LE CANAGLIE - 3/3
Che dire, Antonio Carotenuto ha scritto un signor romanzo – Le Canaglie (Sellerio) – sulla Lazio dello scudetto (quello del ’73-‘74, sia chiaro). Chinaglia, Re Cecconi, Wilson, D’Amico, Frustalupi, Pulici &Co. Non una di quelle patetiche e melense retoriche dell’eccezione, della provinciale che non vince mai ma na specie de cadavere letterario lunghissimo tutto attorcigliato, aggrovigliato, avviluppato ad una lingua italiana inzuppata di romanaccio e allo stesso tempo srotolata attorno a un quinquennio e poco più (1971-1977) di avvenimenti sportivi e di cronaca, fatti politici, quindi pubblici, e clamorosamente privati. Carotenuto entra in medias res nella “storia” generale del nostro paese filtrandola attraverso un gruppo di irregolari allenati da un “antimago”, una “balia” (Tommaso Maestrelli), divisi idealmente sul campo e ideologicamente fuori (i destrorsi sotto Martini, quelli non destrorsi con Wilson e Chinaglia) ma uniti dal mister chioccia per l’insperato scudetto; ma soprattutto narrata grazie al ricordo, allo sguardo e alla macchina fotografica del fotografo Marcello Traseticcio (ispirato al vero Marcello Geppetti di Momento sera) rimbalzato dai suoi del giornale tra gli scontri di piazza, i morti in strada e il set di Amarcord di Fellini, dallo spogliatoio laziale (ci entra ufficialmente facendosi largo tra le donne delle pulizie, che tempi) alle notti al Jackie O’. Un’ironica ruvidezza corrosa da un filo di distacco emotivo, scatto sociale estemporaneo borbottante di una Roma ribollente straccioneria e tifo ditirambico. Le Canaglie è un testo che fa della sua cocciuta dispersività, ovvero tanti, tantissimi, brevi capitoletti di una pagina o due distanziati principalmente nello spazio cittadino/periferico romano e intrisi di sottotesti oltre il dettato maestoso della squadra che rompe la striscia scudettata di Juve-Milan-Inter, un puzzle frammentario sincopato, comunque sempre puntuale e compiuto in ogni tessera che segue e si accumula, quasi a perdersi nel tempo di un’impossibile catarsi dei singoli oltre il successo calcistico di gruppo. Risultano forse un po’ deboli personaggi e vicende collaterali rispetto alla squadra biancazzurra, ma la tessitura principale tutta autoriale basata su informazioni possibili ed altre probabilmente inventate dei piccoli gesti dei leader, le divisioni sul pullman della trasferta, le sceneggiate negli spogliatoi, il poligono di tiro nel campo dall’allenamento, il cameratismo e le gerarchie nella squadra, fino al cupio dissolvi tra il ’76 e il ’77 con la morte di Maestrelli e Re Cecconi, e la fuga di Chinaglia negli Stati Uniti, fanno del romanzo di Carotenuto un oggetto basculante tra la furia spettacolare di Romanzo Criminale e il puntiglio intimista e definitivo di un libro poco conosciuto ma da recuperare come Marcello libero e Alberto stopper (Limina) di Sandro Santori. Voto (“con qualche goccia di limone dentro il gargarozzo”): 7