Un rapporto di Amnesty International ha denunciato il vergognoso ruolo giocato dalla Francia, attraverso forniture militari, nella repressione delle proteste in Libano.
Dal 17 ottobre di due anni fa fino al lockdown del marzo 2020, il Libano è stato attraversato da proteste di massa contro l’aumento dei prezzi, la disoccupazione, la corruzione e lo sfascio dei servizi pubblici.
In quel periodo, le forze di sicurezza libanesi hanno ferito almeno 1000 manifestanti utilizzando veicoli blindati Arquus Sherpa di produzione francese e armi cosiddette “meno che letali”, sempre di fabbricazione francese: proiettili di gomma (SAPL Gomm-Cogne), granate contenenti gas lacrimogeni (Nobel Sport Sécurité MP7, Alsetex CM4 e CM6) e lanciagranate (Alsetex Land Cougar 12, Alsetex Chouka).
L’impiego di queste armi è stato spropositato: proiettili di gomma esplosi a casaccio contro la folla, enormi quantità di gas lacrimogeni usate per disperdere manifestazioni pacifiche, granate puntate contro la testa e il petto di persone che non stavano ponendo in essere alcuna minaccia.
Il 18 gennaio 2020 a Beirut, ad esempio, oltre 400 manifestanti sono rimasti feriti, tre dei quali agli occhi, da proiettili di gomma SAPL Gomm-Cogne esplosi da distanza ravvicinata.
Nei 12 mesi successivi alle proteste sono state presentate oltre 40 denunce per conto di manifestanti feriti. In molti casi le inchieste sono state aperte e subito chiuse, in altri affidate alla giustizia militare che ovviamente non ha alcun interesse a indagare sulle forze armate. L’impunità regna sovrana.
Lo stesso armamentario è stato usato dalle forze di sicurezza l’8 agosto quando, proprio due giorni dopo la visita a Beirut del presidente francese Macron, migliaia di persone sono scese in strada chiedendo la punizione dei responsabili della tremenda esplosione avvenuta all’inizio del mese nel porto della capitale.