“Sono 10 su 26 i cinesi positivi al Covid con cui non siamo riusciti a metterci in contatto“. A denunciarlo è il direttore del dipartimento di prevenzione della Asl di Prato, Renzo Berti, che in un’intervista a La Nazione ha spiegato come alcuni cittadini orientali sfuggano al tracciamento fornendo false identità e numeri di telefono sbagliati al momento della registrazione prima di sottoporsi a tamponi nei laboratori privati. “Queste dieci persone hanno presentato dati non corretti e in alcuni casi non hanno fornito neppure un numero di telefono. Per recuperare materialmente gli esiti dei test mandano altre persone. Risalire all’identità personale è impossibile. Purtroppo incontriamo sempre queste difficoltà, anche quando riusciamo a rintracciarli: c’è chi non parla italiano e ha bisogno dell’interprete, chi fa finta di non capire e attacca”.

Un sistema collaudato: “Non è la prima volta che accade“, ha detto Berti ricostruendo il modus operandi, che consiste nell’eseguire il tampone in un laboratorio privato fornendo però dati falsi, una falsa tessera sanitaria e generalità non corrispondenti alla realtà in modo da non essere più trovati poi al momento dell’esito. Positivi ma spariti nel nulla, senza che le autorità sanitarie sappiano chi sono. Il problema, secondo il direttore del dipartimento di prevenzione, sta nel fatto che i laboratori di analisi privati non verificano l’identità del paziente al momento dell’accettazione. Essendo laboratori convenzionati, però, hanno poi l’obbligo di trasmettere i risultati dei tamponi ad Asl e Regione, che scoprono così, a volte, che si riferiscono a persone fantasma.

“La verifica sull’identità personale non è a fini di polizia – ha spiegato ancora Berti a La Nazione –. L’accettazione deve essere corredata da tutti i dati fondamentali perché c’è un aspetto sanitario dietro, sennò è come cercare un ago in un pagliaio. Non voglio andare a caccia del colpevole, ma se io faccio un’analisi a chi non so chi è o dove sta, i riflessi di questo comportamento ricadono sulla salute collettiva. Sono attività private che avranno le loro regole ma questo è un buco che crea una falla nel sistema. A noi non interessa se queste persone sono irregolari, devono avere fiducia”, conclude Berti lanciando un appello.

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