In questi mesi lo staff legale a cui si è affidata Teresa Giglio ha depositato diversi elementi probatori, tra cui le tracce di Dna attribuibili a due uomini rilevate sulla pashmina che la 31enne aveva al collo al momento del decesso e i dati ricavati dal suo smartphone. Dati che erano stati parzialmente cancellati mentre gli apparecchi erano in custodia della polizia giudiziaria e su cui i pm hanno aperto un'indagine parallela
Gli elementi probatori raccolti negli ultimi mesi dallo staff difensivo che assiste la madre di Tiziana Cantone, Teresa Giglio, hanno portato i risultati sperati dalla famiglia: la procura di Napoli Nord ha deciso di aprire un nuovo fascicolo contro ignoti sulla morte della 31enne. L’ipotesi di reato è omicidio. Originaria di Mugnano di Napoli, Cantone è deceduta il 13 settembre 2016 dopo la diffusione online di alcuni video privati: per i carabinieri e per i magistrati si è tolta la vita. Ma la madre non ha mai creduto a questa ricostruzione e si è affidata all’Emme-Team, un gruppo di studi legali con sede a Chicago, per arrivare alla riapertura del caso.
I magistrati fanno sapere che le indagini per omicidio sono “un atto dovuto” dopo gli atti di prova presentati in questi mesi in procura. Come le tracce di Dna, attribuibili a due uomini, rilevate sulla pashmina che Cantone aveva intorno al collo quando fu trovata dalla zia (dettaglio che ha subito fatto ipotizzare che si fosse tolta la vita). Tra gli elementi probatori raccolti dalla madre e dal suo legale, Salvatore Pettirossi, ci sono poi i contatti telefonici e le attività su internet della ragazza, ottenuti grazie all’accesso agli account del suo iPad e del suo iPhone. Dati che erano stati parzialmente cancellati mentre gli apparecchi erano in custodia della polizia giudiziaria, che nel frattempo stava indagando sulla morte di Cantone. Un altro mistero intorno al caso, su cui il sostituto procuratore Giovanni Corona ha già aperto un’inchiesta parallela per frode processuale.
Stando a quanto riferiscono gli esperti informatici dell’Emme team, infatti, lo smartphone della 31enne è stato acceso, sbloccato e utilizzato per oltre un’ora, dopo il sequestro seguito al ritrovamento del corpo. Gli investigatori, invece, ricordano i consulenti del team statunitense, “riferirono di non essere riusciti ad accedere al suo cellulare a causa del Pin“. L’utilizzo del telefono per navigare sul web, spiegano ancora gli esperti, “è avvenuto mentre il telefono era sotto sequestro“. Tre giorni dopo la morte di Tiziana, inoltre, è emerso un altro accesso al cellulare che, secondo il perito nominato dalla Procura, era ancora inaccessibile sempre a causa del Pin.