Le stanno tentando tutte pur di permettere al sistema bancario di riprendere a finanziare l’economia reale. Ma sembra sempre molto difficile.

Dopo il discutibile quantitative easing, la garanzia statale totale sui finanziamenti previsti da decreto liquidità, le agevolazioni in termini di garanzie offerte da Medio Credito Centrale per operazioni finanziarie direttamente finalizzate all’attività d’impresa, le banche continuano a tenere il freno a mano tirato sulla concessione di finanziamenti. Ma pochi ricordano che la Bce di Mario Draghi nel 2019 è intervenuta a sostegno delle banche con ulteriori due misure, individuate con due acronimi inglesi: il tiering e il dual rate.

Prima di capire cos’è il tiering occorre fare una precisazione sui depositi in eccesso delle banche europee. In generale, ogni istituto di credito del vecchio continente è obbligato a detenere in Bce un certo ammontare di fondi che prendono il nome di riserve obbligatorie minime. Su queste riserve in eccesso le banche oggi pagano un tasso di deposito negativo (oggi a -0,50%). Vi sembrerà strano e vi starete chiedendo: “Ma come è possibile che se do una somma di denaro alla banca centrale, debba anche ripagarla per il fatto che me la detenga?”.

Si tratta, infatti, di un deterrente per le banche affinché, in un periodo in cui la liquidità è aumentata, non trattengano in Bce più riserve del dovuto sottraendole alla più rischiosa attività di impiego, cioè di concedere prestiti.

Ma nonostante il tasso negativo, il rubinetto continuava ad essere chiuso perché la misura erodeva progressivamente gli utili delle banche. E allora è stato introdotto il tiering che non è altro che una soglia di esenzione per le banche dal pagamento del tasso negativo sulla liquidità che hanno depositata presso la banca centrale. Solo quando la loro liquidità supera tale soglia, oggi pari a 6 volte il coefficiente minimo di riserva, sarà applicato sulla parte eccedente il tasso negativo del -0,5% attualmente in vigore.

Il secondo dispositivo, il dual rate, ha invece l’obiettivo di consentire alle banche commerciali di offrire alla clientela condizioni di finanziamento più favorevoli. Anche in questo caso occorre premettere che per le banche commerciali normalmente il margine di interesse, cioè la differenza tra il tasso dei prestiti e quello dei depositi, deve essere maggiore di zero. Ma i tassi negativi della Bce anche sui depositi delle eccedenze di liquidità avevano stravolto questa equazione fondamentale per il conto economico delle banche.

A quale prezzo le banche avrebbero dovuto vendere denaro alle imprese e ai cittadini se pagavano interessi alla Bce sia quando depositavano i loro depositi che quando prendevano a prestito? Sicuramente, e aggiungerei giustamente, ad un tasso più alto rispetto agli standard di mercato.

Allora è arrivato il dual rate con il quale si è deciso di adottare per le banche un tasso d’interesse sui prestiti dalla Bce addirittura inferiore rispetto a quello fissato per i depositi presso lo stesso istituto centrale. A condizione, però, che quei soldi siano dati alla economia reale. Infatti, se le banche che richiedono i prestiti a lungo termine della Bce rispettano determinati requisiti di impiego (prestano soldi), esse si vedranno applicare il tasso di un 1% inferiore rispetto a quello al quale depositano liquidità presso la banca centrale.

Nonostante tutto ciò, tranne qualche eccezione, nell’ambito del sistema bancario non si intravedono significativi segnali di ripresa. Si mette l’acqua ma il cavallo non beve. Un tema da affrontare con urgenza (quanto silenzio in questi mesi) evitando, almeno per una volta, la narrazione delle banche “brutte, sporche e cattive”. Perché la sopravvivenza delle banche è fondamentale per la ripresa del nostro paese. La “bankemia” potrebbe fare più vittime del Covid-19 fino a quando il dottore è più grave dell’ammalato.

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