L'assessore regionale Elena Donazzan ha deciso di fare un’indagine per sapere quanti dirigenti hanno deciso di non usare le sedie con le ruote. Secondo le parti sociali di categoria si tratta di una percentuale minima, ma sono tutti d'accordo su un aspetto: "Troppo piccoli per metterci un libro e un quaderno"
I banchi a rotelle tornano a far discutere il mondo dell’istruzione ed è subito scontro tra chi accusa la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e chi parla di “strumentalizzazione politica” arrivata ad orologeria nel bel mezzo della crisi di governo. Ad accendere la miccia ci ha pensato l’assessore veneto alla Scuola Elena Donazzan, che a seguito di una riunione venerdì scorso con le organizzazioni sindacali ha deciso di fare un’indagine per sapere quanti dirigenti scolastici hanno spedito nei magazzini o nelle soffitte le famose sedie con le ruote. A farle da spalla è stato il leader della Lega Matteo Salvini con un post al vetriolo su Facebook contro la ministra. Con l’assessore anche la segretaria veneta dello Snals, Daniela Avanzi, che ha per prima sollevato la questione durante l’incontro. Un fulmine a ciel sereno per la dirigente dell’ufficio scolastico regionale, che non ha mai ricevuto una sola segnalazione in merito, così come per la segretaria della Cgil Veneto, che oltre a non aver contezza di tutti questi presidi che buttano via i banchi a rotelle, non ha problemi ad ammettere che si tratta di una “posizione politica”.
Eppure qualche dirigente che ha scartato le sedie con le ruote c’è: Alfonso d’Ambrosio, il preside dell’istituto di Vo Euganeo, finito nel mirino della ministra Azzolina per aver espresso alcune critiche nei suoi confronti via Facebook è uno di questi. Ma non è l’unico. Anche Lucia Grieco, a capo dell’istituto istituto tecnico “Galileo” di Arzignano (Vicenza) non li ha mai usati. Il problema è capire quanti presidi dopo aver fatto richiesta dei banchi innovativi non li hanno adoperati. Secondo la Cgil, la Cisl e l’Usr sono pochi, anzi pochissimi. Su un aspetto, tuttavia, son tutti d’accordo, persino la dirigente dell’ufficio scolastico regionale: le sedute innovative non sono adatte a far lezione in classe. Sono scomode, non permettono ai ragazzi di appoggiare alla ribaltina più di un quaderno e un libro. Dovevano essere usati per laboratori e biblioteche non per la lezione frontale.
Così la pensa proprio Alfonso d’Ambrosio che in queste ore è stato intervistato da diversi tg nazionali. Nella sua scuola ne sono arrivati 30 dal ministero, come da lui richiesti e altri 70 dal Comune. Ad oggi 25 di queste sedute sono in un magazzino di via Guido Negri a Lozzo Atestino. Dovevano servire per garantire il distanziamento in due classi delle medie da 27 e 29 alunni ma proprio i ragazzi e i genitori hanno chiesto al preside di tornare ai vecchi banchi: “I ragazzi – spiega a ilfattoquotidiano.it d’Ambrosio – mi dicono che sono scomodi e fanno venire il mal di schiena”. Il preside non nasconde il problema ma giustifica la sua scelta: “Purtroppo il piano d’appoggio è di 28 centimetri per 50 ed è troppo piccolo per farci stare un quaderno e un libro. Inoltre grazie alle ruote i ragazzi tendono a spostarsi. Sono modelli che non possono essere usati per la didattica tradizionale ma possono benissimo essere adoperati per i laboratori innovativi”. Anche la collega Lucia Grieco ha preferito depositare le sedute innovative nel magazzino: “Avendo un’aula magna trasformata in classe per 33 alunni avevo chiesto dei banchi tradizionali ma mi sono arrivate queste 50 sedie con la ribaltina. I miei ragazzi sono alti e queste sedute sono scomode per loro. Non c’è dubbio che vanno bene per altri contesti come una biblioteca per chi ce l’ha ma per noi sono stati soldi spesi inutilmente”.
A buttare acqua sul fuoco è Carmela Palumbo, dirigente dell’ufficio scolastico regionale: “A sollevare il tema dei banchi a rotelle durante la riunione di venerdì scorso convocata per parlare di trasporti e scaglionamenti in previsione della ripresa delle lezioni, è stata la segretaria regionale dello Snals. Personalmente non ho mai ricevuto una sola segnalazione in merito. D’altro canto sono stati i presidi ad ordinarli, non sono stati imposti. E comunque se fosse un fenomeno di massa l’avrei saputo”. Dello stesso tono la segretaria della Flc Cgil Veneto Marta Viotto: “Qualche segnalazione c’è stata ma da qui a dire che tutti i presidi hanno scartato i banchi a rotelle ce ne vuole. Ho sentito i dirigenti iscritti al mio sindacato e non ne ho trovato uno solo che li ha ordinati. Diciamo le cose come stanno: la questione è strumentalizzata da una parte politica”. Anche la segretaria Cisl Scuola del Veneto Sandra Biolo concorda pur ammettendo che qualche problema c’è stato e c’è: “E’ stato rilevato che queste sedute mobili usate a scuola creano mal alla schiena. In alcuni casi questi banchi sono stati accantonati o mai usati. E’ evidente che non sono funzionali a far la lezione. Non stiamo parlando di molti casi, tuttavia: il fenomeno non è di entità vasta. Va detto invece che purtroppo sono arrivati arredi anche a scuole che non ne hanno fatto richiesta e se li son dovuti tenere”.
L’unica voce fuori dal coro tra i sindacati è quella di Daniela Avanzi dello Snals: “Nella riunione con l’assessore ho messo in evidenza diversi problemi tra i quali la questione dei banchi a rotelle, ribadendo che sono scomodi per la lezione di tutti i giorni. Io stessa li ho provati. Per le norme di sicurezza, in caso di terremoto, i ragazzi devono andare sotto i banchi: con queste sedie innovative come si fa? Inoltre i ragazzi li usano per fare le corsette nell’aula. La dirigente dell’Usr stessa ha confermato che a Rossano Veneto, Cadoneghe e altre realtà ci sono stati dirigenti che hanno rinunciato a questi banchi. Il problema esiste, non possiamo nasconderlo. Tanti presidi li hanno accatastati e messi in soffitta perché sono arrivati tardi quando ormai era tardi e i capi d’istituto avevano già usato altri banchi”. Da viale Trastevere intanto ricordano che le tipologie di banco sono state scelte dai presidi e che tocca a loro, in caso di anomalie nella consegna, rivolgersi alla struttura commissariale.