“Vi dico la verità, ora che vi ho detto queste cose ho paura. Ho ancora paura che questo Galiano possa farci qualcosa di brutto”. Ha ricostruito tra le lacrime un episodio che risale al 2015, una brutta storia che è diventata una delle vicende centrali dell’inchiesta su favori e corruzione che ha portato all’arresto del giudice civile Gianmarco Galiano, ora rinchiuso nel carcere di Melfi, e di altre cinque persone. È il padre di un bambino disabile che, stando a quanto ha riferito alla Guardia di Finanza, avrebbe ricevuto a casa la visita del magistrato e della moglie, consapevoli del risarcimento ottenuto per via delle conseguenze subite dal neonato in ospedale. I due, ha raccontato agli investigatori, gli avrebbero chiesto di versare 150mila euro. Concussione secondo i pm di Potenza, guidati dal procuratore capo Francesco Curcio, estorsione a parere del giudice per le indagini preliminari Lucio Setola che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare.

“È stata una testimonianza toccante, anche molto difficile per chi l’ha resa a Brindisi, convocato dalla Guardia di finanza”, ha raccontato il procuratore di Potenza. Ed è solo un frammento nella complessità di contestazioni rivolte a Galiano e alla sua presunta “cricca”, composta secondo l’accusa dal commercialista Oreste Pepe Milizia, ritenuto il suo braccio destro, dalle rispettive ex mogli, l’avvocato Federica Spina e il presidente dell’ordine degli ingegneri di Brindisi, Annalisa Formosi, dall’imprenditore Massimo Bianco e dall’altro avvocato Francesco Bianco.

Si parla di cause pilotate, di consulenze per 400mila euro, di Rolex, macchine costose – finite sotto sequestro – e di sponsorizzazioni fittizie ad associazioni sportive fatte da privati in favore della barca a vela di Galiano, in cambio di tutela giudiziaria, specie nelle aste fallimentari. Ma si parla anche di quote parte dei risarcimenti per incidenti e tragedie umane, finiti nella disponibilità del magistrato attraverso i conti correnti della ex suocera. Un affresco che racchiude la “spregiudicata disinvoltura” con cui Galiano “era solito speculare sulle tragedie umane e sfruttare indebitamente, per fini di arricchimento personale, la sua carica di giudice”.

Uno degli episodi cardine ricostruito nell’ordinanza è il risarcimento ottenuto dalla famiglia del bambino disabile. “A seguito della gravissima negligenza dei medici che hanno determinato l’irreparabile patologia a carico di mio figlio – ha raccontato la madre del piccolo agli investigatori – iniziammo una causa civile per un risarcimento. Per la verità volevo giustizia in sede penale ma mi dissero che le cause spesso finiscono nel nulla. Mio figlio non comunica con il mondo esterno, io sono l’unico punto di riferimento”. Dopo un lungo giro e per varie ragioni i due genitori si rivolsero all’avvocato Spina, poi dovettero cambiare per ragioni di incompatibilità della stessa con il marito, per l’appunto giudice a Brindisi. La causa si chiuse con un accordo transattivo con l’assicurazione: 2 milioni di euro. “Pochi giorni dopo che mio marito telefonò alla Spina per farle questa comunicazione, si presentarono a casa nostra sia lei che il giudice Galiano”, ha raccontato la donna.

“Fu uno dei momenti più brutti della mia vita – ha proseguito il padre – in quanto fu come una pugnalata del tutto inaspettata. Galiano iniziò a dire che dovevamo dare non ricordo quante migliaia di euro alla moglie e che a lui proprio dovevamo dare 150mila euro. Disse in modo arrogante e sprezzante che anche in considerazione del fatto che abitavamo in una piccola casa in campagna, non certamente arredata in modo lussuoso e che lui, conoscendo il sindaco, conoscendo i servizi sociali, la polizia e chiunque contasse, ci avrebbe fatto togliere il bambino perché non eravamo in grado di assisterlo adeguatamente. Disse che lui conosceva i buoni e i cattivi”. E poi ancora: “Non potrò mai scordare che, sempre con un tono sprezzante, mi invitò a comprare con i soldi del risarcimento, una piccola casa in Grecia, in modo che lui venendo con la sua barca a vela poteva attraccare e fare una sosta da noi”.

Sono le dichiarazioni di presunte vittime, ma il riscontro a parere della Guardia di finanza, sarebbe nell’avvenuta transazione. Una cifra pari a 150mila euro era stata accreditata il 17 febbraio 2015 sul conto corrente bancario della filiale della Carime intestato alla suocera di Galiano, indagata per riciclaggio. Nelle prossime ore saranno fissati gli interrogatori di garanzia dei sei indagati arrestati, tre in carcere e tre ai domiciliari. L’inchiesta prosegue. Si attende anche la decisione del Tribunale del Riesame, a cui la procura ha già formulato appello, che dovrà pronunciarsi sulle ulteriori richieste d’arresto formulate dal pm titolare del fascicolo.

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