Dalla sfida tutta piemontese con la più blasonata Pro Vercelli, alla vittoria con la corazzata inglese Reading, fino agli anni in vetta alla Serie A. Il sogno di Jaffe è finito sul più bello, con lo scoppio della Grande Guerra. Poi il Ventennio e la deportazione prima a Fossoli e poi nel lager polacco, lui che era di origine ebraica ma convertito al cattolicesimo
1909. Il calcio non è ancora lo sport nazionale che conosciamo oggi. È arrivato in Italia da poco più di dieci anni. A portarlo nella penisola sono stati i genovesi, costantemente in rapporti commerciali con i fondatori inglesi. Da quel momento in poi il calcio ha iniziato a diffondersi. Prima delle grandi città come Torino e Milano, poi nei piccoli centri di provincia. Casale Monferrato è uno di questi. È in questo luogo che insegna il professor Raffaele Jaffe, all’Istituto Tecnico “Leardi”. Sarà lui a dare vita al miracolo Casale.
Jaffe è nato ad Asti l’11 ottobre 1877 da una famiglia di origine ebraica e si è laureato pochi anni prima in Scienza Naturale e Chimica. Un pomeriggio d’autunno incontra alcuni suoi studenti e viene convinto ad assistere a una partita di calcio nel vicino comune di Caresana. Per Jaffe è una folgorazione. La vista di quei ventidue giocatori che rincorrono una sfera gli dà un entusiasmo che ha provato poche volte in vita sua. Un sentimento che deve tramutarsi in qualcos’altro di concreto. Il professore decide così di impegnarsi personalmente per riportare il calcio a Casale. Perché riportare? Perché a Casale Monferrato quello sport anglosassone era già approdato quattro anni prima, nel 1905. La storia della Robur però era durata appena due anni.
È il 18 dicembre 1909, Aula 1 dell’Istituto “Leardo”. Sono passate poche settimane da quella partita a Caresana. È nato ufficialmente il Casale Football Club. Il presidente è lo stesso Raffaele Jaffe. L’obiettivo non è soltanto quello di promuovere il calcio nella città piemontese, ma è molto più alto: contrapporsi alla Pro Vercelli, bi-campione d’Italia uscente. Il progetto di Jaffe sembra utopistico ma se nasci a Casale Monferrato la contrapposizione con Vercelli viene quasi naturale. La rivalità tra i due posti è storica e affonda le sue radici ben otto secoli prima, nel 1215. È in quell’anno che le Milizie del Vescovo di Vercelli assediano, incendiano e distruggono Casale. La società, quindi, deve essere contrapposta in tutto alla Pro. A cominciare dalla casacca. Per la sua squadra Jaffe sceglie il colore nero, in contrasto con il bianco indossato dai vercellesi. Sul petto poi viene fissata una stella a cinque punte.
La squadra che viene costituita ha già al suo interno elementi che si riveleranno in seguito veri e propri campioni. Giocatori come Barbesino, Gallina, Rosa e Bertinetti. Non c’è da stupirsi quindi se il Casale, dopo appena due anni, è già pronto a giocarsi le sue chance in Prima Categoria (la Serie A dell’epoca) dopo aver centrato due promozioni consecutive. È la stagione 1911-12 quella del primo campionato di massima serie. La prima occasione di misurarsi con la Pro Vercelli. Il torneo termina con il quarto scudetto dei vercellesi e il sesto posto del Casale. Entrambi gli scontri diretti vengono vinti dai bianchi. Per i nerostellati ci vuole ancora tempo. Anche perché il club di Jaffe non ha un vero e proprio allenatore. Come ha dichiarato Bertinetti pochi anni prima di morire, l’allenatore non era “nessuno. Facevamo tutto fra noi. La formazione la decideva il capitano Barbesino”.
Stagione 1912-13. L’annata che dà al Casale la consapevolezza di essere una grande squadra. Non tanto per il campionato concluso in quarta posizione nel Torneo Settentrionale e vinto ancora una volta dalla Pro Vercelli. Quanto per ciò che accade il 14 maggio 1913. A Casale arriva la squadra professionistica del Reading. Gli inglesi sono all’ultima partita di una tournée italiana che li ha visti giocare e dominare contro il Genoa, il Milan e la Pro Vercelli. La loro superiorità è così netta che dopo la seconda partita – quella contro il Milan terminata per 5 a 0 – il Corriere della Sera li ha definiti “senza dubbio la più forte delle squadre straniere viste in Italia”. Contro i ragazzi di Jaffe, però, gli inglesi subiscono una inaspettata sconfitta per 2 a 1. Varese e Garasso hanno realizzato l’impensabile, la prima vittoria di una squadra italiana su un club inglese. Il primo successo contro i “maestri”. È la prova che serviva. Adesso il Casale è davvero pronto per puntare allo scudetto.
1913-14. Nel girone Ligure-Piemontese il Casale non ottiene mai una vittoria contro la Pro Vercelli ma riesce a fare qualcosa di meglio. La estromette dal successivo girone. A qualificarsi sono infatti la squadra di Jaffe e il Genoa, appaiate in testa alla classifica con 31 punti. I vercellesi sono appena un punto sotto. Nel girone finale del raggruppamento Nord-Italia partecipano sei squadre. Insieme a Genoa e Casale ci sono anche Inter, Juventus, Vicenza e Hellas Verona. La supremazia dei nerostellati è netta: 8 vittorie su 10 partite. Appena sei le reti subite. La prima finalissima tricolore è realtà. L’altra finalista arriva da un mini-torneo tra le due squadre della sezione campana, Internazionale Napoli e Naples, e dalle vincenti delle sezioni laziale e centro-meridionale, rispettivamente Lazio e SPES Livorno. A spuntarla è la Lazio, anche lei alla caccia del primo titolo. Lo scudetto si decide con una doppia sfida ma in realtà dopo la partita di andata è già tutto finito. Il 5 luglio 1914 il Casale vince per 7 a 1 in Piemonte. Una prestazione che rende il match di ritorno soltanto una passerella. Un modo per allungare di 90 minuti un esito già scritto. Il Casale vince ancora, 2 a 0. Ad appena cinque anni dalla sua fondazione il Casale è campione d’Italia. Il sogno di Raffaele Jaffe si è realizzato.
Una gioia intensa quanto fugace. Due settimane dopo il trionfo, l’Austria dichiara guerra alla Serbia. La Grande Guerra è iniziata, decretando la fine del miracolo Casale. La guerra costringe l’Italia ha interrompere le attività sportive per quattro anni. Nel dopoguerra le difficoltà economiche generali si fanno sentire anche nel calcio. Nel 1919 Raffaele Jaffe lascia il club. I piemontesi continuano comunque a ben figurare in un campionato in cui cominciano ad emergere le squadre delle grandi città metropolitane. Nel 1928-29 i nerostellati retrocedono in Serie B dopo quasi venti anni ma riescono a ritrovare la massima categoria l’anno successivo. Tre stagioni in Serie A, poi la ricaduta tra i cadetti. Adesso è davvero finita. È la serie A 1933-1934. Il Casale Football Club non vedrà più il massimo campionato, venendo relegato prevalentemente tra la Serie C e la Serie D, campionato che ancora oggi lo vede protagonista nel girone A.
E Raffaele Jaffe? Nel 1927 sposa una ragazza cattolica e lui, di origine ebraica, comincia un percorso di conversione religiosa. A metà degli anni Trenta viene anche battezzato ma questo non gli evita di subire le leggi razziali del 1938. Il 16 febbraio 1944 viene arrestato dalla polizia fascista e internato nel campo di Fossoli. Lì rimane cinque mesi, anche perché la sua posizione è particolare. Le leggi italiane non prevedono deportazioni per i convertiti. Per i tedeschi però le cose stanno diversamente. A inizio agosto del 1944 Raffaele Jaffe viene deportato ad Auschwitz, dove arriva dopo un viaggio in treno di quattro giorni. Da lì non tornerà più. I nazisti lo uccidono il giorno del suo arrivo nel campo di sterminio, il 6 agosto 1944. A Casale Monferrato, oggi, i giardini pubblici portano il suo nome. A Casale Monferrato, oggi, è ancora forte il ricordo di quel miracolo sportivo nato da una passione autunnale di un semplice professore di provincia.