Efficacia al 60%, ma chi si ammala non ha sintomi gravi. E poi sarà per tutti anche gli over 55. A poche ore dal responso dell’Agenzia europeo del farmaco (Ema) sul vaccino Oxford Astrazeneca sappiano qualcosa di più sul quello che fino a due mesi fa era considerato il candidato vaccino più promettente tra quelli in sperimentazione fino al caso della dose e mezza somministrata per un caso ad alcuni volontari. Marco Cavaleri, responsabile vaccini dell’Ema, in una intervista a Il Messaggero, spiega che il via libera al composto potrebbe arrivare già domani, mercoledì 27 gennaio, anche se la data fissata del 29 resta quella più probabile. “Non ci saranno distinzioni di età” per l’uso del prodotto, “anche se poi saranno le singole autorità sanitarie degli Stati, se lo riterranno opportuno, a decidere per quali fasce di popolazione utilizzare quel vaccino”. Eppure lo scorso ottobre la stessa società aveva comunicato ufficialmente che negli anziani era stata rilevata “una robusta risposta immunitaria”. “Sebbene i dati sugli anziani non siano abbastanza, si ritiene che comunque anche per loro ci sia un buon rapporto rischi-benefici. Chiariremo però certamente nel sommario del prodotto che ci sono poche informazioni, che l’efficacia non è stata stabilita propriamente per la popolazione più anziana. Ma è possibile estrapolarla grazie a ciò che vediamo negli adulti”.
Il vaccino è stato approvato come è noto in Gran Bretagna a fine dicembre e in altri paesi più avanti proprio nella modalità della doppia dose, meno efficace ma testata su un numero sufficiente di persone per essere approvata dall’ente regolatore inglese Mhra (Medicines and Healthcare products Regulatory Agency). Il composto – sviluppato con la tecnica del vettore virale – però non ha assolutamente un’efficacia dell’8% sugli anziani, come scritto da alcuni giornali tedeschi. “Noi non riteniamo che vi siano le condizioni per dire che il rapporto rischio-beneficio per gli anziani sia negativo, però che i dati sugli anziani siano limitati è indubbio. Lo comunichiamo in modo trasparente, poi decidono i singoli Governi”. Ma qual è l’efficacia generale ipotizzata per questo vaccino? “Dopo la seconda dose è attorno al 60%” che era l’efficacia già comunicata dai ricercatori a novembre con la modalità della doppia dose appunto.
Un vaccino per essere approvato ha bisogno del 50% di efficacia e quindi il 60% è sufficiente: “Anche perché noi guardiamo al rapporto rischi-benefici, non facciamo confronti con altri prodotti. Inoltre, se gli altri vaccini non sono disponibili per tutti, non possiamo bloccare questo” spiega Cavaleri. Che spiega anche che ci sono solo dati preliminari sui vaccinati che possono trasmettere comunque il virus e “non sono molto positivi. Questo vaccino non avrebbe una grande capacità di bloccare l’infezione. L’elemento importante, che invece è incoraggiante, è che a fronte di una efficacia del 60%, anche tra chi si è ammalato i sintomi non sono stati gravi. Questa è un’area che mi fa ben sperare. E un vaccino che previene la malattia grave ci aiuterà a limitare i ricoveri”. Ormai, comunque, anche per il vaccino Astrazeneca si punta sulla formula dose intera alla prima somministrazione e dose intera alla seconda, non a quella che aveva dato una risposta apparentemente migliore e cioè mezza dose-dose intera. “Sì. La seconda formula – chiarisce il dirigente Ema – derivava da un errore nella sperimentazione e anche l’azienda ormai l’ha abbandonata. Non c’erano abbastanza dati”. Anche se proprio Astrazeneca aveva annunciato, a fine novembre dell’anno scorso, che avrebbe portato avanti studi supplementari per validare l’efficacia al 90%.
Ma questo vaccino sarà efficace anche sulle varianti? “Non abbiamo ancora quei dati, li stiamo aspettando. Il vaccino di Astrazeneca ha una componente di immunità cellulare importante, potrebbe mantenere una protezione buona anche sulla variante – ipotizza l’esperto – Ma servono riscontri sul campo, lo vedremo durante le campagne vaccinali. Più che sulla variante inglese, ci servono conferme sulla brasiliana e sulla sudafricana”. Quanto al dialogo sui vaccini russo e cinese, “siamo all’inizio – puntualizza Cavaleri – Non siamo alla rolling review (la verifica dei dati mentre è in corso la sperimentazione, ndr). La compagnia russa che produce Spuntik 5 ci ha inviato i primi dati, ci sono ancora diversi punti da chiarire. Nella migliore delle ipotesi tra 2 mesi potrà iniziare la rolling review, ma le incognite sono numerose. Lo stesso tipo di confronto è cominciato con Sinovac, cinese. Se i dati saranno convincenti e la produzione è compatibile con i nostri standard, non ci saranno preclusioni”. Si avvicina infine il vaccino di Janssen (Johnson&Johnson) la cui fase 3 è iniziata a metà novembre. “Stanno marciando molto speditamente. L’approvazione -potrebbe avvenire tra fine febbraio e inizio marzo”.