“Il regime saudita è un baluardo contro l’estremismo islamico, la forza politica ed economica più importante dell’area. Temo che sia più un argomento per attaccarmi personalmente non riuscendo a rispondere sui contenuti“. I diritti umani violati? Il brutale omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, di cui secondo l’Onu è stato mandante proprio il principe ereditario Mohammed bin Salman? Nulla di tutto questo scalfisce la linea di Matteo Renzi sulla trasferta a Ryad in piena crisi di governo, per partecipare a un evento organizzato dalla fondazione Future investment initiative – nel cui board siede prendendo un gettone fino a 80mila dollari l’anno – con il figlio del re saudita. Intervistato dal Corriere della Sera, il leader di Italia viva sostiene che le polemiche sono pretestuose ma evita di affrontarle nel merito. E l’intervistatrice Maria Teresa Meli non gli chiede conto dell’opportunità che un senatore si presti a un incarico del genere per quello che lo stesso Renzi definisce appunto “regime”. Il quotidiano di via Solferino peraltro non ha dato spazio al duro commento di Roberto Saviano, suo neo-collaboratore, che su facebook ha scritto che il senatore di Rignano dovrebbe a questo punto “avere la dignità di lasciare la vita pubblica del nostro Paese”.
“Arabia uno degli alleati più importanti”. Ma non spetta a lui – “Soltanto chi non conosce la politica estera ignora il fatto che stiamo parlando di uno dei nostri alleati più importanti”, dice Renzi dopo aver definito il Paese arabo “baluardo contro l’estremismo islamico” (ma va ricordato che le recenti iniziative per il contrasto al terrorismo seguono anni di forti sospetti, per esempio, sulle responsabilità saudite nel finanziamento degli attacchi dell’11 settembre 2001). Il punto, nota Saviano, è che proporre qualsiasi “parallelismo con Emanuel Macron che conferisce la Legion d’onore ad Al-Sisi, o con Angela Merkel che mostra timidezza con Vladimir Putin” è del tutto improprio perché “le azioni politiche squallide di Macron e Merkel trovano una possibile giustificazione nella Ragion di Stato“. Invece l’ex presidente del Consiglio non ha (più) la responsabilità di gestire le relazioni internazionali dell’Italia trattando anche con leader discussi. E dunque la sua “grave presenza ai piedi di Bin Salman trova giustificazione solo nella Ragion del Portafogli, il suo”.
“Renzi senatore, non può essere al soldo di chiunque” – D’altro canto Renzi non è nemmeno tornato a essere un privato cittadino libero di accettare incarichi a pagamento da chiunque, come sembra suggerire quando chiosa: “È un’attività che viene svolta da molti ex primi ministri, almeno da chi è giudicato degno di ascolto e attenzioni in significativi consessi internazionali. E grazie a questo pago centinaia di migliaia di euro di tasse in Italia. Sono certo che anche il presidente Conte, quando lascerà Palazzo Chigi, avrà le stesse opportunità di portare il suo contributo di idee”. In realtà gli altri – da Tony Blair a Barack Obama – lo fanno una volta che la politica l’hanno lasciata, non mentre sono ancora in Parlamento (e nel suo caso, fino a pochi giorni, fa nella maggioranza di governo). Saviano insiste sul punto: “Renzi è un senatore della Repubblica Italiana, non un ex politico in pensione, non un personaggio secondario che possa permettersi di essere al soldo di chiunque, soprattutto di un principe che silenzia i suoi oppositori condannandoli a morte”, scrive. “Renzi è ancora pagato dallo Stato italiano per il suo lavoro (un senatore in Italia guadagna oltre 14mila euro al mese netti, considerando l’indennità mensile, la diaria e vari rimborsi spese) e il presupposto è che lo faccia con dignità, nel rispetto dei valori costituzionali, dai quali non mi pare sia riconosciuta la possibilità di fare a pezzi gli oppositori politici in sedi diplomatiche altrui, come è accaduto al giornalista del Washington Post Kashoggi”.
Le responsabilità del regime – Nell’intervista al Corriere però manca qualsiasi riferimento sia a Kashoggi sia alle altre responsabilità del regime, che secondo Amnesty International reprime la libera di espressione e associazione, vessa gli oppositori e i difensori dei diritti umani, applica in maniera estensiva la pena di morte. Oltre a continuare a discriminare sistematicamente le donne che – per esempio – quando possono lavorare guadagnano la metà degli uomini. Per non parlare del trattamento dei lavoratori migranti, costretti a condizioni di simil schiavitù visto che il sistema della “kafala” (sponsorizzazione) vieta loro di lasciare il Paese senza il permesso del titolare. Durante la pandemia i datori di lavoro hanno anche ottenuto il permesso di tagliar loro lo stipendio fino al 40% unilateralmente. Con il risultato che nonostante gli alti salari dei lavoratori (maschi) locali il costo del lavoro, in media, risulta sicuramente “invidiabile“, come Renzi ha sottolineato a Ryad.
L’elogio delle riforme saudite e il “nuovo Rinascimento” – Quanto al merito, Renzi come dimostra il video del suo intervento diffuso dal Future Investment Initiative Institute non si è limitato a partecipare a quella che ora definisce “una conferenza” (“ne faccio tante, ogni anno, in tutto il mondo”). L’ex sindaco di Firenze – per questo considerato testimonial ideale del “nuovo Rinascimento” che l’Arabia a sua detta è candidata ideale ad ospitare – era lì per intervistare Bin Salman elogiandone le riforme e dandogli modo di parlare dei progetti di investimento del regime tra cui Vision 2030. Cioè il piano per diversificare l’economia del Paese e renderla meno dipendente dai proventi del petrolio che comprende anche novità lungamente attese come la concessione alle donne del diritto di guidare, ma che secondo alcuni analisti è stato accompagnato da un inasprimento della repressione contro i dissidenti. Per l’autore di Gomorra le parole di Renzi al principe sono “un marchio d’infamia” e “l’idea che i cittadini del mondo possono farsi, dopo questa uscita, è che il politico italiano più in vista – l’ago della bilancia – sia anche un venduto. Non male per un Paese che, nelle attuali condizioni, avrebbe bisogno solo di una cosa: credibilità“.
Il Senato senza Codice di condotta – Si tratta di questioni sostanziali, oltre che di opportunità, che riportano in evidenza un vulnus normativo nelle istituzioni italiane già criticato più volte dagli organismi internazionali: come ha rilevato The Good Lobby, solo il fatto che il Senato non si sia ancora dotato di un codice di condotta come quello della Camera consente a un suo membro come è Renzi di farsi pagare spese di viaggio e alloggio per attività che esulano dall’esercizio delle proprie funzioni. Anche il Parlamento europeo ha regole che non lo consentono e sul cui modello è stato scritto il codice di Montecitorio varato nel 2016. Il Consiglio di presidenza di Palazzo Madama non ha ancora adottato un provvedimento del genere.