Un Rolex, un Audemars Piguet e la barca a vela a testimoniare la passione per il lusso e un tenore di vita elevato. I due oggetti preziosi sono stati sequestrati dai militari della Guardia di finanza al giudice Gianmarco Galiano, arrestato giovedì insieme ad altre cinque persone perché ritenuto il capo e promotore di una associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e alla commissione di altri reati. Al vertice, insomma, di un sistema che si sarebbe fondato sull’utilizzo distorto della funzione giudiziaria in cambio di regali e denaro.
Ora gli investigatori stanno verificando se i due orologi siano gli stessi di cui si fa cenno nell’ordinanza di custodia cautelare. Uno da 25mila euro che sarebbe stato regalato a Galiano dall’imprenditore Massimo Bianco, secondo quanto riferito da Rocco Palmisano, il titolare di una ditta di carburanti che decise di denunciare tutto, in particolare il presunto accordo corruttivo con Galiano che prevedeva agevolazioni giudiziarie per la sua società in cambio del versamento della somma di 50mila euro. E che specificò che vi era un sistema di tutela giudiziaria che prevedeva il pagamento di somme in denaro o regali di valore.
L’altro è un orologio da 13mila euro acquistato in contanti in una gioielleria di Bari. Il tenore di vita del magistrato, insomma, secondo gli inquirenti era elevato. “Galiano – scrive il gip – allo scopo di arricchirsi e di poter mantenere un elevato tenore di vita ha sistematicamente sfruttato le funzioni e i poteri inerenti la sua carica abusandone e facendone a seconda dei casi, moneta di scambio o strumento di indebita pressione”. Il gip ha anche disposto il sequestro di 1,2 milioni di euro, in denaro o proprietà. I finanzieri, oltre agli orologi, hanno sequestrato anche un’automobile, contanti e polizze assicurative. Stanno procedendo con gli accertamenti. Intendono porre così sotto chiave la quota necessaria a coprire le “indebite percezioni” di denaro, come quantificate nel corso dell’inchiesta, ancora aperta e destinata probabilmente ad allargarsi.
Il denaro delle consulenze “agli amici”, quello che il giudice avrebbe incassato in quota parte dai risarcimenti del danno liquidati in almeno due cause, e i soldi delle “fittizie” sponsorizzazioni destinate alla barca Kemit, il “veliero” usato per i viaggi, e per le regate Brindisi-Corfù. Proprio lo barca a vela, secondo l’accusa, sarebbe stato il centro e lo strumento per accumulare ulteriori ricchezze. Lo sponsorizzava con finalità sportive, secondo il teorema accusatorio, l’azienda Soavegel del settore surgelati, riconducibile all’imprenditore Massimo Bianco, pure lui finito in carcere. I soldi in realtà finivano per lo più a Galiano, a parere degli investigatori, e servivano a coprire i costi di gestione della barca. “Di proprietà del magistrato – è scritto nel provvedimento restrittivo – Ma di fatto mantenuto a partire dal 2012 e per oltre un quinquennio, grazie ai proventi generati da un congegno criminogeno in seno al quale si combinavano condotte corruttive, false fatturazioni ed evasione fiscale”.