Dalle ricerche del progetto "Armadio della memoria" della Regione Toscana riemerge una cartellina di atti giudiziari mai messa a disposizione della commissione d'inchiesta del Senato. Tra i documenti anche la registrazione di una conversazione in cui l'armatore del traghetto Onorato denunciava una serie di incidenti sospetti a bordo delle sue navi
A quasi trent’anni dalla strage del Moby Prince il caso del disastro navale in cui morirono 140 persone si arricchisce di un nuovo giallo. Durante il lavoro di ricerca del progetto della Regione Toscana “Armadio della Memoria” è stato rinvenuto un fascicolo di atti giudiziari: dentro ci sono tre verbali di assunzione di informazioni della prima inchiesta della Procura di Livorno sull’incidente della sera del 10 aprile 1991 e la trascrizione di audiocassette consegnate da una delle persone ascoltate in quelle prime indagini.
Il fascicolo si trovava nell’archivio dell’associazione dei familiari delle vittime “140“. Ma non era mai stato fornito dal tribunale di Livorno alla commissione d’inchiesta del Senato durante gli accessi agli atti realizzati tra il 2015 e il 2017 né alle parti civili durante gli accessi agli atti del 2010 e del 2014.
Sia i verbali sia le trascrizioni contenute nel fascicolo fantasma sono focalizzate sul tema dell’eventuale presenza di esplosivi a bordo del traghetto (uno degli aspetti controversi della vicenda è sempre stata un’esplosione nel locale motori di prua del Moby) e citano il possibile coinvolgimento della mafia oltre ad una presunta richiesta estorsiva di 2 miliardi di lire per offrire una testimonianza. Ma quei documenti raccontano anche di due registrazioni audio delle conversazioni radio avvenute quella notte tra personale della Capitaneria e altri protagonisti delle scena – mai acquisite dalla Procura di Livorno – e tratteggiano uno scenario di ricatti e connivenze nel porto toscano.
Il magistrato Luigi De Franco realizzò questi “interrogatori” nel novembre 1994, sette mesi dopo aver chiuso l’indagine con cui ritenne di aver accertato i responsabili della morte delle centoquaranta vittime della strage e quindi dopo aver inviato le sue richieste al gip per gli indagati: rinvio a giudizio di tre figure minori della vicenda – tutti assolti nel processo di primo grado celebrato a Livorno – e archiviazione dei big Achille Onorato, co-amministratore della compagnia noleggiatrice del traghetto indagato erroneamente come armatore, Renato Superina, comandante della petroliera Agip Abruzzo speronata dal Moby Prince, e il vicecomandante della Capitaneria di Porto di Livorno Angelo Cedro poi finito a processo per decisione del gip e assolto.
De Franco decise questo supplemento di indagine del novembre 1994 per via di un articolo del 16 ottobre 1994 uscito sull’Unione Sarda, firmato da Alberto Testa, dove si sostiene l’esistenza di una registrazione in cui il vero armatore del Moby Prince, Vincenzo Onorato, sposa la tesi dell’esplosione a bordo del traghetto chiamando in causa come mandante la concorrente Corsica Ferries. Stando ai documenti presenti nel “fascicolo fantasma” il pm ascoltò e verbalizzò le testimonianze di tre protagonisti di quella conversazione registrata: Onorato stesso, Renato Roffi – citato come “amico dell’armatore” e all’epoca della strage responsabile dell’ufficio di sicurezza della navigazione della Capitaneria di Livorno – e Franco Lazzarini, presidente del Comitato Familiari delle vittime Moby Prince (una delle associazioni nate all’epoca) poi sparito dalla vicenda prima dell’apertura del processo.
Gli incontri tra Onorato, Roffi, Lazzarini ed altre persone citate avvennero due anni prima, nel febbraio 1992. In uno di questi Lazzarini registrò la conversazione consegnata al magistrato nella quale l’armatore del Moby Prince dichiara una serie di incidenti sospetti, da lui attribuiti alla concorrenza, avvenuti prima della strage di Livorno. Stando alla deposizione di Lazzarini, Onorato confessò anche in un secondo colloquio – non registrato per un problema tecnico – la presenza di un “contrasto interno” nella compagnia noleggiatrice del traghetto tra l’armatore reale, interessato ad approfondire la tesi dell’esplosione a bordo, e suo padre Achille – indagato erroneamente come armatore del Moby – supportato in questa linea dall’avvocato Eduardo Morace. Davanti al pm il 4 novembre 1994 Vincenzo Onorato dice tra l’altro che “ogni nave è coperta da polizza assicurativa ad ampio spettro e ciò copre anche i rischi dolosi”. Ma non è vero: la commissione d’inchiesta parlamentare ha accertato che la polizza assicurativa “rischi guerra” con cui era ufficialmente protetto il traghetto era del tutto anomala.
Il “fascicolo fantasma”, con queste diverse informazioni di reato, fu trasmesso al gip Roberto Urgese in due tranche il 25 e 28 novembre 1994, con alcuni omissis – ovvero parti secretate – perché, scrive il pm De Franco “relative ad altra vicenda in relazione alla quale appare opportuno predisporre separato fascicolo e che devono essere omesse per evitarne la diffusione pubblica”. Urgese non chiese supplementi di indagini e meno di un mese dopo archiviò le posizioni di Achille Onorato e Renato Superina, rinviando a giudizio per omicidio colposo il militare di leva che si trovava nella sala operativa della Capitaneria Gianluca Spartano reo di non aver sentito il mayday del Moby Prince, il vicecomandante della Capitaneria Cedro, l’ufficiale di guardia Lorenzo Checcacci e infine il terzo ufficiale della petroliera Agip Valentino Rolla per il mancato azionamento dei segnali antinebbia. Tutti e quattro furono assolti in primo grado a fine 1997 perché “il fatto non sussiste”; solo Rolla fu prescritto nel processo d’appello di Firenze. Nel mentre la Procura di Livorno non avviò alcuna inchiesta parallela per i gravi reati raccontati nel “fascicolo fantasma”. Nessun esponente delle associazioni familiari delle vittime ha mai potuto leggere integralmente i verbali e le trascrizioni di questo fascicolo, senza gli omissis operati dal pm Luigi De Franco.
Il fascicolo fantasma fu infatti acquisito, così com’è stato ritrovato oggi, dall’avvocato di parte civile Paolo Bassano in un momento imprecisato della vicenda e presumibilmente tali documenti furono raccolti in copia anche dal legale che accompagnò Lazzarini a consegnare i nastri audio, Marco Giunti. Tuttavia questo materiale è assente sia nella documentazione prodotta dall’avvocato Carlo Palermo quando presentò un esposto che dette il via all’inchiesta bis della Procura di Livorno tra il 2006 e il 2010, sia dagli atti messi a disposizione delle parti civili dal gip Rinaldo Merani prima che archiviasse quella seconda inchiesta, così come chiesto dalla Procura, sia dagli atti acquisiti in tribunale dalla commissione del Senato che ha concluso i suoi lavori nel 2018 e ha ha ribaltato la ricostruzione della strage offerta finora dalla magistratura italiana.
Loris Rispoli, presidente dell’associazione 140 e custode del “fascicolo fantasma” seppellito nel grande archivio dell’associazione, dice a ilfatto.it di essere stato “a conoscenza delle registrazioni di Lazzarini a Onorato e altri, ne avevo letto le parti non omesse anche perché più volte si dà cenno alla mia persona e alla nostra associazione”. “Ero convinto – aggiunge – che quelle trascrizioni fossero negli atti a disposizione della Procura, mai avrei pensato di tenere a casa questo piccolo tesoro. Di certo sono curioso di poter leggere quelle parti che il p, De Franco ha coperto con omissis e spero la Procura legga quelle pagine. Potrebbero aiutarla a mettere la parola fine a questa vicenda, aprendo finalmente un processo per strage”.
“Con la magistratura noi abbiamo vissuto un muro di gomma peggio di quello di Ustica – sottolinea Angelo Chessa, presidente onorario di un’altra associazione dei familiari, la 10 aprile – Oggi a Livorno c’è un procuratore nuovo, una magistrata nuova su questa inchiesta: spero possano trovare questo fascicolo e ripartire anche da qui per aprire una vera inchiesta penale per strage. C’è già tutto, in atti. Basta la volontà di dare finalmente giustizia ai nostri cari. La chiediamo e attendiamo da trent’anni”.