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La Spagna arranca nella crisi da Covid. E ora tornano le elezioni in Catalogna

Nei dibattiti sui media spagnoli, quando si ricorre ad analisi comparative con altri paesi dell’Unione europea, l‘Italia è sempre lì presente, come la Francia. Siamo, con i cugini d’Oltralpe, un costante punto di riferimento per l’economia, per le vicende della politica, ora per la sanità. Se i bizantinismi dei nostri partiti o le disfunzioni italiche nella gestione della cosa pubblica tornano spesso utili per sottolineare la maggiore efficienza interna, oggi gli analisti spagnoli sono concordi nel mettere in evidenza la migliore risposta italiana alla crisi sanitaria e la più pronta reattività dell’economia nei rapporti internazionali.

La Spagna arranca, è in sofferenza da mesi, la curva dei contagi rimasta alta ha tenuto in persistente affanno il sistema sanitario. È come se lo stato di crisi avesse messo in luce difetti antichi, che sembravano superati dallo spinto ammodernamento vissuto dal paese negli ultimi decenni.

La politica ha mostrato disunione, con uno sfilacciamento nei rapporti tra governo centrale e molte regioni autonome. Gli impulsi indipendentisti non si sono attenuati nemmeno di fronte alla pandemia: una Catalogna senza pace tornerà alle urne, è la quinta volta in un decennio, dopo l’interdizione dell’ultimo President, Quim Torra, scattata per mano del Tribunale Supremo. L’alto organo giurisdizionale lo scorso autunno ha condannato il capo della Generalitat per un atto di disobbedienza – l’ennesimo contro il principio di unità nazionale: questa volta il casus belli era uno striscione con simboli separatisti che ha campeggiato sul balcone del palazzo istituzionale, nella piazza di Sant Jaume, durante la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento nazionale.

L’economia è allo stremo, come altrove d’accordo, tuttavia la gran corsa verso i mercati esteri che vedeva coinvolta l’imprenditoria iberica ha subito, nell’anno dell’emergenza, un crollo più pronunciato che in altri paesi concorrenti.

La Spagna ha raggiunto una quota di mercato delle esportazioni mondiali pari al 1,9% (l’Italia è al 2,84), poi il “batacazo”, il crac, che ha portato alla maggiore crisi economica in assenza di conflitto bellico. Un tunnel dal quale, secondo le previsioni del Banco de España, si uscirà solo alla fine del 2023, quando si ritornerà ai livelli registrati nel 2019.

La caduta delle esportazioni, fino al 27% nel pieno dell’emergenza dello scorso anno, ha conosciuto una leggera frenata negli ultimi due mesi, con piccoli segnali di ripresa e nuove speranze nei rapporti post-Brexit con il Regno Unito. Un rapporto della Camera di commercio segnala che quello britannico, il quinto mercato per le esportazioni di merci made in Spain, tornerà presto ai livelli ordinari, con l’agro-alimentare a fare da traino.

La crisi epidemiologica ha messo a nudo anche le fragilità di un sistema sanitario che si pensava essere efficiente. Molte critiche verso il governo di sinistra sono montate per lo scarso monitoraggio dei positivi asintomatici e per la poca attenzione sulle ultime varianti del virus. Le voci che chiedevano l’annullamento dell’Iva per le mascherine Ffp2 sono rimaste inascoltate, solo per quelle chirurgiche l’imposta è stata portata dal 21 al 4 per cento.

E poi lo scandalo dei privilegi nella campagna per la vaccinazione: poche ore fa il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, il generale Miguel Ángel Villarroya, ha ceduto alle accuse e alle virulenti polemiche rassegnando le dimissioni nelle mani del Ministro della Difesa. Era accusato di aver abusato della sua posizione per aver ricevuto il vaccino, pur non rientrando nel primo piano vaccinale.

Una radio commentando la notizia ha denunciato la “miseria morale” dilagante… e non era un’emittente italiana.