Sono fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Non ci sono parole migliori di queste, scritte secoli fa da William Shakespeare, per descrivere gli abiti della nuova collezione di Alta Moda Giorgio Armani Privé. Ammirarli, dal vivo, uno per uno, accompagnati da Giorgio Armani in persona è un’esperienza assolutamente unica, “racchiusa nello spazio e nel tempo d’un sogno”. Lo stilista ha deciso di aprire le porte del suo Palazzo Orsini, nel cuore di Milano, a una cerchia ristretta di giornalisti (tamponati) per presentare in anteprima le sue nuove creazioni d’haute couture, concedendogli il privilegio di visionare questi capi pensati per una “donna gentile” di cavalcantiana memoria. E si resta proprio senza respiro, incapaci di trovare le parole adatte a descriverne la bellezza intrinseca e senza tempo.
E così, come la facciata rigida e austera di Palazzo Orsini nasconde al suo interno un tripudio di affreschi rococò di Andrea Appiani, allo stesso modo, l’eleganza formale dei primi tailleur che sfilano in passerella celano il trionfo di luce e colore che ne segue. I toni tenui ma al contempo vividi dei putti dipinti sui soffitti formano un tutt’uno con quelli degli abiti, fondendosi in un capolavoro di perfezione praticamente assoluta, quella che Armani ricerca da sempre. D’altra parte questa collezione è stata concepita proprio qui, in queste stanze: “Nel maggio scorso, quando ho iniziato a pensare a questa sfilata, vedevo nero davanti a me e, prevedendo che sarebbe stato ancora molto difficile presentarla a Parigi come faccio da 15 anni a questa parte, ho pensato che avrei potuto cogliere l’occasione per mostrare al mondo dove lavoro e dove nascono i miei abiti che, a loro volta, vengono enfatizzati da questo contesto”, dice lo stilista passando da un capo all’altro e scherzando sul fatto che “una volta ho comprato anche io una giacca di Zara, per provare com’era”.
È la “primavera” di Armani che sboccia, dopo l’”inverno” della pandemia, su vestiti dalle trasparenze eteree e dalla consistenza impalpabile, proprio come quelli dipinti dal Botticelli nella sua di Primavera. Ma è anche l’emblema stesso della “milanesità”, quell’algido rigore che cela un cuore che batte forte e un animo glamour, spumeggiante. In questi tinte e in questi tessuti c’è tutto il suo amore per Milano, il suo sentimento profondo per questa città. “Io sono milanese d’adozione, sono arrivato per caso in questa città, ma quando mi ci sono ritrovato in mezzo ho capito che era la città giusta per me. In questi anni, anche io mi sono lasciato trasportare da quell’esterofilia diffusa, organizzando eventi a Parigi, Londra, New York…e poi invece mi sono reso conto che meritava fin d’allora di essere presa in considerazione”, ci dice Giorgio Armani nell’inedita veste di padrone di casa, spiegando perché ha voluto quindi dedicare questa collezione Privé a Milano, la sua “meravigliosa città” duramente colpita dal Covid e dalla crisi. “Questa città mi ha dato tanto, soprattutto la possibilità di esprimermi appieno. Non mi ha mai tradito, anzi, ha sempre capito e apprezzato le mie idee, anche quando sono stato io a lasciarmi influenzare, tradendo me stesso, salvo poi tornare sui miei passi”, confida, accarezzando con le dita le sue creazioni. Il suo sguardo arde di passione quando si sofferma su un dettaglio piuttosto che una cucitura, mentre ci spiega con tecnicismi come sono stati realizzati questi abiti da Mille e una notte. È un’artigiano, prima che un creativo, e vedere questi abiti con i suoi occhi è un’emozione indescrivibile.
Re Giorgio è stato il primo, nell’aprile scorso, mentre la pandemia faceva vedere al mondo la sua portata distruttrice, a lanciare un accorato appello al mondo della moda per rallentare i ritmi e ridefinire i tempi. Lui stesso ha voluto dare l’esempio svincolando questa collezione Privé da ogni stagionalità. Ma, soprattutto, si è trovato a fare i conti in prima persona con uno stravolgimento della routine lavorativa: proprio lui, instancabile faticatore, abituato a dedicare ogni istante alla creazione e alla cura degli abiti, ha dovuto fermarsi, rallentare, fare i conti con il tanto tempo libero a disposizione. E questo gli ha dato modo di riflettere e prendere consapevolezza dei suoi 86 anni: “Mi manca la certezza di non avere ancora molti anni di lavoro davanti a me. Ora mi è chiaro che non è più così. So che il mio futuro non è così lungo, però credo che se ci sforziamo e cominciamo a demolire qualche idolo, qualche credenza sul nostro modo di essere, allora forse potremo recuperare piano piano il piacere delle cose semplici e autentiche. Ho trascorso questi ultimi mesi nella mia casa di campagna, con l’angoscia di non arrivare in tempo a fare le cose che mi ero prefisso di fare – prosegue -. E invece ci sono riuscito, in particolare con questa collezione di Alta Moda: ho scelto una strada, quella del recupero di un’eleganza persa, ambientata in una Milano che in parte si è un po’ persa ma mi auguro si possa recuperare. Un’Alta Moda un po’ più ‘alta’ rispetto a quella che ho fatto finora, ispirata alla gentilezza che le donne dovrebbero sempre portare come vessillo. Io vedo questi vestiti portati da donne che abbiano questo sguardo, questo portamento elegante”. Un portamento che lo stilista valorizza con quelle che potremmo azzardarci a definire come “le collane del futuro”, ovvero cascate di cristalli che cadono fluenti sul seno da un choker di raso, per poi ricongiungersi sulla schiena, donando luce e preziosità anche al più semplice dei corpetti, anzi, arrivando in alcuni casi a farne le veci. Tra fluidità e qualità delle proporzioni, drappi di tulle e organza attenuano i bagliori dei ricami di paillettes, per allontanare ogni ipotesi di eccesso. Tutto è equilibrato, tutto è leggerezza, fluidità e sublime euforia. Suggestioni che si fanno concrete nell’onirico “abito a corteccia” blu Klein, come è stato ribattezzato proprio in virtù della particolarissima lavorazione dei 150 metri di tulle con cui è stato realizzato, che ricorda l’effetto plissettato della corteccia di un albero: un vero inno alla gioia e alla femminilità.
Èd è proprio da un suo sogno, quello di recuperare quell’eleganza dal sapore classico divenuta cosa rara al giorno d’oggi che è nata questa collezione Privé: “È stata una concessione che ho fatto a me stesso, un auto-regalo. Mi sono dedicato a ciò che sentivo mio, ho seguito e realizzato un sogno”. D’altra parte l’alta moda è fatta prima di tutto per sognare ed è proprio un sogno quello che Armani vuole regalare al suo pubblico: “Io non pretendo che con la moda si possa risolvere il problema del governo italiano piuttosto che di quello di un qualsiasi altro Stato, ma certo la moda può aiutare la gente a tornare a sognare, distogliendo per un attimo l’attenzione dagli orrori che ci circondano e facendoci apprezzare la bellezza che c’è al mondo. Io non credo in un oltre, nel mondo degli astri: c’è solo questa terra e dobbiamo preservarla”.