Via libera dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) al vaccino Oxford–AstraZeneca per le persone dai 18 anni, senza limiti nelle fasce più anziane. Un’approvazione condizionata – come quella dei vaccini Pfizer e Moderna – arrivata dopo una lunga revisione iniziata a ottobre e giunta nel giorno in cui la Commissione europea ha deciso di pubblicare il contratto firmato con la multinazionale dopo una settimana di contrasti legati agli annunciati tagli delle forniture. “L’Agenzia europea del farmaco ha dato l’ok al vaccino Astrazeneca. È una notizia incoraggiante. La battaglia contro il virus è ancora complessa, ma avere a disposizione un altro vaccino efficace e sicuro ci da più forza nella campagna di vaccinazione”, ha scritto su Twitter il ministro della Salute Roberto Speranza.
La maggior parte dei partecipanti ai test condotti “aveva un’età compresa tra i 18 ei 55 anni. Non ci sono ancora abbastanza risultati nei partecipanti più anziani (oltre i 55 anni) per fornire una cifra su quanto bene funzionerà il vaccino in questo gruppo. Tuttavia, è prevista protezione, dato che una risposta immunitaria è stata osservata in questo gruppo di età e sulla base dell’esperienza con altri vaccini”, scrive l’Agenzia. E come del resto era emerso nei primi dati resi noti a fine ottobre.”Poiché esistono informazioni affidabili sulla sicurezza in questa popolazione, gli esperti scientifici dell’Ema- precisa l’Agenzia – hanno ritenuto che il vaccino possa essere utilizzato negli anziani. Si attendono maggiori informazioni dagli studi in corso, che includono una percentuale maggiore di partecipanti anziani”. La direttrice dell’Agenzia Emer Cooke ha invece specificato: “Non sappiamo ancora se il vaccino AstraZeneca sia efficace di fronte alle varianti ed abbiamo chiesto all’azienda di fornire dati, come abbiamo fatto con le altre case farmaceutiche”.
Esulta l’ad Pascal Soriot, protagonista del braccio di ferro con l’Europa probabilmente terminato con la pubblicazione del contratto. Il top manager dichiara che l’approvazione è una “pietra miliare nella lotta alla pandemia” e che il composto – sviluppato con la collaborazione dell’Irbm di Pomezia – garantisce una copertura “del 100%” contro un contagio “grave” da Covid e contro il rischio di dover essere ricoverati in ospedale. “Una grande giornata” anche per i “risultati positivi” emersi dalla sperimentazione di altri due vaccini, quello di Novavax e quello di Janssen (Johnson&Johnson). L’autorizzazione “è sicuramente un risultato molto significativo innanzitutto per gli effetti sulle attività di contrasto ad una pandemia che sta devastando la vita di tanti milioni di persone in Europa ed in Italia in particolare – scrive in una nota Piero di Lorenzo presidente di Irbm e Advent – Siamo particolarmente grati agli amici scienziati dell’Università di Oxford che ci hanno chiamato a dare il nostro contributo per la messa a punto del vaccino ed alla multinazionale Astrazeneca che ha reso possibile raggiungere un traguardo così’ difficile e sfidante a livello globale.
Intanto l’autorità tedesca per i vaccini ha ribadito la sua raccomandazione di non autorizzare il vaccino anti-Covid prodotto da AstraZeneca per le persone di età pari o superiore a 65 anni. Sul punto è intervenuto anche il presidente francese Emmanuel Macron: “Quello che posso dirvi ufficialmente è che i primi riscontri che abbiamo sul vaccino Astrazeneca non sono oggi incoraggianti per chi ha più di 60-65 anni. Da parte mia aspetto da un lato il parere dell’Ema e dall’altro quello dell’Alta Autorità della Sanità, perché sono loro ad avere le cifre. Io non ho dati e non ho equipe scientifiche che esaminano queste cifre”.
Era aprile – in piena prima ondata – quando da Oxford arrivò la notizia che dopo i test positivi su macachi (effettuati negli Usa) che sarebbe partita una sperimentazione sugli uomini con la prospettiva di avere un vaccino per prevenire Covid 19 già a settembre 2020. Da quei giorni fino all”inizio dell’iter di approvazione da parte dell’Agenzia europea del farmaco, il 1 ottobre scorso, c’è stato solo un brevissimo stop dell’arruolamento dei volontari per verificare che l’infiammazione spinale in un volontario non fosse stata causata dal composto sviluppato con la tecnica del vettore virale. Il 23 novembre l’annuncio: “Efficacia al 90% con una dose e mezza” utilizzata per ogni caso. Ed era la dose e mezza che sarebbe stata destinata alla commercializzazione, ma qualcosa è cambiato in corsa. Nel report pubblicato dalla rivista The Lancet, i ricercatori riferivano che il vaccino ChAdOx1 nCoV-19 funziona in media nel 70% dei casi. Più precisamente l’efficacia è del 62% nel campione che ha ricevuto 2 dosi piene e del 90% nel campione che ha ricevuto prima mezza dose e poi una dose piena. Dati, quest’ultimi, anticipati da AstraZeneca ai media, dopo l’annuncio di Pfizer e poi di Moderna che i loro candidati sarebbero efficaci in oltre il 90% dei casi.
La poca chiarezza dei dati presentati, con percentuali di efficacia così variabili, hanno gettato ombra su quello che fino a poco tempo prima era considerato il più promettente candidato vaccino contro Covid-19. Il fatto che il vaccino “ChAdOx1 nCoV-19” risulti più efficace quando somministrato inizialmente a metà dose è apparso subito controintuitivo. A peggiorare le cose poi, è stato il fatto che i ricercatori di Oxford non siano riusciti a spiegare con certezza il perché. La situazione è andata poi peggiorando, quando Moncef Slaoui, a capo dell’operazione Warp Speed, il piano del governo Usa per i vaccini anti-Covid, ha detto ai giornalisti che il regime “a mezza dose” non era stato testato su persone di età superiore ai 55 anni, cioè sui soggetti più vulnerabili al Covid-19. Astrazeneca aveva quindi annunciato che sarebbero stati necessari ulteriore studi per validare gli esiti con la dose e mezza è l’agognata efficacia al 90%. Senza contare era stata annunciata a fine ottobre anche una robusta risposta immunitaria proprio negli anziani. Nel frattempo il vaccino è stato approvato nel Regno Unito e in altri Paesi.
Nel 2018, i ricercatori di Oxford avevano condotto uno studio sulla sicurezza di questo approccio con un vaccino sviluppato contro la Mers. Quindi, quando è emerso Sars Cov 2 i ricercatori avevano a disposizione una piattaforma di vaccini che si era dimostrata sicura da usare contro un coronavirus simile. Quando la Cina ha rilasciato la sequenza genetica del virus, lo scorso 9 gennaio, una ricercatrice di Oxford, Sarah Gilbert, ha iniziato subito a lavorare alla creazione del vaccino e a marzo sono subito iniziati i test sulle scimmie. Il 26 gennaio da un’intervista a Marco Cavaleri, responsabile vaccini dell’Ema, si è appreso che vaccino sottoposto a Ema è nella modalità doppia dose, che ha una “efficacia al 60%, ma chi si ammala non ha sintomi gravi” che poi sarà per tutti anche gli over 55 e che saranno i governi a decidere se destinarlo a una determinata fascia d’età. E sul punto sabato 30 gennaio è prevista la comunicazione da parte dell’Agenzia italiana del farmaco.