Il governo ha deciso di revocare, e non solo sospendere, l’export di bombe italiane verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi. Il via libera di Uama (l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) ha sancito la decisione dell’esecutivo che segue la risoluzione del Parlamento del dicembre 2020, a prima firma delle deputate Yana Chiara Ehm (M5s) e Lia Quartapelle (Pd), che lo ha impegnato a prorogare la sospensione all’export di armamenti, già in vigore dal 2019, verso i due Paesi. Il provvedimento blocca, secondo una stima di Rete Pace e Disarmo, l’esportazione di ben 12.700 ordigni prodotti dalla Rwm di Domusnovas sui circa 20mila stabiliti dall’accordo firmato durante il governo di Matteo Renzi. Ordigni che, hanno dimostrato alcune inchieste giornalistiche, sono serviti alla coalizione a guida saudita per bombardare i ribelli Houthi in Yemen, uccidendo anche numerosi civili.
“La decisione politica era già arrivata la scorsa settimana, quando il ministro Di Maio ha inviato un parere accolto dalla presidenza del Consiglio sulla revoca”, ha spiegato a Ilfattoquotidiano.it il sottosegretario agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano. A quel punto, dopo ulteriori verifiche legate alla decisione di martedì di Giuseppe Conte di rimettere il mandato nelle mani del presidente della Repubblica, Uama ha risolto le questioni tecniche ufficializzando il provvedimento. Si è infatti stabilito che il processo di revoca avesse già esaurito il proprio passaggio politico e che mancassero solo gli ultimi step tecnici e formali per portarlo a termine, possibili anche durante una crisi di governo. “Questo era fin dal primo momento un nostro obiettivo, per il quale ci siamo impegnati durante la nostra gestione”, ha aggiunto Di Stefano.
Proprio il ministro degli Esteri ha voluto dare il suo personale annuncio, definendo la decisione “un atto che ritenevamo doveroso, un chiaro messaggio di pace che arriva dal nostro Paese. Il rispetto dei diritti umani è un impegno per noi inderogabile. Continuiamo a lavorare seguendo la strada maestra”.
“È un atto di portata storica che avviene per la prima volta nei 30 anni dall’entrata in vigore della Legge 185 del 1990 sull’export di armi – commentano da Rete Pace e Disarmo – Il Governo Conte ha deciso di revocare, non solo sospendere, le autorizzazioni in corso per l’esportazione di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Continua inoltre a rimanere in vigore anche la sospensione della concessione di nuove licenze per i medesimi materiali e Paesi”.
Secondo quanto scrivono in un comunicato i membri delle organizzazioni, il provvedimento riguarda almeno sei diverse autorizzazioni già sospese con decisione presa a luglio 2019, tra le quali la licenza MAE 45560 decisa verso l’Arabia Saudita nel 2016 durante il Governo Renzi. Un contratto, quello firmato nel corso del mandato del senatore di Italia Viva, chiuso dopo un’autorizzazione alle trattative che, si evince analizzando il numero di pratica, risaliva al 2014, ben due anni prima dell’accordo definitivo e che, quindi, le autorità preposte hanno avuto il tempo di valutare.
Da fonti anonime della Farnesina sentite dall’Ansa, nel pomeriggio arriva una smentita sul fatto che questa commessa possa essere associata temporalmente a uno specifico governo: “I contratti di export di armi con alcuni Paesi non sono iniziati nel 2014, ma prima, quindi è tecnicamente sbagliato attribuirli a un singolo o a una singola forza politica – dicono – Peraltro, se si considerano i tre anni precedenti la guerra in Yemen e i tre anni successivi, il valore complessivo di armamenti venduti a Riyad non è aumentato, anzi è diminuito. Lo stop all’export di bombe e missili arrivò con una risoluzione del Parlamento poche settimane prima del Conte II”. Parole che, però, vengono smentite dalle relazioni ufficiali del governo sull’export di armi. Il contratto per le circa 20mila bombe all’Arabia Saudita è stato firmato nel 2016, come si legge nella relazione presentata al Parlamento. Inoltre, se per “diminuzione del valore complessivo di armamenti venduti a Riad” si intendono i materiali esportati fisicamente ogni anno, si deve tenere conto delle oscillazioni dovute alle necessità degli stessi Stati acquirenti. Se invece si intende il numero di autorizzazioni rilasciate, cosa ben diversa, l’affermazione viene smentita, ancora una volta, dai documenti ufficiali: se nel 2014 (un anno prima dell’inizio del conflitto) l’Italia ha autorizzato contratti per 162 milioni, nel 2015, a guerra iniziata, queste sono cresciute a 257 milioni e nel 2016 a 422 milioni totali. Negli anni successivi, quando al governo non c’era più Matteo Renzi, le autorizzazioni sono sensibilmente calate, anche a causa, probabilmente, di una minore domanda da parte del Paese dopo le maxi commesse del passato, con il 2017 che si è chiuso con autorizzazioni per 51 milioni, 13 nel 2018 e, risalendo, 105 nel 2019.
“Un sincero ringraziamento è dovuto ai membri del Parlamento e in particolare della commissione Esteri della Camera che hanno dedicato attenzione a questo tema, proponendo ed approvando un’importante risoluzione nel dicembre 2020 che ha impegnato in primo luogo l’esecutivo a prorogare la sospensione all’export di armamenti verso i due Paesi della Penisola arabica – scrivono le organizzazioni in un comunicato – Esprimiamo inoltre soddisfazione per la rapidità e la fermezza con cui il Governo ha dato seguito a questo atto di indirizzo, orientandosi non solo verso la proroga della sospensione disposta nel luglio 2019 ma revocando anche le precedenti licenze come proposto dall’atto parlamentare”.
“La decisione della Farnesina di bloccare definitivamente la vendita di bombe Made in Italy ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti è una bellissima notizia, un importante gesto di civiltà il cui merito va al ministro Luigi Di Maio, al sottosegretario Manlio Di Stefano, al MoVimento 5 Stelle che lo chiede da anni e alle campagne di pressione della società civile – si legge in una nota dei senatori M5s della commissione Esteri al Senato – Tra le licenze di esportazione revocate c’è anche quella che riguarda la consegna, ancor da effettuare, di oltre metà delle 20mila bombe della Rwm Italia che l’Italia aveva venduto a Riad nel 2016. A quell’epoca era già iniziato l’intervento armato della coalizione a guida saudita in Yemen, dove queste bombe sono state usate anche in attacchi contro i civili in veri e propri crimini di guerra. Ci auguriamo che i futuri governi Italiani non rivedano questa saggia decisione, sottolineando come tale materia non dovrebbe essere lasciata alla discrezionalità dei decisori politici del momento, ma dovrebbe essere normata in maniera chiara e rigorosa così da evitare eccezioni e scappatoie motivate da passeggere considerazioni politiche e commerciali. Per questo riteniamo non più rinviabile rivedere in senso restrittivo la normativa italiana in materia di vendita di armamenti come previsto dal disegno di legge di riforma della legge 185/90 proposta dal MoVimento 5 Stelle a prima firma del senatore Gianluca Ferrara“.
Politica
Governo revoca l’export di bombe verso Arabia Saudita ed Emirati: “Fermati 12.700 ordigni sui 20mila autorizzati durante mandato Renzi”
La decisione era già stata presa nei giorni scorsi, dopo la risoluzione del Parlamento del dicembre 2020 in cui si chiedeva il rinnovo della sospensione delle esportazione verso i due Paesi del Golfo. E' la prima volta che accade dall'entrata in vigore della legge 185/90 sull'export di armamenti. Soddisfazione da parte delle organizzazioni per il disarmo
Il governo ha deciso di revocare, e non solo sospendere, l’export di bombe italiane verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi. Il via libera di Uama (l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) ha sancito la decisione dell’esecutivo che segue la risoluzione del Parlamento del dicembre 2020, a prima firma delle deputate Yana Chiara Ehm (M5s) e Lia Quartapelle (Pd), che lo ha impegnato a prorogare la sospensione all’export di armamenti, già in vigore dal 2019, verso i due Paesi. Il provvedimento blocca, secondo una stima di Rete Pace e Disarmo, l’esportazione di ben 12.700 ordigni prodotti dalla Rwm di Domusnovas sui circa 20mila stabiliti dall’accordo firmato durante il governo di Matteo Renzi. Ordigni che, hanno dimostrato alcune inchieste giornalistiche, sono serviti alla coalizione a guida saudita per bombardare i ribelli Houthi in Yemen, uccidendo anche numerosi civili.
“La decisione politica era già arrivata la scorsa settimana, quando il ministro Di Maio ha inviato un parere accolto dalla presidenza del Consiglio sulla revoca”, ha spiegato a Ilfattoquotidiano.it il sottosegretario agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano. A quel punto, dopo ulteriori verifiche legate alla decisione di martedì di Giuseppe Conte di rimettere il mandato nelle mani del presidente della Repubblica, Uama ha risolto le questioni tecniche ufficializzando il provvedimento. Si è infatti stabilito che il processo di revoca avesse già esaurito il proprio passaggio politico e che mancassero solo gli ultimi step tecnici e formali per portarlo a termine, possibili anche durante una crisi di governo. “Questo era fin dal primo momento un nostro obiettivo, per il quale ci siamo impegnati durante la nostra gestione”, ha aggiunto Di Stefano.
Proprio il ministro degli Esteri ha voluto dare il suo personale annuncio, definendo la decisione “un atto che ritenevamo doveroso, un chiaro messaggio di pace che arriva dal nostro Paese. Il rispetto dei diritti umani è un impegno per noi inderogabile. Continuiamo a lavorare seguendo la strada maestra”.
“È un atto di portata storica che avviene per la prima volta nei 30 anni dall’entrata in vigore della Legge 185 del 1990 sull’export di armi – commentano da Rete Pace e Disarmo – Il Governo Conte ha deciso di revocare, non solo sospendere, le autorizzazioni in corso per l’esportazione di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Continua inoltre a rimanere in vigore anche la sospensione della concessione di nuove licenze per i medesimi materiali e Paesi”.
Secondo quanto scrivono in un comunicato i membri delle organizzazioni, il provvedimento riguarda almeno sei diverse autorizzazioni già sospese con decisione presa a luglio 2019, tra le quali la licenza MAE 45560 decisa verso l’Arabia Saudita nel 2016 durante il Governo Renzi. Un contratto, quello firmato nel corso del mandato del senatore di Italia Viva, chiuso dopo un’autorizzazione alle trattative che, si evince analizzando il numero di pratica, risaliva al 2014, ben due anni prima dell’accordo definitivo e che, quindi, le autorità preposte hanno avuto il tempo di valutare.
Da fonti anonime della Farnesina sentite dall’Ansa, nel pomeriggio arriva una smentita sul fatto che questa commessa possa essere associata temporalmente a uno specifico governo: “I contratti di export di armi con alcuni Paesi non sono iniziati nel 2014, ma prima, quindi è tecnicamente sbagliato attribuirli a un singolo o a una singola forza politica – dicono – Peraltro, se si considerano i tre anni precedenti la guerra in Yemen e i tre anni successivi, il valore complessivo di armamenti venduti a Riyad non è aumentato, anzi è diminuito. Lo stop all’export di bombe e missili arrivò con una risoluzione del Parlamento poche settimane prima del Conte II”. Parole che, però, vengono smentite dalle relazioni ufficiali del governo sull’export di armi. Il contratto per le circa 20mila bombe all’Arabia Saudita è stato firmato nel 2016, come si legge nella relazione presentata al Parlamento. Inoltre, se per “diminuzione del valore complessivo di armamenti venduti a Riad” si intendono i materiali esportati fisicamente ogni anno, si deve tenere conto delle oscillazioni dovute alle necessità degli stessi Stati acquirenti. Se invece si intende il numero di autorizzazioni rilasciate, cosa ben diversa, l’affermazione viene smentita, ancora una volta, dai documenti ufficiali: se nel 2014 (un anno prima dell’inizio del conflitto) l’Italia ha autorizzato contratti per 162 milioni, nel 2015, a guerra iniziata, queste sono cresciute a 257 milioni e nel 2016 a 422 milioni totali. Negli anni successivi, quando al governo non c’era più Matteo Renzi, le autorizzazioni sono sensibilmente calate, anche a causa, probabilmente, di una minore domanda da parte del Paese dopo le maxi commesse del passato, con il 2017 che si è chiuso con autorizzazioni per 51 milioni, 13 nel 2018 e, risalendo, 105 nel 2019.
“Un sincero ringraziamento è dovuto ai membri del Parlamento e in particolare della commissione Esteri della Camera che hanno dedicato attenzione a questo tema, proponendo ed approvando un’importante risoluzione nel dicembre 2020 che ha impegnato in primo luogo l’esecutivo a prorogare la sospensione all’export di armamenti verso i due Paesi della Penisola arabica – scrivono le organizzazioni in un comunicato – Esprimiamo inoltre soddisfazione per la rapidità e la fermezza con cui il Governo ha dato seguito a questo atto di indirizzo, orientandosi non solo verso la proroga della sospensione disposta nel luglio 2019 ma revocando anche le precedenti licenze come proposto dall’atto parlamentare”.
“La decisione della Farnesina di bloccare definitivamente la vendita di bombe Made in Italy ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti è una bellissima notizia, un importante gesto di civiltà il cui merito va al ministro Luigi Di Maio, al sottosegretario Manlio Di Stefano, al MoVimento 5 Stelle che lo chiede da anni e alle campagne di pressione della società civile – si legge in una nota dei senatori M5s della commissione Esteri al Senato – Tra le licenze di esportazione revocate c’è anche quella che riguarda la consegna, ancor da effettuare, di oltre metà delle 20mila bombe della Rwm Italia che l’Italia aveva venduto a Riad nel 2016. A quell’epoca era già iniziato l’intervento armato della coalizione a guida saudita in Yemen, dove queste bombe sono state usate anche in attacchi contro i civili in veri e propri crimini di guerra. Ci auguriamo che i futuri governi Italiani non rivedano questa saggia decisione, sottolineando come tale materia non dovrebbe essere lasciata alla discrezionalità dei decisori politici del momento, ma dovrebbe essere normata in maniera chiara e rigorosa così da evitare eccezioni e scappatoie motivate da passeggere considerazioni politiche e commerciali. Per questo riteniamo non più rinviabile rivedere in senso restrittivo la normativa italiana in materia di vendita di armamenti come previsto dal disegno di legge di riforma della legge 185/90 proposta dal MoVimento 5 Stelle a prima firma del senatore Gianluca Ferrara“.
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Milano, 12 feb. (Adnkronos) - Il conto in Olanda dove sono stati sequestrati i soldi versati da Massimo Moratti, nell'ambito di una truffa in cui è stato usato il nome del ministro della Difesa Massimo Crosetto, risulta intestato a più persone straniere su cui ora sono in corso gli accertamenti per verificarne l'esistenza e anche per capire eventuali collegamenti con altri soggetti. E' quanto si apprende da fonti investigative.
In particolare, da quanto emerge, sul conto olandese risultano versati i 980mila euro della truffa al presidente di Saras, soldi che il gruppo avrebbe tentato di spostare altrove, ma la tempistica non ha giocato a loro favore e il 'congelamento' del denaro è arrivato prima.
In attesa degli esiti delle rogatorie, si attendono già domani, in procura a Milano si continua a lavorare anche sui numeri telefonici usati per mettere a segno i plurimi tentativi di truffa - ora usando il nome del ministro o del suo staff - nei confronti del gotha dell'imprenditoria e della finanza.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - Sicurezza negli stadi, contrasto alla criminalità e prevenzione dei comportamenti illeciti. Sono le tematiche al centro del tavolo presieduto dai ministri dell’Interno e per lo Sport e i giovani, Matteo Piantedosi e Andrea Abodi che hanno incontrato i presidenti di Figc Gabriele Gravina, Lega serie A, Ezio Simonelli, Lega nazionale professionisti serie B, Paolo Bedin, Lega italiana calcio professionistico, Matteo Marani, Lega nazionale dilettanti, Giancarlo Abete. Presenti anche il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, il capo della Polizia, Vittorio Pisani e il presidente dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive, Mario Improta.
La riunione è stata l’occasione per proseguire il confronto già avviato su proposte e iniziative da mettere in campo congiuntamente. L’obiettivo rimane quello di tutelare le tifoserie sane e di individuare in maniera chirurgica coloro che vanno allo stadio per attuare comportamenti criminali e violenti, assicurando un ambiente più sicuro e vivibile per tutti gli appassionati. Il tavolo ha anche discusso di azioni concrete per contrastare le scommesse illegali e per arginare il fenomeno della pirateria audiovisiva, sanzionando i fruitori dei contenuti illegali. Prossimo incontro tra un mese. Così una nota congiunta dei ministri dell'Interno e per lo Sport e i giovani.
Londra, 12 feb. (Adnkronos) - Non sarà consentito l'alcol ai Mondiali del 2034 in Arabia Saudita. Lo ha dichiarato l'ambasciatore saudita nel Regno Unito, il principe Khalid bin Bandar Al Saud. I tifosi che assisteranno al torneo non potranno trovare bevande alcoliche negli hotel, nei ristoranti o negli stadi. L'Arabia Saudita è un paese differente dal Qatar, dove l'alcol era disponibile in alcuni posti durante i Mondiali del 2022, e non ci saranno eccezioni per questo torneo. "Al momento, non consentiamo l'alcol", ha detto Al Saud a LBC.
"Ci si può divertire molto senza alcol, non è necessario al 100% e se vuoi bere dopo essere andato via, sei il benvenuto, ma al momento non abbiamo alcol. Un po' come il nostro clima, è un paese secco". L'Arabia Saudita è stata confermata come paese ospitante della Coppa del Mondo a dicembre, nonostante le preoccupazioni sui diritti umani. Alla domanda se i tifosi gay di calcio sarebbero stati al sicuro nel paese, Al Saud ha aggiunto: "Daremo il benvenuto a tutti in Arabia Saudita. Non è un evento saudita, è un evento mondiale. E in larga misura, daremo il benvenuto a chiunque voglia venire".
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - Le attiviste del Referendum Cittadinanza hanno lanciato un appello via social alle artiste e agli artisti che in questi giorni si esibiranno sul palco del Festival di Sanremo: dire Sì all’Italia che riconosce tutte le sue figlie e tutti i suoi figli direttamente dall’Ariston. La cantante Giorgia e Brunori Sas sono stati i primi a rispondere all'appello e, insieme alle attiviste di ActionAid Utibe Joseph e Kejsi Hodo, hanno cantato il celebre brano di Toto Cutugno L'Italiano.
Gli artisti, poi, hanno ricevuto in dono un ciuccio con un nastrino tricolore da portare con sé sul palco, come simbolo di tutti quei figli e figlie d'Italia che non hanno ancora il riconoscimento della cittadinanza. Il referendum cittadinanza ha ricevuto l'ok dalla Corte Costituzionale lo scorso 20 gennaio insieme agli altri 4 quesiti sul lavoro promossi dalla Cgil. Andrà al voto in primavera.
Dopo la bocciatura del quesito sull'Autonomia la sfida del quorum si fa più ardua, ed è per questo che i promotori partono proprio dal più popolare spettacolo televisivo italiano per richiamare l'attenzione del Paese sull'appuntamento referendario. Il referendum cittadinanza è stato promosso da +Europa, Possibile, Dalla Parte Giusta della Storia, ActionAid, Libera, Arci, Italiani senza Cittadinanza, Conngi, insieme a una grande rete di oltre 70 organizzazioni.
Milano, 12 feb. (Adnkronos) - La competenza territoriale si radica a Milano, da qualunque lato si inquadri la questione. Lo sostiene la Cassazione nelle motivazioni sul caso Visibilia che vede indagata, tra gli altri, la ministra del Turismo Daniela Santanchè con l'ipotesi di truffa aggravata all'Inps in relazione alla cassa integrazione nel periodo Covid. Nel provvedimento, che segue la decisione dello scorso 29 gennaio, si rigetta la richiesta della difesa di considerare singole ipotesi di truffa (e non una truffa continuata) e di radicare la competenza a Roma.
Per il collegio della seconda sezione penale presieduta da Anna Petruzzellis - chiamato a rispondere alla questione sollevata dalla giudice delle indagini preliminari di Milano Tiziana Gueli - dato che la procura meneghina ha rilevato che l'ultima erogazione dei contributi è stata pagata a un dipendente in una banca nel Milanese, "deve essere affermata la competenza territoriale del Tribunale di Milano". Nell'indagine, coordinata dai pubblici ministeri Maria Giuseppina Gravina e Luigi Luzi, risultano coinvolti 13 dipendenti delle due società indagate, Visibilia Concessionaria srl e Visibilia Editore spa, che sarebbero stati messi in cassa integrazione a zero ore senza saperlo (e quindi continuando a lavorare) causando un 'danno' di oltre 126 mila euro versati dall'Inps.
"La soluzione - si legge nella decisione della Cassazione - non cambia nel caso in cui si voglia ancorare la competenza territoriale al momento della richiesta della cassa integrazione, posto che dalla documentazione prodotta in atti risulta che la richiesta è stata inviata alla sede Inps di Milano e che sempre la sede Inps di Milano ha autorizzato la cassa integrazione". Infine, a rafforzare la competenza territoriale il fatto che "avendo le società sede a Milano, il delitto di truffa si è comunque consumato a Milano, al momento della acquisizione dell’ingiusto profitto da parte delle società, che si realizza in concomitanza con la percezione dei contributo da parte dei lavoratori". L'udienza preliminare sul caso Visibilia riprenderà come da calendario il 26 marzo prossimo.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - L'aula della Camera ha approvato la proposta di legge recante 'modifiche alla disciplina della Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma'. I voti favorevoli sono stati 140, 84 quelli contrari e 3 gli astenuti.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - "Ho visto Sanremo ieri sera, erano anni che non lo vedevo, ma sono rimasto sveglio fino alle 2 per vedermelo tutto. Mi è piaciuto per la qualità espressa, è una vetrina italiana vera. Come ha detto Jovanotti è un po’ come Natale, capodanno, carnevale". Filippo Ricci, direttore creativo della Stefano Ricci Spa, ha commentato così con l'Adnkronos la prima serata del 75esimo Festival di Sanremo e gli outfit del conduttore Carlo Conti creati dalla maison.
Che emozione è stata vedere Carlo Conti con i vostri abiti in apertura del 75esimo Festival della Canzone italiana?
"Siamo abituati a palcoscenici internazionali, ma è la prima volta che saliamo con rispetto sul palco dell'Ariston, tra l'altro con il conduttore e direttore, e quindi è stata una bella emozione. Ero un po' in apprensione che questo outfit gli tornasse bene addosso in una serata movimentata. E' fatto tutto al 100% in Italia, su misura per Carlo, e c'è stato dietro un lavoro di ricerca, insieme a lui, dei tessuti e della costruzione dei modelli in questi mesi, quindi è stato parte proattiva della ricerca e dello sviluppo degli outfit per queste cinque serate", ha spiegato Filippo Ricci.
Che idea avete avuto nello sviluppo degli outfit? Ne utilizzerà uno a serata?
"L'idea che abbiamo avuto, sin dall'inizio, è stata quella di fare un percorso di sartorialità. Noterete che sono tutti outfit abbastanza rigorosi, anche se la qualità dei tessuti conferisce un senso di morbidezza. L'idea era di dare un concetto di eleganza senza tempo perché Sanremo appartiene alla cultura del Paese. Poi ieri sera abbiamo giocato con il colore, il midnight blu, questo blu notte che è ben diverso dal classico nero, anche se ci saranno degli outfit scuri in seguito. Non conosco la sequenza, visto che la deciderà lui con il proprio staff ogni sera. Sono tutti pronti e a disposizione, con un nostro sarto dedicato dietro le quinte. Carlo ha più scelte, ma credo userà un outfit a serata perché da quello che ho visto ieri, nel movimento veloce tra uno spazio e l'altro credo che voglia mantenere un ritmo serrato per le tempistiche sceniche sue".
Quali emozioni ci sono state durante la prima serata del Festival?
"E' stato bello vedere Papa Francesco e ascoltare il suo messaggio, credo che sia la prima volta nella storia del Festival, quindi anche solo quella è stata un'immagine potente. Poi Jovanotti ha provocato una scarica d’energia positiva, da re dell'entertainment", ha spiegato il direttore creativo della Stefano Ricci Spa.
Carlo Conti era preoccupato di non riuscire a valorizzare la classe e la modernità degli smoking, ci è riuscito?
"Ci è riuscito assolutamente, ha un bel portamento, e gli ho detto 'sei proprio un bel modello'. E' un uomo che sa stare sul palcoscenico e vestire dei capi sartoriali. Quello di ieri non era un capo semplicissimo, è una giacca smoking in velluto blu, tra l'altro quello è un jersey di velluto, quindi più morbido, ma lo vestiva molto bene, con i tre pezzi, e sotto aveva un gilet in lana coordinato con il pantalone mohair. Abbiamo voluto fare proprio il tocco estremo di sartorialità con tutto il bordino in raso che è stato fatto su tutto il revere. L'idea era quella di rispettare un percorso abbastanza classico della sartorialità italiana e fiorentina, perché se si va a vedere la spalla, è una vecchia scuola fiorentina il modo di realizzarla in maniera morbida, quindi la giacca è molto leggera".
Queste sera la seconda serata con nuove sorprese?
"Gli abiti sono smoking oppure giacche da cocktail, quindi ci sarà un'alternanza dove Carlo ha possibilità di scelta anche tra cravatta o papillon. Ci hanno scritto in molti sui social, anche dall’estero a conferma di una vetrina internazionale come Sanremo, proprio per avere questa informazione, ed è molto divertente. La cosa interessante è che ci arrivano messaggi da tutto il mondo, perché è il Festival della canzone italiana, è italianissimo, ma lo guardano in America, lo guardano gli italo-americani, lo guardano in Sud America, lo guardano a Est, e comunque la visibilità internazionale è importante. Questo è un palcoscenico di italianità che richiama la musica italiana in generale ma non solo", ha spiegato Filippo Ricci la cui maison vende in tutto il mondo.
I nostri mercati principali?
"Noi produciamo tutto in Italia, ma in Italia vendiamo poco. Noi vendiamo a clienti in tutto il mondo, con le nostre 82 boutique e in Italia ne abbiamo due a Firenze dove è anche la sede dell'azienda, due a Milano, uno a Porto Cervo. Tra i mercati più importanti gli Stati Uniti, le capitali del continente europeo come Londra e Parigi, al Middle East, Dubai, fino alla Cina. A Carlo Conti abbiamo fornito tutto l'outfit, dalle scarpe, alle camicie, e abbiamo anche fatto diversi capi sportivi per le conferenze stampa e gli altri impegni del Festival. Dalle giacche in maglia sportive con le sneaker più casual e abbiamo lavorato insieme per fargli provare un po' di tessuti anche particolari"ha concluso Filippo Ricci. (di Emanuele Rizzi)