E’ arrivato giovedì, in tempo per rispettare la scadenza di fine gennaio fissata dalla Bce, il piano del Monte dei Paschi di Siena per colmare il deficit patrimoniale della banca di cui ora il Tesoro è azionista di maggioranza. Se non si dovesse riuscire a realizzare “una soluzione strutturale” come una fusione con un grande gruppo “in un orizzonte di breve/medio termine”, spiega il documento, sarà necessario “un rafforzamento patrimoniale di 2,5 miliardi di euro che, se realizzato, è previsto avvenire a condizioni di mercato e con la partecipazione pro-quota dello Stato italiano” che ha la maggioranza. Il problema è che non è chiaro quali “investitori di mercato” possano intervenire con il ministero per colmare quella falla insieme, se non si concretizza la cessione a Unicredit sponsorizzata dal governo dimissionario.

L’obiettivo resta dunque quello di una fusione con l’istituto alla cui guida arriverà in primavera Andrea Orcel, posto che né Banco BpmBper appaiono intenzionate ad avventurarsi in un’operazione che comporta molti rischi e poco consenso tra gli azionisti. La ricerca di una “soluzione strutturale”, ricorda ancora Mps, è coerente con l’impegno del governo a dismettere la sua quota entro il 2021 anche con il ricorso ad “operazioni finalizzate al consolidamento del sistema bancario”.

L’esecuzione dell’aumento è attesa nel terzo trimestre dell’anno e, alla luce del fatto che Mps, inizierà a manifestare un deficit patrimoniale di 300 milioni già a fine a marzo, potrebbe essere preceduta da azioni di mitigazione come l’emissione nel primo trimestre di un bond la cui taglia potrebbe aggirarsi sui 500 milioni di euro. “In ogni caso – rimarca la banca – lo shortfall rientra, come dimensione, all’interno delle flessibilità di utilizzo del CCB (cuscinetto di conservazione del capitale, ndr) rese pubbliche da Bce nell’ambito del temporary capital relief”.

La taglia dell’aumento dipenderà dalle condizioni della fusione, ma non dovrebbe essere inferiore agli 1,5 miliardi di euro. L’allungamento dei tempi del rafforzamento patrimoniale, scivolato nel terzo trimestre, appare finalizzata proprio a permettere a Unicredit, che solo ad aprile potrà contare sul nuovo consiglio guidato da Orcel, di negoziare un eventuale matrimonio con Siena, inclusa la dote patrimoniale che il Tesoro dovrà mettere in campo. In ogni caso la ricapitalizzazione complessiva dovrebbe essere inferiore ai 2,5 miliardi che la banca si è impegnata a raccogliere in assenza di nozze “in un orizzonte di breve/medio termine”. L’operazione non si prospetta agevole: l’aumento, che andrà fatto “a condizioni di mercato”, potrà essere sottoscritto dal Tesoro solo per la sua quota, pari al 62,5%, lasciando scoperto circa un miliardo di euro.

La possibilità di procedere al rafforzamento patrimoniale resta subordinata, oltre che all’approvazione da parte della Bce del capital plan, anche al via libera da parte della Dg Concorrenza della Commissione della revisione del piano di ristrutturazione. Ma “sulla base delle prime interlocuzioni intercorse – rileva Mps – la Banca dovrà presentare ulteriori misure di compensazione per il mancato rispetto di alcuni commitment definiti nel Piano di Ristrutturazione 2017-2021”, chiuso con risultati ben inferiori, se si escludono le azioni di derisking e di riduzione dei costi, rispetto agli obiettivi annunciati dall’allora ad Marco Morelli.

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