affari correnti, come da prassi.
Gli uffici di via XX Settembre sono ancora orientati al varo di un unico decreto che potrebbe arrivare la settimana prossima. Del resto è vero che dall’1 febbraio le Entrate possono ricominciare a spedire gli atti, ragionano i tecnici, ma si tratterebbe di una ripartenza lenta e qualche giorno in più non cambierebbe sostanzialmente la situazione. Il provvedimento potrebbe contenere anche un nuovo saldo e stralcio e la rottamazione quater.
Quanto ai ristori, questa volta sarà superato il meccanismo dei codici Ateco e dell’ancoraggio dei contributi a fondo perduto alla perdita di fatturato di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del 2019, che ha provocato disparità di trattamento e in alcuni casi “ingiustizie”, come riconosciuto dal ministro dell’Economia. Roberto Gualtieri ha prospettato un meccanismo perequativo che dovrebbe guardare alle perdite dell’intero anno pandemico, anche se questo allungherà i tempi per l’erogazione da parte delle Entrate. Inoltre c’è l’ipotesi di guardare non tanto alle perdite quanto ai costi fissi non coperti da altri aiuti.
In parallelo occorre decidere in che forma distribuire gli oltre 5 miliardi del fondo creato con il decreto Ristori 4 per concedere ad alcuni dei soggetti destinatari di sospensioni fiscali e contributive “l’esonero totale o parziale dalla ripresa dei versamenti”. Infine c’è il pacchetto lavoro, con la proroga della cassa integrazione Covid e un probabile allungamento del blocco dei licenziamenti che scade il 31 marzo, anche se va ancora deciso se estenderlo in maniera generalizzata o selettiva, solo per le aziende più colpite dagli effetti delle restrizioni.
Guardando a un orizzonte un po’ più lungo, il dossier cruciale è ovviamente il Recovery plan, la cui messa a punto non fa parte degli affari correnti e dunque si interrompe con la crisi. Se non si riuscisse a trovare una nuova maggioranza e non restasse altra strada che il ritorno alle urne, ha avvertito il ministro degli Affari europei Enzo Amendola, questo significherebbe che a finalizzare il piano dovrebbe essere il nuovo governo e i tempi si allungherebbero ben oltre il previsto. Con il rischio di presentare il piano a Bruxelles fuori tempo massimo.