Durante l’audizione in commissione Sanità al Pirellone, la neo assessora al Welfare ha risposto a una domanda sul personale sanitario "no vax" snocciolando dati, senza commentare: “Per quanto riguarda la percentuale di adesione, è all’89%". Dichiarazione che è stata tradotta da alcuni come "11% di contrari al vaccino". Senza considerare chi ha patologie, controindicazioni o ha già avuto il Covid e ha preferito lasciare il posto ad altri. Il consigliere Usuelli presenta un'interrogazione urgente: "Tutelare onorabilità del personale"
“In Lombardia il personale sanitario no-vax è l’11%”. La percentuale non sarebbe trascurabile nella regione d’Italia più colpita dal Covid, se fosse vera. Eppure questo era uno dei lanci di agenzia usciti mercoledì dopo l’audizione in commissione Sanità al Pirellone della neo assessora al Welfare e vice governatrice Letizia Moratti. Titolo che qualche quotidiano online ha declinato nella forma “l’11% degli infermieri rifiuta il vaccino”. Il tutto è frutto di una risposta data dalla nuova plenipotenziaria della sanità lombarda che, se non era al livello dell’uscita sui vaccini da distribuire in base al Pil, è stata quantomeno una risposta ingenua. Perché la domanda del consigliere regionale di Azione Niccolò Carretta era questa: “Quanto è la percentuale di operatori sanitari lombardi no vax, diciamo, che quindi non hanno effettuato la vaccinazione?”. E la risposta della Moratti in videoconferenza è stata un elenco di numeri: “Per quanto riguarda la percentuale della non adesione, il personale sanitario ha aderito per l’89%, gli operatori non sanitari per l’83%, gli ospiti Rsa per il 91% e gli operatori RSA per l’82%”.
Le linee guida dell’Aifa per chi ha fatto il Covid – I numeri glieli ha passati una mano che spesso entrava nell’inquadratura a porgere appunti e dati da riferire. E Moratti li ha letti così, senza nulla specificare. Per esempio che tra chi ha deciso di non vaccinarsi possono esserci persone con controindicazioni, allergici, chi ha ricevuto il vaccino antinfluenzale di recente o magari ha fatto il Covid. Tanto più che nelle faq dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), si legge: “La vaccinazione non contrasta con una precedente infezione da Covid-19, anzi potenzia la sua memoria immunitaria (…) tuttavia, coloro che hanno avuto una diagnosi di positività a Covid-19 non necessitano di una vaccinazione nella prima fase della campagna vaccinale, mentre potrebbe essere considerata quando si otterranno dati sulla durata della protezione immunitaria”.
Parte di quell’11% potrebbe dunque aver deciso di non vaccinarsi subito per lasciare il posto a qualcuno che ne ha più bisogno. “Anch’io mi sono chiesto se era opportuno che mi vaccinassi ora, perché ho fatto il Covid a marzo – racconta il segretario lombardo del sindacato medico Anaao-Assomed, Stefano Magnone -. A maggio avevo una buona carica di anticorpi e ho donato il plasma. Volevo farlo anche a inizio novembre, ma la carica anticorpale era diminuita e non ne valeva la pena. Anche per questo alla fine ho deciso di vaccinarmi, ma non sono stato tra i primi”. E c’è un altro punto che sottolinea Magnone: “Quel dato dell’11% risale a due settimane fa, oggi la percentuale è di certo inferiore”.
Usuelli: “Moratti considera no vax chi non si è vaccinato per responsabilità” – Sottigliezze, per chi non mastica di sanità ma la comanda. E così è nato l’equivoco che in Lombardia ci sono un bel po’ di no vax negli ospedali. Tanto che giovedì Michele Usuelli, medico e consigliere regionale di + Europa, ha depositato un’interrogazione urgente “per tutelare l’onorabilità degli operatori sanitari guariti che hanno scelto di non vaccinarsi”. Nel documento Usuelli fa riferimento alle faq dell’Aifa e nota che la Lombardia “ha il triste primato in Italia del maggior numero di personale sanitario infettato, oltre quello del maggior numero di cittadini infettati”. Prosegue il consigliere: “Nella audizione dell’assessore al Welfare ho proposto una campagna di informazione per spiegare ai cittadini lombardi che hanno avuto una diagnosi di positività a Covid-19 del fatto che essi non necessitano di una vaccinazione nella prima fase della campagna vaccinale, mentre potrebbe essere considerata quando si otterranno dati sulla durata della protezione immunitaria. L’assessore mi ha risposto che questa non è la posizione della comunità scientifica”. E accusa Moratti, che non ha smentito le agenzie, “di considerare no-vax anche gli operatori sanitari guariti da Covid che per senso di responsabilità hanno scelto di non vaccinarsi in fase 1”.
Moratti: “Devo ancora consolidare le mie conoscenze” – Quella su medici e infermieri “no-vax” non è stata l’unica risposta poco convincente della Moratti, che non ha mai fatto cenno ai dati errati inviati all’Istituto Superiore di Sanità che hanno fatto finire ingiustamente la Lombardia in zona rossa per una settimana. Nonostante l’aiuto della mano misteriosa, Moratti ha evitato di rispondere anche ad alcune domande che dopo un anno di Covid dovrebbero essere semplici per chi guida la sanità lombarda, anche se da appena venti giorni. Una era del consigliere del Pd Samuele Astuti sul perché a novembre si superavano i 300mila tamponi a settimana, tutti molecolari, mentre in questo periodo il numero di tamponi, tra molecolari e antigenici, si è dimezzato. Ma la Moratti non se l’è sentita di dire la sua: “Per quanto riguarda il tema dei tamponi, i tamponi effettuati… mi scuso, mi riservo di approfondire i dati e su questo tema risponderò quando avrò potuto approfondire i dati”. A un certo punto è stata proprio lei ad ammettere le sue lacune nella materia che deve gestire: “Mi perdonerete ma sono in assessorato da 15 giorni, quindi cerco di studiare, di documentarmi, non penso di poter avere ancora la capacità di dare tutte le risposte in maniera puntuale senza un necessario e ulteriore approfondimento. Darò una risposta più puntuale, quando avrò consolidato le mie conoscenze”. I lombardi, intanto, aspettano.
@gigi_gno