Il futuro ad conosce bene Piazza Cordusio per aver tirato le fila delle nozze fra Unicredito e Credito italiano, operazione da 21 miliardi di euro da cui nacque Unicredit. Il governo dimissionario puntava a cedere all'istituto la Mps di cui ora è primo azionista, ma i giochi ora potrebbero riaprirsi. Leonardo Del Vecchio, socio di Unicredit, Mediobanca e Generali, è contrario al matrimonio
Lo chiamano il Cristiano Ronaldo dei banchieri. Andrea Orcel, romano, classe 1963, è il manager che traghetterà Unicredit verso il futuro. Noto come “deal maker”, l’uomo delle aggregazioni, ha un lungo passato nel mondo delle operazioni di fusione. Quello che ci vuole per rilanciare la banca come polo aggregante in Italia e non solo. Sarà il manager delle nozze con il Monte dei paschi di Siena? Sono in molti ad esserne convinti, ma non è escluso che il suo mandato possa anche riservare sorprese. Orcel, del resto, è uno che conosce bene Piazza Cordusio per aver tirato le fila della fusione fra Unicredito e Credito italiano, un’operazione da 21 miliardi di euro. A quell’epoca risale anche l’intesa con il fondatore di Luxottica, Leonardo del Vecchio, che è stato il suo maggiore sponsor per la massima poltrona di Unicredit, assieme alle fondazioni di Torino e Verona. Ma, nella sua lunga carriera, si è meritato sul campo anche l’apprezzamento dagli investitori internazionali. Tanto che non è la prima volta che il suo nome viene tirato in ballo per la guida di Unicredit: nel 2011 fu uno dei candidati più accreditati alla sostituzione dell’allora numero uno, Alessandro Profumo. Merito probabilmente di una formazione e un percorso professionale tutto internazionale.
Dopo aver studiato al liceo francese Chateaubriand ed essersi formato in economia all’università La Sapienza di Roma, Orcel ha proseguito gli studi a Parigi nella celebre business school Insead di Fontainebleau, alle porte della capitale francese. Di qui gli esordi nel mondo della finanza internazionale con Goldman sachs e Boston Consulting group. Nel 1992 entra in Merrill Lynch a Londra dove trascorre una ventina di anni ad occuparsi esclusivamente di fusioni e aggregazioni. Nel 2012 dice addio alla banca statunitense per approdare nel gruppo svizzero Ubs per volere dell’allora amministratore delegato, Sergio Ermotti. Fra il 2012 e il 2018 lo sfiora lo scandalo del Libor: un ex trader di Ubs e Citigroup, Tom Hayes, viene riconosciuto colpevole per manipolazione di mercato e condannato a 14 anni di reclusione. Non è un bel momento per la finanza internazionale. Ma Orcel è uno di tempra dura. Dorme poco e, se c’è da lavorare, taglia le vacanze. E a chi è nel suo team, chiede di seguire il buon esempio. Pena: uscire dalla squadra nel giro di 24ore con gli scatoloni in mano all’americana.
Fra le operazioni più note che ha messo a segno, le nozze del Bbv con Argentaria da cui è nato l’attuale Bbva. E soprattutto lo spezzatino di Abn Amro, con il coinvolgimento della belga Fortis, dello spagnolo Banco Santander e della Royal Bank of Scotland. E cioè dell’operazione che vide l’assegnazione alla banca spagnola di Emilio Botin dell’Antonveneta successivamente rivenduta al Monte dei Paschi di Siena per la stratosferica cifra di 9 miliardi. Per Mps davvero un’acquisizione indigesta che sarà alla base delle difficoltà finanziarie di Siena. Per Orcel, invece, quell’operazione segna l’inizio di un’intesa profonda con il banchiere spagnolo Botin, vicino all’Opus dei. Al punto che quando Botin scompare, la figlia Ana, già consigliere delle Generali, invita il banchiere italiano a dirigere l’istituto di credito spagnolo. Orcel accetta di lasciare Ubs, ma poi la Botin cambia idea suscitando le ire del manager che chiede 112 milioni di risarcimento. Somma attualmente ancora in discussione fra le parti.
Ironia della sorte, ora proprio ad Orcel toccherà entrare in Unicredit con il governo italiano – dimissionario – che punta alle nozze con Mps. Ma con uno sponsor che è contrario al matrimonio: Leonardo Del Vecchio. Il fondatore di Luxottica, socio di Unicredit, Mediobanca e Generali, sembra invece più orientato a sostenere un nuovo asse italiano che da Milano arrivi fino a Trieste. Difficile dire che cosa accadrà. Molto dipenderà certamente dagli assetti politici romani, oggi estremamente precari.