Il Football Money League di Deloitte mette nero su bianco le difficoltà finanziare dei maggiori club europei: il Covid ha colpo ovviamente sulle vendite al botteghino, ma la maggiore contrazione ha riguardato i diritti tv. E ora? Un futuro fatto di trasferimenti folli e di ingaggi monstre non è più possibile (o lo sarà per sempre meno società sempre più ricche)
Difficile capire quanto sia profondo l’abisso. Anche perché i numeri sono pennellate che dipingono un quadro ancora più cupo del previsto. A far risuonare l’allarme rosso, nel senso finanziario del termine, è stata la Deloitte, totem delle aziende di consulenza e revisione contabile, che ha messo nero su bianco una fotografia precisa degli effetti della pandemia sulle performance finanziare dei maggiori club di calcio europei. E le cifre contenute nel Football Money League sono piuttosto orrorose. Nella stagione 2019/2020 le società hanno dovuto fronteggiare una contrazione dei ricavi pari a 1.1 miliardi di euro. Un dato destinato a peggiorare e che, alla fine di questa stagione, arriverà a sfondare quota 2 miliardi.
Nello specifico, i 20 club più ricchi d’Europa hanno prodotto 8.2 miliardi di ricavi, derivanti per il 46% dagli introiti commerciali, per il 39% dai diritti televisivi e dal 15% dal botteghino. Un colpo allo stomaco che rischia di mandare al tappeto diverse società. Almeno per come le abbiamo conosciute finora. L’assottigliamento dei ricavi è dovuto a più fattori. Il più incisivo riguarda i diritti tv, che fra sconti richiesti dai broadcaster e differimento delle entrate ha prodotto una contrazione dei ricavi di 937 milioni di euro, facendo registrare un -23% rispetto alla stagione precedente. I match a porte chiuse, poi, hanno privato i club del sostegno dei propri tifosi. Sia per quanto riguarda l’appoggio diretto alla squadra, ma soprattutto in termini di milioni freschi da iniettare nelle proprie casse. Senza biglietti da vendere, ma anche senza birre, bibite analcoliche, panini e snack da servire ai loro supporter, i club hanno dovuto dire addio a qualcosa come 257 milioni di euro (pari al -23%).
Perdite che non sono state certo lenite dalla crescita dei ricavi commerciali, arrivati a quota 105 milioni, con un +3% rispetto a 12 mesi fa. Uno scenario desolante che testimonia ancora una volta l’insostenibilità di un futuro fatto di trasferimenti folli e di ingaggi monstre. Per rendersene conto, basta dare un rapido sguardo al podio della Football Money League. Il Barcellona si conferma il club con più introiti del Vecchio Continente, con poco più di 715 milioni di euro. Subito dopo c’è il Real Madrid, con 714.9 milioni. Eppure si tratta di due realtà dal presente non esattamente florido.
I blaugrana, infatti, hanno un debito di circa 1173 milioni di euro. Un’enormità. Anche perché quasi due terzi di quel buco deve essere ripianato in breve tempo. Gli istituti di credito hanno un credito di 265 milioni, poi ci sono 2 milioni e mezzo di obbligazioni e 164 milioni di debiti da versare a calciatori e personale. Senza dimenticare, poi, il calciomercato, vera Caporetto dei blaugrana degli ultimi anni. La situazione è piuttosto complessa: nel breve periodo il Barça deve ancora versare 126 milioni di euro, destinati a crescere fino a 196 milioni nel lungo periodo, per completare il trasferimento di alcuni calciatori. Una cifra altissima, soprattutto se si pensa al rendimento effettivo portato da calciatori come Coutinho (ancora 70 milioni da versare nelle casse dei Reds), Malcom (soffiato alla Roma in extremis e praticamente ectoplasmatico in Catalogna, con un costo ancora di 19 milioni da bonificare al Bordeaux) e Arthur (il Gremio aspetta un versamento di 21 milioni).
“La situazione è grave ma non è seria“, direbbe Ennio Flaiano. Ed è vero. Perché oggi Ronald Koeman si è presentato in conferenza stampa e ha ammesso candidamente di non sapere se i giocatori abbiano ricevuto o meno lo stipendio di gennaio. Non un dettaglio da poco, visto che la somma degli ingaggi del Barcellona fagocita il 74% del bilancio del club superando quota 500 milioni di euro. Una società che cammina in equilibrio sulla bancarotta e che ora avrebbe difficoltà a finanziare il proprio mercato anche vendendo i suoi calciatori migliori.
Un’operazione che, invece, il Real Madrid ha portato avanti questa estate. Zero colpi di mercato, 12 calciatori venduti (fra cui Hakimi e Reguilón, due giocatori che potevano rivelarsi parecchio utili alla squadra di Zidane) per quasi 100 milioni di euro. I tempi dei galacticos sembrano ormai lontani. E anche se le meringhe continuano a dire di sognare Mbappé, l’austerità sembra essere la chiave per il futuro, con i mega progetti calcistici destinati al declino. La situazione attuale, però, è figlia anche di una disparità di trattamento. I campioni d’Europa del Bayern Monaco, infatti, sono saliti al terzo posto della Money League con 634,1 milioni di introiti. Un successo relativo, visto che i tedeschi sono riusciti a limitare i danni grazie alla possibilità di mettere a bilancio tutti i ricavi derivanti dai diritti dalla Bundesliga.
L’unica italiana nella top ten è la Juventus, decima con 397,8 milioni di ricavi, con un -13% rispetto allo scorso anno. Gli effetti nel breve periodo sembrano essere piuttosto intuibili. Il calcio o si ridimensiona o sparisce. La torta, soprattutto quella del calciomercato, è stata tagliata in troppe fette. E ora saziarsi è quasi impossibile. Avere una rosa con un valore di mercato che supera il miliardo, come quella del Liverpool, sembra un lusso per chiunque. Anche perché molti acquisti esosi si trasformano in pesi sul groppone, ostaggi di un contratto insostenibile anche per i club di seconda fascia. Per continuare a crescere i club dovranno tagliare. E i giocatori più talentuosi potranno essere maggiormente distribuiti. Oppure concentrati in quel numero sempre più esile di società sempre più ricche. Basterà solo aspettare per scoprirlo.