Il natante era stato sequestrato nel 2010 nell’ambito di un indagine per evasione fiscale da 3,6 milioni di euro sull’Iva all’importazione: il patron del Billionaire era stato condannato in Appello a 18 mesi, sentenza poi prescritta dopo un annullamento con rinvio da parte della Cassazione. Ad aggiudicarsi la vendita giudiziale, disposta il 31 dicembre scorso, è stato il 90enne ex patron della Formula 1, legato da una lunga amicizia con Briatore
È Bernie Ecclestone il nuovo proprietario del Force Blue, il colossale yacht di Flavio Briatore sequestrato nel 2010. Il magnate britannico, 90 anni, ex patron della Formula 1, si è aggiudicato la vendita giudiziale disposta il 31 dicembre scorso dalla Corte d’Appello di Genova. La somma offerta dall’imprenditore – all’esito dell’apertura delle buste – è di 7 milioni e 490mila euro, poco più della base d’asta, fissata a 7 milioni. Il valore stimato del natante al momento del sequestro era di circa 20 milioni, quasi tre volte di più. A saltare subito all’occhio è la stretta amicizia tra il vecchio e il nuovo proprietario, cementata negli anni in cui Briatore è stato direttore esecutivo delle scuderie automobilistiche Benetton e Renault. “Lo sento tutti i giorni”, diceva il patron del Billionaire nel 2017, commentando la scelta di Ecclestone di cedere lo scettro della Formula 1. I due imprenditori sono stati anche soci in affari: nel 2007 rilevarono insieme il Queenspark Rangers, squadra di calcio londinese militante in seconda serie, accollandosi 15 milioni di debiti e rimanendone proprietari fino al 2010. Ancora nell’estate 2020 Ecclestone sponsorizzava l’amico come possibile nuovo team principal della Ferrari, al posto di Mattia Binotto: “È incredibilmente competente”, ha detto al quotidiano tedesco Bild.
Nelle ultime settimane i legali di Briatore avevano tentato più volte di bloccare l’asta, presentando tre successive istanze e un ricorso urgente in sede sia penale che civile, offrendo – a nome del tycoon – di coprire di tasca propria i costi per il rimessaggio dello yacht, senza successo. La Corte d’Appello, su segnalazione del custode giudiziario, aveva deciso per la vendita a causa del rischio di degrado a cui era esposta la lussuosa imbarcazione a causa dell’inattività forzata. Se infatti fino al 2019 le spese erano coperte dallo Stato attraverso brevi periodi di charter (noleggio) nella stagione estiva, quest’anno, complice la crisi sanitaria, le passività per lo Stato erano tali da rendere antieconomico anche il semplice rimessaggio a secco. Per questo i giudici avevano applicato la norma che consente di “destinare alla vendita i beni mobili sottoposti a sequestro se gli stessi non possono essere amministrati senza pericolo di deterioramento o di rilevanti diseconomie”. Una vera beffa per il milionario di Verzuolo, se si pensa che il giudizio di Cassazione che avrebbe potuto annullare il sequestro era inizialmente previsto per il 12 febbraio, appena 15 giorni dopo l’asta (in seguito è stato rinviato al 9 giugno).
Il natante era stato sequestrato nell’ambito di un indagine per evasione fiscale da 3,6 milioni di euro sull’Iva all’importazione. Nell’ipotesi dei pm, Briatore aveva fittiziamente intestato il Force Blue a una società-schermo con sede alle isole Cayman, in modo da presentarsi come semplice charterista ed evitare il versamento delle imposte sul carburante. Accusa che aveva portato a una condanna in Appello a 18 mesi, poi prescritta dopo un annullamento con rinvio da parte della Cassazione. Ma il sequestro, rimasto in piedi, dev’essere ancora reso definitivo dalla Suprema Corte. Se anche la decisione fosse favorevole a Briatore, però, tutto quello che gli ritornerebbe in tasca sarebbe il ricavato della vendita: cioè quei 7 milioni e 490mila euro sborsati da Ecclestone allo Stato.
Sempre riguardo allo yatch, Briatore è indagato anche per corruzione, un’inchiesta su cui la procura si prepara a chiedere il rinvio a giudizio. Secondo i magistrati di Genova, infatti, si accordò con il direttore dell’Agenzia delle entrate del capoluogo ligure, Walter Pardini, per sponsorizzare le attività di quest’ultimo in Kenya, in cambio di un’interpretazione favorevole della norma sull’Iva che – nei piani di Briatore e del suo commercialista Andrea Parolini – avrebbe facilitato l’assoluzione del milionario in appello. Non andò così: Pardini finì in manette con l’accusa di aver preso una tangente prima di poter concretizzare il patto. Briatore, invece, fu condannato a 18 mesi per evasione fiscale sull’importazione dello yacht. Poi, come detto, è sopraggiunta la prescrizione.