Così Cosa Nostra cercava di accreditarsi come referente in grado di fornire aiuti alla popolazione alla ricerca del consenso sociale. Dall'indagine della Dda è inoltre emerso che la mafia pianificava rapine a portavalori e distributori di benzina con armi automatiche da guerra per incamerare denaro liquido da riutilizzare per il sostentamento dei mafiosi liberi e detenuti
Volevano essere il punto di riferimento per le famiglie indigenti del quartiere Zen di Palermo, organizzando una distribuzione alimentare per i poveri durante il primo lockdown del 2020. È quanto emerge nell’ambito dell’operazione “Bivio”, che ha portato all’arresto di 16 persone del mandamento di Tommaso Natale. Sono accusate di associazione mafiosa, tentato omicidio, estorsioni, danneggiamenti, minacce aggravate, detenzione abusiva di armi da fuoco. Tra loro c’è il capomafia palermitano Giuseppe Cusimano, che dimostra come Cosa Nostra cercasse di accreditarsi come referente in grado di fornire aiuti alla popolazione alla ricerca del consenso sociale e di quel riconoscimento sul territorio, indispensabili per l’esercizio del potere mafioso.
“Le indagini ci hanno consentito di dimostrare come i mafiosi tentassero allo Zen di Palermo di dare una sorta di ‘welfare mafioso’ alla gente che aveva bisogno, durante la prima fase del lockdown, addirittura con sussidi alimentari, scoperti dai Carabinieri. Un welfare che però non porta a nulla di buono”, ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, generale Arturo Guarino, commentando i fermi eseguiti nella notte nella zona dello Zen. “L’attività coordinata dalla Dda di Palermo ci ha consentito di intervenire preventivamente in contrasti forti, anche violenti dell’organizzazione mafiosa che cercava di riorganizzarsi con contrasti interni a seguito del tentativo di riorganizzare la Cupola mafiosa a Palermo”, dice. Guarino ringrazia poi i cinque imprenditori che hanno denunciato il pizzo: “Dobbiamo ringraziare anche stavolta alcuni imprenditori, 5 imprenditori che si sono rivolti ai carabinieri per denunciare il pizzo – dice – grazie ancora a loro che ci consentono di avere fiducia nella parte sana del società. La mafia non può prevalere”.
Proprio a Cusimano era affidata la nuova “famiglia” mafiosa dei quartieri Zen-Pallavicino, ma dall’indagine, come spiega Guarino, è emerso che il neo costituito clan aveva problemi gestionali, dovuti all’’esuberanza’ criminale e alla violenza di alcuni suoi esponenti. Un esempio è quanto accaduto lo scorso settembre 2020 nel quartiere Zen, quando due gruppi armati si sono sfidati “a duello”. Le due bande si sono affrontate, armi in pugno, in pieno giorno e in strada, sparando colpi di pistola che solo per un caso fortuito non hanno provocato la morte o ferito nessuno. L’episodio ha indotto i vertici mafiosi a prendere provvedimenti e a progettare l’eliminazione di alcuni soggetti non “allineati” e non controllabili. Solo l’intervento degli inquirenti ha scongiurato nuovi omicidi. Dall’indagine della Dda di Palermo è inoltre emerso che la mafia pianificava rapine a portavalori e distributori di benzina con armi automatiche da guerra ed esplosivo al plastico per incamerare denaro liquido da riutilizzare per il sostentamento dei mafiosi liberi e detenuti. Stesso progetto riguardava un distributore di benzina, che utilizzava vigilanza armata: l’organizzazione, emerge dall’inchiesta, non avrebbe esitato a usare le armi per neutralizzare il vigilante e rapinare l’esercizio commerciale. Per evitare di essere intercettati i boss organizzavano i loro summit in mare, a bordo di un gommone. L’operazione di oggi, ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, generale Arturo Guarino, “è un grave colpo inferto al mandamento mafioso di Tommaso Natale che opera anche allo Zen di Palermo”.